Sulla scia dell’ Hydrogen Strategy for a climate-neutral Europe, i paesi europei stanno elaborando le proprie strategie allineandole ai Piani Energia e Clima. Anche l’Italia dovrebbe procedere in questa direzione in ragione del ruolo chiave coperto da questo vettore nel processo di transizione energetica. A che punto siamo? Facciamo il punto con Cristina Maggi, Direttrice H2IT - Associazione italiana idrogeno e celle a combustibile
Nel dicembre scorso, l’appena insediata nuova Commissione europea ha proposto un European Green Deal con l’ambizioso obiettivo – unica area al mondo – di conseguire la neutralità carbonica al 2050. Se così fosse, i target sulle emissioni precedentemente fissati, andrebbero rivisti al rialzo. Che ruolo avrà l'idrogeno nel raggiungimento di questo nuovo obiettivo? Quale ulteriore sforzo dovrà fare l'Italia in materia di sviluppo di questo vettore?
Ursula Von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, proprio in questi giorni, ha proposto il rialzo del target di riduzione di emissioni 2030 al 55% rispetto ai livelli del 1990; un obiettivo ambizioso e necessario in questo percorso verso la neutralità climatica. In questo contesto, il vettore energetico idrogeno è tra i candidati insieme ad altri vettori e ad altre tecnologie, ad essere protagonista della transizione verso l’utilizzo di energia sicura e pulita.
Il 2020 è un anno di svolta per vari motivi e sicuramente ha accelerato la rivoluzione in alcuni settori. Dall’Europa arriva la spinta a trovare nuove soluzioni per la salvaguardia dell’ambiente, nuovi modi di proteggere la salute dei cittadini, cambiando radicalmente alcuni paradigmi.
L’idrogeno avrà un ruolo chiave nel percorso di decarbonizzazione di diversi settori, specialmente quelli difficilmente elettrificabili, come alcuni settori industriali o alcune tipologie di trasporto, e darà l’opportunità di incrementare le sinergie tra il settore gas e quello elettrico, in un’ottica di integrazione delle reti.
L’Italia ha tutte le competenze al proprio interno per creare un mercato dell’idrogeno, c’è bisogno soltanto che vengano create le condizioni politiche e normative affinché i player del settore possano investire in questo settore. Il lancio a luglio di quest’anno della Strategia Europea dell’idrogeno ha rappresentato un forte stimolo per tutti gli stati membri a dotarsi di una propria strategia in materia per potenziare le proprie filiere industriali e concorrere a creare una catena del valore europea, che investa su ricerca, innovazione e sviluppo industriale, per cogliere appieno questa opportunità di crescita.
Nello sviluppo di un vettore energetico come l'idrogeno, quanto è importante la cooperazione e lo scambio di expertise tecnologica fra i vari stakeholders? Come si posiziona l'Italia in termini di investimenti in nuova tecnologia e quali sono i progetti futuri più promettenti?
La collaborazione tra gli stakeholders del settore è fondamentale per consolidare il know how e applicare le forti competenze che abbiamo a livello italiano. Inoltre è fondamentale il dialogo e la collaborazione tra la ricerca e l’industria, in quanto solo investendo in ricerca ed innovazione saremo in grado di superare alcune barriere tecnologiche e di costo attualmente presenti, offrendo così soluzioni sostenibili e competitive nell’ambito della filiera dell’idrogeno.
L’Italia può posizionarsi strategicamente in tutti i settori di riferimento della filiera idrogeno dalla produzione, logistica e trasporto fino agli usi finali nella mobilità, nell’industria e nel settore residenziale come spiegato in maniera approfondita nel Position Paper elaborato da H2IT, dove viene decritta la filiera dell’idrogeno italiana, le azioni strategiche da implementare e le progettualità prioritarie abilitanti per il settore.
Chiave sarà lo sviluppo di progetti che puntino alla realizzazione di ecosistemi dove l’idrogeno può trovare più usi, le così dette hydrogen valleys, e all’implementazione di progetti dimostrativi in vari segmenti della catena del valore, a partire da quello della produzione di idrogeno.
Veniamo al tasto dolente: l’idrogeno costa ancora tanto. Tanto più quando viene prodotto da fonti rinnovabili o ricavato dal gas. Si tratta di un ostacolo superabile nel medio termine? Quali altri ostacoli ne frenano l’avanzata?
La sfida oggi è rendere la produzione di idrogeno verde e blu competitiva rispetto alla produzione non pulita da combustibili fossili senza la cattura della CO2. Questa barriera può essere superata nel medio termine se si sapranno creare innanzi tutto le condizioni normative, sviluppando ad esempio un sistema di certificazione d’origine dell’idrogeno, tematica rilevante e discussa attualmente molto su tavoli normativi a livello Europeo. In secondo luogo, sarà necessario un supporto alla filiera nazionale di produzione di tecnologie su larga scala e in parallelo un supporto alla ricerca e all’innovazione per abbattere i costi delle tecnologie e aumentare le efficienze. Infine tutto questo sarà vincente se inserito all’interno di una strategia nazionale chiara e lungimirante, che guidi lo sviluppo del mercato dell’idrogeno in Italia.
I detrattori dell’idrogeno sostengono che in Italia non penetrerà prima del 2050, e che quindi non prenderà parte alla prossima decarbonizzazione del sistema energetico nazionale e comunitario. Cosa si sente di rispondergli?
Se vogliamo davvero centrare gli obiettivi ambiziosi ripresi anche all’interno PNIEC, l’idrogeno sarà uno dei pilastri sui quali si baserà la transizione energetica insieme ad altri vettori strategici.