Cose Vecchie di ieri.
Auto. T.I.N.A. (“There is no alternative”) per 100 anni: macchina termica a combustione interna, rendimento massimo 22%, peso minimo di 1000 kg, utile a movimentare singola persona umana di 70kg, spesso per pochi km. Bella, fiammeggiante, veloce ma più che altro: nostra! Mia!
Nostra, mia, garanzia di libertà, di velocità, di esseri mobili contemporanei. Mobili, prigionieri in coda, navigatori, parcheggiatori, viaggiatori, piloti, autisti, o semplicemente automobilisti che dal punto A si spostano al punto B. Con il veicolo “sbagliato”, frutto dell’acquisto di un prodotto-servizio con un fattore “emozionale” prioritario e di “rappresentanza”. Un mezzo, un veicolo che non tiene conto del tessuto sociale dove sarà inserito, dove, come e da chi e per che cosa sarà utilizzato e a quale scopo servirà con la sua smisurata e inutile potenza, il suo consumo, i costi personali di mantenimento e sociali di inquinamento.
Un veicolo che nel rapporto sosta-movimento è più fermo in parcheggio che in movimento e occupa spazio. Ecco il punto: l’auto, il veicolo zoomato fine a se stesso siccome è (perlomeno: era) un veicolo T.I.N.A. senza alternative abbiamo pensato in molti a un veicolo alternativo. Questo è stato un errore. In tanti, (compreso chi scrive), abbiamo in questi anni prototipato, sperimentato, utilizzato per kilometri, gareggiato, e proposto veicoli innovativi: elettromuscolari, ibridi, elettrici, solari, alimentati a idrogeno etc. Ci siamo concentrati troppo sul “mezzo”, sull’autoveicolo appunto alternativo alla macchina termica da sostituire a parità di condizioni sociali ambientali. Appassionati ingegneri, meccanici, motoristi, elettronici, meccatronici, carrozzieri, designer, informatici. Avremmo dovuto prima di tutto studiare l’urbanistica le scienze umane, comportamentali, psicologia, sociologia, comunicazione. In pochi sono a conoscenza della quantità di prototipi a zero emissioni, delle numerose ditte produttrici di mezzi alternativi al termico, delle competizioni zero emission vehicle (Z.E.V.) avvenute negli ultimi quarant’anni solo nella nostra regione Emilia Romagna partendo dal primo veicolo elettrico rivoluzionario, il Boxel, omologato a Bologna e realizzato dal caro amico scomparso l’Architetto Paolo Pasquini nel 1984. Posso tranquillamente godere della gloria del pionierismo e ammettere il totale fallimento di decine e decine di progetti, idee, imprese. Fallite, perché hanno proposto, solamente, isolatamente, eccezionali veicoli alternativi all’autoveicolo termico. Fallite con talento.
Cose nuove, dell’oggi: elettroni, droni, accumulatori, robot, Z.E.V, guida autonoma.
L’auto a zero emissioni è una realtà, elettrica, tecnologicamente affidabile, con autonomia più che sufficiente, infrastrutture (colonnine di ricarica principalmente), che si moltiplicano, auto sostenibili, a guida autonoma, connesse, più sicure. Sistemi ibridi definiti di quarta generazione (Yaris Toyota); batterie per oltre 400 km di autonomia (Lexus UX300e); recupero di energia in frenata ai massimi livelli (Volvo XC40 Recharge); l’ambizione di ritornare auto di massa elettrica del nuovo maggiolino WW, ID.3; come la Fiat 500 elettrica e la già più venduta auto elettrica Nissan Leaf, insieme a Zoe, (Renault), Ampera (Opel) e molte altre.
Infine, dopo anni di “autismo”, anche a Maranello, mia città di adozione, incontrare la Ferrari SF90 ibrida e addirittura plug-in mi pare di sognare (an par ad sugner in dialetto modenese). Da non credere!
Auto a zero emissioni, probabilmente, volutamente troppo costose, troppo “derivate” dalle auto di serie a combustione interna, troppo pesanti, ingiustificate (le ibride), e poco o per nulla city-car come in primis dovrebbe essere l’auto elettrica. Questo ultima caratteristica potrebbe rappresentare anziché un limite un vantaggio per lo sviluppo futuro, perché la parola chiave con cui sostituire “auto” dovrebbe diventare “città”. Il progettista, il tecnico, il designer, vuole ripetere l’errore, tutti dobbiamo diventare…urbanisti. Non affermo nulla di originale (invito a leggere Jame D’Alessandro su città aperte o chiuse..prove tecniche di rifondazione) almeno nel breve periodo. Ora finalmente il concetto di proprietà dell’auto tra le nuove generazioni è intelligentemente superato (questo si è rivoluzionario), perché interessa maggiormente cosa si può fare durante il trasferimento da A a B (ascoltare musica, connettermi, chattare, etc), anziché guidare, stressarmi, prestare attenzione e fissare la targa davanti a me. Una città dovrà puntare a navette, sharing, pooling, cargo bike, velotaxi, micromobilità urbana, mezzi condivisi oltre che pubblici. Tra questi: il Bird Cruiser, scooter del colosso californiano dello sharing, o il SegwayS-Pood, sedia motorizzata con 70km di autonomia. Quello che propongono sono innanzi tutto “concetti” innovativi in cui credere: mezzi adatti allo scopo, prodotto progettato per il servizio: di tutti.
Cose di sempre: L’ENERGIA. Testimonianze
In riferimento alle soluzioni e alle proposte credo che rimettere al centro la parola “energia” sia fondamentale ed evita che la parola “mobilità” - da poco in vantaggio sulla parola “autoveicolo” - sia solo un paravento per, nuovamente, proporre veicoli ingiustificati .
L’energia è centrale nei progetti V2G (Nissan in testa) dove la capacità degli accumulatori esagerata rispetto al bisogno reale di spostamento può essere utilizzata in modo bidirezionale per la casa. L’energia è centrale nei progetti di auto a idrogeno (vedi Toyota Mirai e 5600 brevetti open source per incentivare le infrastrutture). Idrogeno ottenuto dall’elettrolisi come sistema di accumulo dalla produzione incostante e in eccesso delle energie rinnovabili. Auto, mezzi pesanti, trasporto pubblico, bus alimentati a idrogeno per evitare quintali di accumulatori con materie prime preziose e esauribili da smaltire (vedi progetto Bolzano H2 South Tyrol).
L’energia è centrale, con l’idrogeno nel sistema auto-casa- ottenuto da idrocarburi (gas naturale da città) non bruciato ma tramite fuel cell in caldaie domestiche che producono energia elettrica e acqua calda come prodotto della reazione elettrochimica (vedi progetti ditta Solid Power di Trento).
Cose future: l’UTOPIA
“…l’isola di More non è la città degli uomini buoni. E’una comunità di cittadini ragionevolmente virtuosi ma esposti a cadere nell’errore. La legislazione è minimale, il governo è elettivo e le religioni sono tollerate…(Utopia. T.More 1516). “Senza un adeguato scatto utopico-immaginativo è improbabile che l’avventura della specie umana su questo pianeta possa continuare procedendo come d’abitudine..” (Il ritorno di Utopia di R.Mordacci).
Non tarpiamo le ali all’immaginazione.