Entro il 2040, nel mondo, circa 1 bambino su 4 vivrà in zone con uno stress idrico estremamente elevato. Oggi sono quasi 160 milioni i bambini che vivono in zone ad alta o estrema siccità. Più di 3,5 miliardi di persone - circa la metà della popolazione mondiale - soffrono di grave penuria idrica per almeno un mese all'anno, di cui circa 2 miliardi per almeno sei mesi all'anno. Inoltre, sono circa 500 milioni i bambini che vivono in zone ad altissimo rischio di inondazioni a causa di eventi meteorologici estremi come cicloni, uragani, tempeste e innalzamento del livello del mare. Questo è il motivo per cui abbiamo deciso di dedicare la Giornata Mondiale dell’Acqua, che si è celebrata lo scorso 22 marzo, a tutti i bambini del mondo: perché dobbiamo ricordarci, ogni giorno, di garantire loro il futuro che meritano.
L’acqua contaminata rappresenta infatti un’enorme minaccia per la vita dei bambini. Le malattie legate all’acqua e alle strutture igienico-sanitarie sono una delle principali cause di morte tra i bambini sotto i 5 anni: sono oltre 700 quelli che ogni giorno muoiono a causa di problemi legati a servizi idrici e igienico-sanitari inadeguati.
In questo contesto, un fattore fondamentale da considerare per il loro futuro e quello delle generazioni a venire è il legame indissolubile tra acqua e cambiamenti climatici. Un cambiamento climatico, infatti, si avverte spesso osservando le risorse idriche, che ne sono influenzate sia in termini di quantità sia in termini di qualità (acqua potabile disponibile).
Secondo l’UNICEF, negli ultimi 10 anni, inondazioni, siccità e altri eventi meteorologici hanno causato oltre il 90% dei principali disastri naturali, e con il cambiamento climatico si prevede un aumento della loro frequenza e intensità. Quando si verifica una calamità naturale, questa può distruggere o contaminare intere riserve idriche, aumentando il rischio di malattie come il colera e il tifo, che vedono nei bambini i soggetti più vulnerabili. Un ulteriore rischio è legato all'aumento delle temperature, che possono generare agenti patogeni letali nelle fonti di acqua potabile. Ancora, l'innalzamento del livello del mare sta facendo sì che l'acqua dolce diventi salata, compromettendo le risorse idriche necessarie al sostentamento di milioni di persone. I disastri naturali e la competizione per l'acqua in periodi di siccità possono invece aumentare il rischio di sfollamenti, migrazione e conflitti.
In alcune aree, l'abbassamento del livello dell'acqua di falda, infine, può portare al prosciugamento delle fonti d'acqua tradizionali, costringendo le donne e le giovani ragazze a percorrere lunghe distanze, esponendole a rischi di violenza nonché al peso fisico del trasporto su lunghe distanze. Inoltre, un tempo più lungo per il rifornimento si traduce in minore attenzione per la scolarizzazione dei bambini, con effetti sul tasso di abbandono scolastico.
Pertanto, visto che il cambiamento climatico sta avvenendo ora, è necessario agire subito: l'acqua è parte della soluzione e in quanto risorsa salvavita dovrebbe essere trattata come tale.
Ai problemi sopra esposti, già di per sé gravi, se ne aggiunge oggi un altro: la diffusione del Covid-19 e l’importanza cruciale di lavarsi le mani con acqua e sapone, che, quando fatto in modo corretto, è fondamentale nella lotta contro il virus. Questa semplice operazione, che noi diamo spesso per scontata, purtroppo non lo è e ancora oggi per il 40% della popolazione mondiale – ovvero 3 miliardi di persone.
Il 47% delle scuole non è dotata di lavabi con cui lavarsi le mani, esponendo a rischi circa 900 milioni di bambini in età scolare. Secondo gli ultimi dati, il 16% delle strutture sanitarie, ovvero circa 1 su 6, non dispone di servizi igienici funzionanti o di servizi per il lavaggio delle mani nei punti di cura per i pazienti.
Da qui muove la necessità di nuovi impegni per garantire a tutti su scala mondiale l’accesso all’acqua e per disporre di maggiori strumenti nella lotta al Coronavirus e alle altre malattie infettive che da decenni perseguitano tantissime aree del globo.