Quando si parla di sottosuolo è necessario distinguere due ambiti: la produzione primaria di risorse in esso contenute, e il suo utilizzo in senso stretto. In ambito risorse, ci si riferisce a materie prime energetiche (in Italia, idrocarburi, fluidi geotermici) e materie prime non energetiche (acque dolci sotterranee, minerali metallici, industriali e strategici). In ambito utilizzo, concetto peraltro relativamente recente, ci si riferisce sia agli aspetti legati allo stoccaggio di fluidi (gas naturale, CO2, idrogeno, ma anche calore – TES, Thermal Energy Storage), sia alla pianificazione di opere nel sottosuolo destinate fondamentalmente al settore delle infrastrutture e dei trasporti.
Da sempre il nostro Paese ha utilizzato le acque dolci sotterranee (comprese quelle minerali e termali) per usi civili e industriali, e altrettanto farà in futuro, anche se con sempre maggior attenzione alla loro gestione. Analogamente, amministrazioni e imprenditori hanno saputo fare uso delle importanti opportunità che potevano derivare dalla produzione di minerali, di idrocarburi e fluidi geotermici e, più recentemente, dallo stoccaggio del gas naturale nel sottosuolo, sino alla sempre più auspicata possibilità di stoccaggio della CO2 quale strumento di contrasto e mitigazione dei cambiamenti climatici. Senza entrare nell’ambito dei minerali industriali e in quello dei materiali da costruzione e delle pietre ornamentali, si ricorda che le potenzialità dell’Italia sono relativamente interessanti, con anche qualche spunto per la valorizzazione dei cosiddetti “minerali critici”, materie prime essenziali che l’Unione Europea reputa di grande importanza per la propria economia e ad alto rischio, associate allo loro eventuale carenza.
Relativamente agli idrocarburi, è ben noto che l’Italia non ha una forte vocazione di Paese produttore, e i fabbisogni sono ben superiori alla produzione interna. Tuttavia, è uno dei pochi paesi dove il gas naturale è stato valorizzato fin dai primi anni 1950, dando un forte contributo allo sviluppo industriale del Paese. L’Italia e l’Europa sono oggi attraversati e connessi da una fitta rete di metanodotti, un sistema di trasporto ideale, economico, sicuro e a basso impatto ambientale, fonte-ponte per la transizione energetica.
La Tabella seguente mostra il bilancio dell’energia in Italia (MiSE, 2020). In particolare, le produzioni interne di petrolio e gas naturale sono pari ciascuna a circa il 7% del consumo interno lordo, e potrebbero raggiungere quote almeno 2 o 3 volte superiori a quelle attuali, qualora le politiche energetiche e ambientali del Paese ne riconoscessero l’opportunità e l’esigenza.
Il bilancio dell’energia in Italia (Mtep)
Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico
Tra gli utilizzi del sottosuolo, abbiamo ricordato lo stoccaggio del gas naturale e quello – auspicabile – della CO2. Il ruolo dello stoccaggio rientra nelle logiche strutturali per l’ottimizzazione del sistema energetico e per consegnare all’utenza finale una fornitura stabile, economica e sicura: si tratta di infrastrutture strategiche fondamentali e irrinunciabili nei paesi grandi consumatori di gas, come l’Italia. La capacità di stoccaggio gas del Paese è di circa 17 miliardi di m3, a fronte di un consumo di circa 70 miliardi di m3 annui.
Relativamente allo stoccaggio della CO2 (tecniche CCS, Carbon Capture and Storage), si ricorda che da oltre vent’anni è riconosciuta la sua potenzialità per raggiungere i target di riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera, al fine di fronteggiare il cambiamento climatico. Tuttavia, malgrado il largo consenso, anche europeo, e la maturità tecnologica della CCS, non è mai stata applicata al livello commisurato con le ambizioni previste (in Italia, neppure in siti pilota, come invece è successo in quasi tutti i paesi più industrializzati). Recentemente, però, nel nostro Paese stiamo vivendo una fase di ripresa dell’interesse verso la CCS, tanto che questa tecnologia è stata inserita all’interno della Legge 11 settembre 2020 n.120 “Misure urgenti per la semplificazione e la digitalizzazione”, laddove è fatto esplicito riferimento a “semplificazioni per lo stoccaggio geologico di biossido di carbonio” e in particolare a “progetti sperimentali di esplorazione e di stoccaggio geologico di CO2”. La volontà di agire in questa direzione è stata espressa anche recentemente da Eni, che ha dichiarato che “a giugno, luglio e agosto siamo stati al lavoro tutti insieme per essere pronti a presentare una serie di progetti lavorando con i ministeri competenti". Tra i progetti inseriti nel piano italiano che verrà portato a Bruxelles c'è quello di cattura e stoccaggio della CO2 di Ravenna, che diventerà uno dei maggiori hub al mondo.”
Alla luce di tutto ciò, sembra utile trarre qualche considerazione legata alla sostenibilità dell’utilizzo del sottosuolo italiano. Forse dovrebbe esser adottato un approccio etico diverso da quello passato, con l’intendimento di indurci a non nasconderci troppo dietro la sindrome del “non nel mio giardino” e imparare – studiando – ad accettare, pur con le dovute compensazioni, la gestione dei rischi e delle esternalità (peraltro al pari di qualunque altra attività umana) senza scaricare questi ultimi, quand’anche fosse possibile, sui Paesi meno sviluppati e tutt’ora caratterizzati da forti problemi di accesso alla energia e in particolare a quella elettrica.
È ben nota l’articolata fase di consultazione (2019) della proposta di Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) la cui finalizzazione ha tenuto conto anche del positivo confronto con la Commissione Europea. Saremo pertanto in grado di contribuire con questo Piano alla trasformazione del sistema economico nel suo complesso? Con la strategia articolata sulle cinque dimensioni dell’Unione dell’energia e dell’azione per il clima? La risposta a queste domande condiziona fortemente la possibilità di continuare ad usare le risorse del sottosuolo, seppure in modo più oculato e in un’ottica di economia circolare che nel passato, anche non troppo lontano, non ci ha sempre caratterizzato.
Di certo, dovremo necessariamente perseguire una sostenibilità globale, coniugando fra loro sostenibilità sociale, economica e ambientale. Gli elementi che ci consentiranno di operare le azioni di guida politiche, economiche e legislative dovranno necessariamente essere basate sulle cinque dimensioni di 1- decarbonizzazione dell’economia, 2- efficienza energetica, 3- sicurezza energetica, solidarietà e fiducia, 3- integrazione del mercato europeo dell’energia, e infine, 5- ricerca, innovazione e competitività.
Il sottosuolo italiano sarà un patrimonio anche in futuro? La risposta è sì, con le prescrizioni che derivano dal bilanciamento delle dimensioni sopra ricordate. Senza però dimenticare che è un primario dovere delle istituzioni pubbliche, ed in particolare del Ministero dello Sviluppo Economico (senza escludere il Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare), di impiegare ogni sforzo per il diritto al lavoro, per il mantenimento dei livelli occupazionali, per lo sviluppo delle risorse interne del Paese e per il diritto d’impresa. Le speranze del Green New Deal dovranno essere tese a incentivare i comportamenti socialmente responsabili di tutti gli attori, non solo economici, per rafforzare al contempo il valore dei fattori ambientali, sociali e di governance per le imprese, con particolare riguardo al tema della transizione energetica in atto.