A quattro mesi dalla fine dell’anno, si può cominciare a trarre un primo bilancio dell’impatto che la diffusione del Covid-19 ha avuto a livello globale e delle conseguenze disastrose sul piano economico e dell’occupazione che ne sono derivate. Una crisi anomala anche per l’industria energetica che, forse per la prima volta da quando l’energia è diventata fattore cruciale dello sviluppo, non ha avuto alcuna responsabilità e che anzi è stata annoverata tra le principali vittime. In particolare, il crollo della domanda di energia ha interessato tutte le fonti fossili, provocando danni in molti casi irreversibili come l’uscita dal mercato di molti operatori e il manifestarsi di pesanti conseguenze sui bilanci e sulle prospettive di investimento anche delle aziende più solide.

Il petrolio che, nel breve e medio termine è ancora chiamato a svolgere un ruolo fondamentale e non sostituibile nel fornire l’energia necessaria per il movimento delle merci e delle persone, è stata la fonte più colpita a causa delle misure di restrizione imposte. Nonostante alcuni iniziali ottimismi la crisi si è rivelata molto profonda ed il cammino della ripresa sta incontrando non poche difficoltà.

Con un primo e un secondo trimestre dell’anno praticamente “bruciati” e i due mesi centrali dell’estate non particolarmente brillanti, si va verso la chiusura di un anno che presenterà un conto salato per l’industria legata agli idrocarburi. La domanda di energia sta subendo un eccezionale ridimensionamento, e anche in un colosso economico, come gli Stati Uniti, non è diminuita solo la domanda di petrolio ma anche quella di gas legata alla produzione industriale e quella di elettricità legata, più specificamente, al calo delle attività commerciali.                                                 

Un certo recupero è comunque in atto rispetto ai drammatici livelli di aprile, quando la domanda di petrolio era scesa a poco più di 80 mil. di bbl/g contro i 101,2 del corrispondente mese del 2019. A luglio, secondo i dati EIA DOE, la stessa domanda è tornata a 93,4 mil. di bbl/g contro i 102,5 del luglio 2019. Ad agosto, in base ai primi dati preliminari, dovrebbero essere stati toccati i 94 mil. di bbl/g.

Su questo sfondo anche i prezzi del petrolio hanno cominciato a muoversi moderatamente al rialzo anche grazie al supporto delle misure intraprese con successo dall’OPEC, per il controllo dei livelli produttivi.

Nel mese di agosto la media mensile del Brent Dated si è attestata a 44,8 doll/bbl contro i 43,2 di luglio, segnando un incremento del 3,7%, mentre quella del WTI è stata pari a 42,4 doll/bbl rispetto ai 40,9 del mese precedente.

Quotazioni del Brent Dated da giugno a settembre 2020 e media mobile a cinque termini

Fonte: Elaborazioni su dati stampa specializzata

Anche per i prodotti, il mese di agosto è stato caratterizzato da aumenti anche se complessivamente inferiori a quelli del greggio, confermando una certa debolezza del recupero. Sull’area mediterranea la quotazione media mensile della benzina Cif Med è stata pari a 410,3 doll/ton, in aumento del 3,9% rispetto a quella precedente, di poco superiore alla crescita registrata dal Brent. Il prezzo del diesel, con una media mensile di 375,3 doll/ton, si è ridotto dello 0,7% rispetto a luglio, perdendo nettamente posizione rispetto alla benzina.

Il differenziale tra i due prodotti è aumentato, infatti, sino a 35,0 doll/ton, sottolineando la debolezza del diesel che dovrà essere recuperata con l’auspicata ripresa dell’economia.

Purtroppo, la prima settimana di settembre non si è mossa in linea con le aspettative di un ulteriore consolidamento della ripresa e i principali indici di borsa hanno subìto dei sensibili ridimensionamenti, compreso il Nasdaq, riferimento finanziario del comparto tecnologico che tradizionalmente presenta forti prospettive di sviluppo.

I mercati petroliferi si sono immediatamente adeguati ai ribassi sui mercati finanziari con flessioni piuttosto accentuate delle quotazioni dei principali “marker crudes” e con il WTI che, nell’ultima seduta della settimana, ha perso il 3,9% scendendo a 38,9 doll/bbl e quindi sotto la soglia psicologica dei 40; il Brent, dal canto suo, è tornato a 42,7 doll/bbl.

In effetti, i dati dell’EIA DOE relativi all’ultima settima di agosto avevano fornito indicazioni preoccupanti sulle immissioni di prodotti al consumo dopo una serie di dati positivi. Al 28 agosto, le immissioni - dopo essersi portate a quota 19,6 mil. bbl/g - sono crollate a meno di 17.

L’inizio di settembre, quindi, si sta prospettando molto difficile. Nell’area mediterranea la quotazione media settimanale della benzina Cif Med, unico prodotto che comunque mostra una certa tenuta, è stata pari a 414,5 doll/ton, in riduzione del 2,5% rispetto a quella precedente.

Il diesel, con una media settimanale di 353,5 doll/ton, ha perso il 4,7% rispetto a quella precedente ed il rapporto rispetto al Brent è sceso al di sotto dell’unità: un segnale molto preoccupante per l’industria della raffinazione ma anche per il ruolo di questo prodotto nell’attività economica e quindi nella sua ripresa.

Quotazioni Benzina e Diesel da giugno a settembre 2020

Fonte: Elaborazioni su dati stampa specializzata

È molto probabile che i crolli della scorsa settimana possano riflettere più una fase di assestamento che una vera e propria inversione di tendenza, ma al contempo dimostrano le difficoltà della ripresa che comunque non potrà compensare le pesanti perdite accumulate nella prima parte dell’anno. L’obiettivo per settembre di una domanda mondiale di petrolio pari a 97 mil. di bbl/g rimane quindi ancor più subordinato ad una maggiore convergenza delle politiche economiche dei vari paesi e ad un efficace controllo dei nuovi e vecchi focolai di coronavirus.

L’industria energetica, nonostante le difficoltà sinora incontrate, è pronta ad assecondare la ripresa anche attraverso una velocizzazione della transizione che comunque non potrà non contare sul petrolio e sul gas naturale. Senza l’apporto di queste fonti il ritorno del PIL mondiale ai livelli pre-crisi non è pensabile.