La riforma del servizio di distribuzione del gas naturale, avviata nel 1998 dall’UE e recepita in Italia dal D.Lgs. 164/2000, doveva compiersi con il DM 226/2011 ma purtroppo, ad oggi, si contano solo 2 gare concluse (una con ricorso al TAR) su 177 previste. Lo scoramento ed il pessimismo dei soggetti coinvolti aumenta ogni giorno. Le cause di questa mancata riforma sono dovute principalmente al Parlamento, sostanzialmente assente; al MiSE, che non ha voluto o potuto intervenire in modo incisivo; ad ARERA, che emanando delibere a raffica ha complicato le cose. Si è quindi andata creando una conflittualità normativa che ha prodotto molti ricorsi al TAR, nonché rallentato e spesso fermato il lavoro preparatorio delle gare. Gli aspetti critici della riforma che ne hanno bloccato l’effettiva attuazione sono molti. In questa sede ci limiteremo ad evidenziare i temi più critici.
Il VIR
Il Valore Industriale Residuo degli Impianti è il valore commerciale degli impianti di distribuzione del gas naturale che si calcola secondo la metodologia indicata dalle “Linee guida” del MiSE, che ha sostituito di fatto il RD 2578/1925, utilizzando i prezzari indicati negli atti concessori (quasi mai presenti) oppure, in subordine, facendo riferimento ai Listini della CCIAA della provincia di appartenenza della stazione appaltante, in loro mancanza a quelli regionali, in loro mancanza al prezzario DEI. Da sempre questo valore è stato usato come base per l’acquisto e la vendita di impianti. Anche il DM 226/2011, nella sua versione originale, prevedeva che i gestori uscenti fossero indennizzati, per gli investimenti fatti, applicando i criteri del RD 2578/1925.
Secondo il legislatore, il VIR doveva essere il protagonista assoluto delle gare d’ambito in quanto si trattava dell’unico valore congruo con il capitale investito. Purtroppo, invece, è diventato uno dei temi più caldi e controversi. Ciò è dovuto alla legislazione conflittuale (vedi lottizzazioni) e alle “Linee Guida MiSE” che, entrate in vigore nel 2014, evidenziano una serie di incongruenze dovute alla volontà di normare dettagliatamente ogni attività. Di fatto permettono molta discrezionalità nella stesura della perizia con risultati a volte stupefacenti, che fanno rimpiangere il RD 2578/1925. Il VIR così calcolato è previsto valga solo per gli impianti di proprietà del gestore uscente. Nulla viene previsto per gli impianti di proprietà pubblica. Una carenza normativa inaccettabile dagli Enti locali proprietari di impianti che diventa paradossale quando questi svolgono anche la funzione di Stazione appaltante. Problema facilmente risolvibile adottando il nuovo criterio di patrimonializzazione previsto dal D.Lgs 118/2011, auspicato dalla Corte dei Conti SRC Lombardia con parere 277/2016, che condurrebbe ad applicare sia per le reti pubbliche, in caso di cessione, che per quelle dei gestori uscenti lo stesso metodo di valorizzazione.
La RAB
Introdotta con deliberazione ARERA 159/2008/ARG/gas, la RAB è un acronimo mutuato dalla normativa inglese, Regulatory Asset Base, da cui è ispirato il metodo tariffario italiano, tuttora vigente. Essa rappresenta i costi storici degli impianti, degradati secondo questa normativa e al netto dei contributi pubblici e privati. Il valore così ottenuto rappresenta il capitale investito sul quale viene calcolata la remunerazione annuale ai gestori, ma non esprime il valore reale degli impianti.
Tentare di imporre la RAB come valore di riferimento, a scapito del VIR, viola il dettato dell’art. 6 del DM 226/2011 ed è una delle cause principali del blocco della riforma. Non è casuale che questo articolo preveda che la RAB sia utilizzata per stabilire il valore degli impianti da cedere solo nelle tornate di gare d’ambito successive alla prima. Questo perché molte RAB sono fissate d’ufficio da ARERA e comunque, anche per altre ragioni, ancora non sono comparabili con i valori reali, obiettivo che la legge prevede fra 12 anni.
Una FAQ del MiSE e un Documento di Consultazione di ARERA, mai deliberato, non possono surrogare norme parlamentari. Orientare il mercato a far riferimento alla RAB, è una scelta politica sostenuta dai player principali i quali, coscienti del fatto che oggi le RAB siano mediamente molto basse rispetto ai VIR, sperano di acquisire a poco prezzo gli impianti dei gestori uscenti. La RAB, strumento concettualmente corretto per il calcolo delle tariffe, non è idoneo come valore per le attività di compravendita sottese alle gare d’ambito. Per poterla utilizzare anche per questo necessita di numerosi aggiustamenti in sede di raccolta dati, come evidenziato dal TAR Lombardia sentenza 733/2018. Oggi, troppe RAB sono d’ufficio e non puntuali. Quasi mai tengono conto degli impianti di proprietà pubblica, anche in questo frangente non considerati.
Lo si rileva chiaramente dalla “Tabella 18” delle Linee Guida del MiSE, burocrazia aggiunta nel corso di questi anni, dove la RAB è quasi sempre tutta del gestore che la “spacchetta” a favore del Comune proprietario o di terzi proprietari con criteri suoi che, in alcuni casi, danno come risultato una RAB negativa per l’Ente locale. ARERA deve avere il coraggio di affrontare la problematica RAB tenendo conto che c’è un mercato che ragiona in termini di VIR, anche per i predicatori della RAB (che però tengono conto del VIR quando vogliono davvero comprare).
Il rapporto VIR/RAB
Previsto dall’art. 5 comma 14 del DM 226/2011, aveva fini meramente statistici per verificare l’impatto dell’allora novella regolazione tariffaria, rispetto ai valori commerciali correnti. Recitava infatti che “qualora il valore di rimborso al gestore uscente superi di oltre il 25% il valore delle immobilizzazioni nette di località, al netto dei contributi pubblici in conto capitale e dei contributi privati relativi ai cespiti di località, riconosciuto dalla regolazione tariffaria, l’Ente locale concedente trasmette le relative valutazioni di dettaglio all’Autorità. Eventuali osservazioni dell’Autorità sull’applicazione delle previsioni contenute nel presente regolamento al valore di rimborso sono rese pubbliche.” La delibera ARERA 310/2014/R/gas ha cambiato l’essenza di questo articolo facendone uno strumento di controllo dei VIR, da applicare già con un delta oltre il 10%, attraverso una procedura lunga, complessa e costosa, con obbligo di approvazione ARERA.
In questi anni sono intervenute modifiche, fino alla delibera ARERA 905/2017/R/gas, rettificata dalla delibera 130/2018/R/gas tuttora in vigore: non hanno semplificato nulla e le osservazioni di ARERA quasi sempre tendono a ridimensionare i VIR. Le RAB vanno riviste quasi tutte, eliminando quelle d’ufficio e rendendo più realiste e complete anche molte di quelle puntuali. E’ auspicabile che contro questi argomenti non ritorni il solito refrain “Queste cose non si possono fare perché altrimenti aumentano i costi per gli utenti finali”, uno spauracchio che non deve far paura in quanto l’incremento in bolletta sarebbe minimo (max alcuni euro/anno) e facilmente compensabile con innovazioni e razionalizzazioni degli impianti che finora nessuno ha mai preso in considerazione. In questo senso sarebbe utile anche un prolungamento del periodo concessorio che favorirebbe anche l’incremento degli investimenti.