Immaginiamo di vivere su un pianeta distrutto, abbandonato. Immaginiamo di avere la possibilità di fuggire. Immaginiamo che tempo, spazio, carburante, non siano un problema.

Ma, soprattutto, immaginiamo di non dover semplicemente raggiungere un nuovo posto da abitare. Dobbiamo trovare un posto per ricostruire un pianeta da capo. Come lo faremmo? Creeremmo una copia di quello che ci ha condotti alla necessità di abbandonarlo? Faremmo qualcosa di completamente diverso? Quali possibilità? Quali errori?

Il 23 novembre 2019, a Torino, 1.500 giovani hanno dato vita al più grande brainstorming collettivo e simultaneo mai realizzato, perlomeno in Italia, sul futuro del nostro ecosistema globale. Dieci ore di incontro, ascolto e confronto divisi in quasi 200 tavoli da 8 persone che hanno permesso di creare il Manifesto di Visionary Days 2019. Un documento che raccoglie le visioni dividendole in quattro capitoli: Risorse, Abitanti, Economie, Nuova Terra. Immaginare come si costruirebbe un nuovo pianeta da zero è un esperimento che consente di osservarsi dall’esterno, di guardarsi allo specchio, di capire cosa non sta andando nella attuale gestione. Ed è giusto che a chiederselo siano giovani terrestri dai 18 ai 35 anni, che stanno per raccogliere a pieno titolo il testimone e l’eredità che questo pianeta porta con sé.

Ma per affrontare un discorso sensato e che possa portare a delle conclusioni fattive, occorre scomporre la tematica e isolare i suoi componenti fondamentali.

Non esiste un pianeta senza Risorse. Anzi, probabilmente ne esistono miliardi. Ma se non ci sono risorse, per definizione non ci sarà vita a renderlo, davvero, un luogo vivibile. Questo fa tutta la differenza. Le risorse sono un tema di confronto costante, come qualsiasi aspetto che influenza l’economia e le possibilità di fare dell’essere umano. Rimane tuttavia da capire, e capire bene, il conflitto che spesso si genera tra l’uomo e la Natura. Fino ad oggi abbiamo vissuto come accumulatori, improntati a logiche di puro consumismo, senza alcun senso della realtà, rifiutando i concetti più semplici della fisica. Problemi globali richiedono soluzioni comuni: la principale delle soluzioni per sopperire all’esiguità delle risorse è conoscere. Creare una cultura basata sul riciclo e la circolarità come modello di sviluppo, sulla rinuncia al concetto economicamente sterile di “comodità”.

Non esiste un pianeta senza Abitanti. Si possono considerare gli abitanti di questo pianeta come parte effettiva delle sue risorse? Forse andrebbero considerati tali. In fondo, non ci sentiamo dei parassiti; non vogliamo rovinare tutto per poi trovarci a dover cambiare posto. No davvero. Considerare la Terra spacciata non aiuterà nessuno, non ci costringerà a deviare la rotta, a puntare verso un nuovo orizzonte. È invece urgente che indirizziamo le nostre energie verso la ricerca di nuove soluzioni per diminuire il nostro impatto sull’ambiente. Ricerca vera, sviluppo vero, non mero greenwashing. In questo senso il ruolo delle imprese, specialmente quelle energetiche, si fa determinante, essendo queste le sole ad avere il potere di indirizzare i desideri dei consumatori e le politiche di sostenibilità verso un’evoluzione giusta e illuminata, a veicolare le esigenze della popolazione verso soluzioni ecologiche. Il tutto sotto l’occhio di uno Stato non invasivo, collaborativo, attento a garantire il bene collettivo e le giuste opportunità a ciascun individuo.

Non esiste un pianeta senza Economie. Economia, in fondo, è riutilizzo per definizione. Il nodo principale che siamo chiamati ad affrontare è: come far conciliare il capitalismo e il libero mercato con il progressivo esaurimento delle risorse naturali? Bisogna cambiare le regole del gioco, immaginare un nuovo sistema economico, nuove modalità di organizzazione dei rapporti interpersonali e un futuro diverso da quello che stiamo per vivere. Queste sono le premesse alla base della circular economy: non è sufficiente correggere un sistema insostenibile, è necessario ridisegnarne uno nuovo, sostenibile; per questo motivo riconosciamo nell'economia circolare un punto di arrivo e non di inizio.

E quindi, cos’è la Nuova Terra? Forse non la vogliamo, o meglio, vogliamo la nostra con nuove regole, che vogliamo scegliere. Andare su Marte sarebbe come nascondere la polvere sotto il tappeto. Siamo visionari, certo, ma per questo non siamo irrazionali, e rivendichiamo un ruolo da protagonisti nella Terra che è stata dei nostri antenati.

L’equilibrio del pianeta non è un concetto astratto né procrastinabile, ed è sciocco assumere una prospettiva che metta noi al centro dell’Universo. Siamo nella fortunata posizione di costruire un equilibrio che favorisca noi stessi, le persone che coabitano con noi il pianeta Terra, i futuri visionari di questo luogo straordinario. Le opportunità non sono infinite e ne abbiamo già sprecate troppe. Abbiamo poco tempo prima che il pianeta ci imponga il suo, di equilibrio. È giunto il momento di trasformare la visione in azione, e l’azione in cambiamento.