La fotografia scattata dai dati del China’s National Bureau of Statistics, dell’Agenzia Internazionale dell’Energia e del BP Statistical Review 2019 offre una buona chiave di lettura di quello che sta avvenendo in Cina sul fronte dell’energia. Ne emerge un paese attraversato da grandi cambiamenti e che si affaccia a rivoluzioni che potrebbero essere epocali - specie se consideriamo che si sta parlando della nazione più popolosa al mondo - ma sul quale continuano a pesare dei meccanismi decennali difficili da scardinare. Una cosa è certa, la Cina che fino ad oggi è stata leader dell’inquinamento e dell’emissione di gas ad effetto serra intende darsi una ripulita, puntando inizialmente sul gas naturale e successivamente consolidando la sua ormai affermata leadership nelle nuove tecnologie rinnovabili. Ma volere non sempre è potere, specie se le congiunture economiche internazionali non sono delle migliori e il costo dell’energia diventa un fattore competitivo strategico nei confronti degli avversari oltreoceano.
Ma veniamo ai dati del 2018:
- I consumi di energia primaria sono cresciuti del 4,3%.
- Il consumo di carbone è aumentato dell’1%, ma la quota di questa fonte nel mix energetico del paese è diminuita dell’1,4% raggiungendo per la prima volta in 10 anni un livello inferiore al 60% (58% rispetto al 72% nel 2008).
- Il gas naturale ha segnato un +18%, e copre il 7,4% dei consumi energetici con un aumento di oltre il 120% rispetto ai livelli di 10 anni fa (3,2% nel 2008).
- I prodotti petroliferi crescono del 31%, e coprono il 20% dei consumi energetici con un aumento di oltre il 50% rispetto ai livelli di 10 anni fa (17% nel 2008).
- +10% per il nucleare che incide per un 2% dei consumi energetici, ovvero il triplo rispetto al 2008.
- L’energia idroelettrica è stabile e copre l’8,3% della domanda di energia con un aumento del 30% rispetto al 2008.
- Le fonti rinnovabili hanno conosciuto un incremento del 20%, pari al 4,4% dei consumi energetici con un aumento di oltre 15 volte rispetto al 2008.
- Le emissioni di CO2 derivanti dai consumi energetici sono aumentate del 2,2% rispetto al decennio precedente (2007-2017).
Per quanto riguarda, poi, la produzione di elettricità, il mix è così composto: il carbone copre il 67% (-10% rispetto al 2008); il gas naturale il 3,1%, tre volte di più rispetto al 2008; il nucleare il 4,1%, il doppio del 2008; l’energia idroelettrica il 17%, stabile rispetto al 2008 e infine le fonti rinnovabili l’8,9%, con un aumento di 10 volte rispetto al 2008.
Questi dati suggeriscono alcune considerazioni sul trend della trasformazione del sistema energetico cinese.
In primo luogo l’aumento dei consumi energetici è l’effetto delle politiche della Cina per sostenere l’economia in una fase difficile, resa ancora più complessa dalla guerra dei dazi. In questo quadro la crescita dei consumi di carbone è un indicatore della difficoltà del paese a sostenere l’aumento della domanda solo con le fonti rinnovabili (incluso idroelettrico), il nucleare e il gas naturale. Dato, questo, che fornisce un segnale d’allarme sulla capacità di Pechino di rispettare il suo obiettivo di riduzione del peso del carbone al 35% entro il 2040.
Tuttavia, merita rilevare che nel mix energetico della Cina il peso del carbone è sceso al 58%, con una riduzione dell’1,4% rispetto al 2017 e del 14% rispetto al 2008. Nello stesso tempo fa ben sperare l’impegno della National Energy Administration per la dismissione entro la fine del 2019 delle centrali obsolete, per una capacità ritirata pari a 9 GW di potenza.
In secondo luogo, il peso delle fonti a zero emissioni (nucleare, idroelettrico e rinnovabili) è pari al 14,7%, con un aumento del 30% rispetto al 2017. Questo dato è in linea con l’obiettivo di coprire entro il 2030 il 20% della domanda primaria con fonti non fossili.
Vanno tuttavia messi in evidenza i “colli di bottiglia” per lo sviluppo delle fonti rinnovabili: da un lato, la riduzione degli incentivi attraverso la revisione del sistema di feed-in tariff; dall’altro, l’ancora insufficiente rete di trasmissione in grado di collegare gli impianti che producono elettricità rinnovabile nelle zone remote distanti migliaia di chilometri. A questo proposito va comunque rilevato che sono in costruzione, e in parte già realizzati, 40.000 km di linee ad altissima tensione (Ultra High Voltage per valori di tensione superiori a 500 kV) per la trasmissione dell’energia prodotta dagli impianti idroelettrici (340 GW), eolici (170 GW) e solari (160 GW).
In terzo luogo, molto significativa è la crescita del gas naturale, che copre il 7,4% dei consumi energetici con una crescita del 18% rispetto al 2017 e di oltre il 120% rispetto ai livelli del 2008. L’Agenzia Internazionale dell’Energia prevede che il consumo di gas naturale in Cina (sia quello di importazione che lo shale gas nazionale) aumenterà di oltre il 60% entro il 2023. E già nel 2020 la Cina supererà il Giappone come principale importatore di gas. Il boom del gas naturale è sostenuto da misure incentivanti che in parte riducono i vantaggi competitivi per le fonti rinnovabili, incentivi resi necessari dal fatto che questa fonte è il combustibile di transizione a basso contenuto di carbonio e a basse emissioni che consente la sostituzione del carbone e fornisce il back up per le fonti rinnovabili.
Un aspetto però merita attenzione. Per quanto si sia registrato un calo del consumo di carbone, questa rimane la fonte principale nella generazione elettrica, mentre lo switch verso il gas e le altre fonti rinnovabili (solare in particolare) interessa soprattutto gli altri usi finali, a cominciare da riscaldamento e raffreddamento, con gli effetti già visibili sull’inquinamento urbano nelle metropoli cinesi.
Un discorso a parte va fatto in merito all’aumento significativo del consumo di prodotti petroliferi, indicatore del fatto che ancora molto bisogna fare in materia di elettrificazione dei trasporti, nonostante i giganteschi passi avanti nella diffusione dell’auto elettrica e nella rete dei treni ad alta velocità.
In conclusione, nonostante le difficoltà, il quadro di riferimento e il trend delle politiche energetiche della Cina è ancora consistente con uno scenario di decarbonizzazione dell’economia sul medio termine. Va però ricordato che le incertezze nell’economia mondiale provocate dalla cosiddetta “guerra dei dazi” hanno anche riflessi sulle strategie di decarbonizzazione e di aumento dell’efficienza energetica dei singoli paesi, perché rallentano e spesso compromettono la cooperazione tecnologica e le risorse necessarie, come ha messo in evidenza il direttore generale del Ministero dell’Ambiente cinese Li Gao.
E a questo proposito sarebbe utile investigare il rapporto tra l’economia nel tempo della guerra dei dazi e le emissioni di CO2: in Cina sono cresciute del 2,2%, negli USA del 2,6% e in India del 7%.