La rete italiana dei carburanti, grazie al contributo di attori dinamici e votati all’innovazione come gli operatori indipendenti, ha già avviato un vasto processo di riconversione verso la mobilità low carbon, iniziando ad integrare l’offerta con fuels alternativi e con infrastrutture di ricarica per i veicoli elettrici. In un contesto caratterizzato dal sempre maggior disimpegno delle “major”, sono proprio gli imprenditori privati indipendenti, che rappresentiamo, ad essersi ritagliati un ruolo determinante, facendo da traino all’intero comparto nella delicata fase di transizione energetica.

A livello normativo, la traiettoria di questo sviluppo è già stata tracciata dalla direttiva DAFI, recepita nel nostro ordinamento con il Decreto Legislativo n. 257/2016. Favoriti anche dal ruolo delle Regioni che hanno reso concretamente operativo lo spirito di questo provvedimento, gli operatori hanno già messo in campo ingenti risorse per sostenere gli investimenti necessari a dotare l’Italia delle infrastrutture di stoccaggio e distribuzione di carburanti alternativi, addirittura anticipando i tempi.

I numeri parlano chiaro: ad oggi in Italia si contano 4.300 punti vendita di GPL in esercizio (con incidenza degli indipendenti pari al 60%), 1.400 punti vendita di metano (con incidenza degli indipendenti pari al 80%), 80 punti vendita di GNL in esercizio e altri di prossima apertura (con un’incidenza degli indipendenti pari al 90%).

Gli indipendenti sono pronti a svolgere un ruolo centrale anche nella diffusione della mobilità alternativa e di quella elettrica, investendo nell’adeguamento e nella riconversione dei punti vendita in postazioni per ricarica elettrica, car-sharing, bike-sharing, assistenza e interscambio. E non solo. La rete carburanti potrà dare spazio anche ai carburanti e ai vettori del futuro: dai biocarburanti di nuova generazione, all’idrogeno, fino anche ai carburanti sintetici derivati dalla cattura e dal riutilizzo dell’anidride carbonica.

La reale diffusione di tutte queste soluzioni per una mobilità green è sicuramente legata a doppio filo alla disponibilità di un’infrastruttura solida e capillarmente diffusa. La rete carburanti possiede tutti i requisiti per essere il fulcro dell’offerta di questi nuovi prodotti e servizi. I carburanti liquidi, in particolare, hanno il vantaggio di permettere già oggi l’uso degli asset logistici e distributivi esistenti. Un Paese maturo, soprattutto in tempo di crisi come quello che stiamo attraversando, dovrebbe preservare e difendere le proprie infrastrutture strategiche con ogni mezzo, lavorando in modo equilibrato alla loro riconversione industriale, coerentemente con gli obiettivi strategici.

Ma sono proprio gli obiettivi strategici del Paese, o meglio la loro scarsa stabilità nel tempo, ad essere il vero tallone d’Achille della transizione. Il settore energetico, e quello dei trasporti in particolare, sconta, infatti, l’instabilità e la continua mutevolezza dei quadri programmatici e delle relative norme di attuazione: basti pensare al susseguirsi, nell’arco di una manciata di anni, dell’emanazione di due Strategie Energetiche Nazionali (2013 e 2017) e di un Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (2020). La continua proliferazione di Piani e roadmap genera incertezza sul mercato, con l’effetto di rallentare lo sviluppo dei piani industriali nel settore energetico. Un quadro normativo stabile, orientato alla neutralità tecnologica, capace di infondere sicurezza nel mercato e di attrarre gli investimenti degli operatori, è quindi una precondizione necessaria per traguardare la transizione energetica. Ciò è tanto più vero se si prende consapevolezza del fatto che in questo processo saranno le risorse private ad avere un ruolo determinante, non certo quelle pubbliche. Lo stesso Recovery Fund destinerà ben poco alla ristrutturazione della rete distributiva. È quindi evidente che la riconversione industriale sarà il frutto degli investimenti degli attori privati, che pertanto vanno incoraggiati con tutti i mezzi.

Un Piano che sia in grado di promuovere realmente la transizione energetica, in sostanza, dovrebbe definire chiaramente gli obiettivi strategici, senza continui cambi di rotta e senza favorire specifiche soluzioni a scapito di altre. In altri termini, non dovrebbe fare scelte che spettano esclusivamente al mercato.