Partiamo dal principio. Viene spesso affermato che le onde costituiscono la “più grande fonte rinnovabile inutilizzata al mondo”. Ci potrebbe aiutare a capire meglio questa affermazione?

Gli oceani e i mari del mondo sono un'enorme riserva di energia non sfruttata. Si stima che il loro potenziale energetico associato esclusivamente alle onde sia tra i 20.000 e gli 80.000 TWh/anno, una quantità di energia sufficiente per alimentare in linea teorica l'intero pianeta e pari (ottimisticamente) fino a tre, quattro volte il fabbisogno elettrico globale. Tale energia potenziale e cinetica associata al moto ondoso può essere sfruttata per la generazione elettrica, utilizzando diverse tipologie di dispositivi. Tuttavia, a oggi, questa risorsa energetica rinnovabile non è minimamente sfruttata. Basti sapere che nel 2018 sono stati installati nel mondo convertitori per appena 600 kW, di cui 550 kW in Europa (nove convertitori), principalmente per opportunità di test in mare e come destinazione di finanziamenti R&D. Eni ha installato due dei nove convertitori da moto ondoso (Wave Energy Converter - WEC): Powerbuoy e ISWEC, rispettivamente con una potenza pari 3 e 50 KWp, rendendo l’Italia leader globale e front runner nello sfruttamento di questo tipo di energia.

Se non li ha già detti, quali sono i vantaggi operativi, produttivi e logistici di questa tecnologia? Quale il potenziale produttivo per l’Italia?

Prima di tutto per capire i vantaggi derivanti dallo sfruttamento delle onde, bisogna sapere che è la fonte rinnovabile a maggiore densità energetica, frutto di due elementi naturali: da un lato l’energia del vento che spira sulla superficie del mare e, dall’altro, l’azione termica del sole che muove le masse d’aria provocandone le correnti. Questo movimento avviene in modo naturale, senza il bisogno di concentratori o specchi. Le onde sono la più grande fonte rinnovabile inutilizzata al mondo, con densità energetica estremamente elevata, alta prevedibilità e bassa variabilità, e rappresentano, quindi, una fonte di energia molto promettente per il futuro e adatta alla decarbonizzazione dei processi offshore.

Tuttavia, queste tecnologie devono fare i conti con un ambiente particolarmente aggressivo quale è il mare. Eni, a oggi, ha installato e sta testando due differenti tecnologie WEC: PowerBuoy, una tecnologia della società Ocean Power Technologies, una boa semi-sommersa in grado di generare 3 kWatt di potenza elettrica con altissima affidabilità, applicabile anche su mari poco mossi. Gli impieghi futuri sono i più svariati, dalla ricarica di veicoli autonomi sottomarini utilizzati per il monitoraggio ambientale e l’asset integrity (come il Clean Sea di Eni), al monitoraggio e controllo dei sistemi di produzione sottomarina, fino alla raccolta di dati meteorologici e oceanografici. I vantaggi consistono nel ridurre le attività con impiego di personale in mare e quelle di logistica associata al movimento mezzi navali, aumentando in tal modo l’efficienza operativa e gli impatti su salute, sicurezza e ambiente (HSE), riducendo al contempo le emissioni carboniche associate alle attività operative offshore. La seconda tecnologia, ISWEC (Inertial Sea Wave Energy Converter), sviluppata dal Politecnico di Torino e dal suo spin-off Wave for Energy S.r.l., è un innovativo sistema in grado di trasformare l’energia prodotta dalle onde in energia elettrica adattandosi alle differenti condizioni del mare, così da garantire un’elevata continuità produttiva. La tecnologia ISWEC è considerata ad alto potenziale di sviluppo industriale in quanto molto adattabile e flessibile (sistema robusto, ogni parte in movimento non è esposta all’aggressività del mare), presenta un’elevata facilità di installazione-gestione e si presta a una serie di miglioramenti tecnici e realizzativi che potrebbero consentire di raggiungere costi di generazione (LCOE) competitivi. L’impianto pilota, installato nell’offshore di Ravenna a cura del Distretto Centro Settentrionale Eni, è integrato in un sistema ibrido smart grid unico al mondo, composto da fotovoltaico e da un sistema di stoccaggio energetico. Questa tecnologia risulta idonea per l'alimentazione di asset offshore di medie e grandi dimensioni e, in futuro, consentirà a Eni di convertire piattaforme offshore mature in hub per la generazione di energia rinnovabile. Inoltre, potrà fornire un contributo rilevante non solo ai processi di decarbonizzazione in ambito offshore ma anche, e più in generale, a supporto della sostenibilità dei sistemi di produzione di energia elettrica e della diversificazione delle fonti rinnovabili. Ancora, entro il 2020, Eni progetterà e realizzerà una prima installazione industriale collegata a un sito di produzione offshore. Parallelamente, si valuterà l’estensione della tecnologia su ulteriori siti in Italia, in particolare in prossimità delle isole minori, con la realizzazione di impianti di taglia industriale per la fornitura di energia elettrica completamente rinnovabile. Lo sviluppo costiero del nostro paese favorisce lo sfruttamento del moto ondoso, il cui impatto ambientale risulta inferiore a quello delle altre principali fonti rinnovabili terrestri già in uso nel paese. Come dimostrato da ENEA, il potenziale energetico del moto ondoso lungo le coste italiane è molto vario, e presenta i suoi massimi valori lungo la costa occidentale della Sardegna (12 kW/m) e lungo quella nord-occidentale della Sicilia (7 kW/m). Anche la costa tirrenica e quella ligure presentano un interessante potenziale energetico (3-4 kW/m), mentre quello della costa adriatica è più basso, in generale inferiore a 2 kW/m. Questo fattore condiziona l’applicabilità di talune tecnologie soltanto nelle zone a maggiore potenziale (isole e costa di ponente). Da considerare, inoltre, che uno sviluppo avanzato di queste tecnologie può condurre alla commercializzazione all’estero di moduli prodotti in Italia, favorendo la creazione di un’industria nazionale e di un indotto a elevato contenuto tecnologico e valore aggiunto.

Venendo al progetto ISWEC, come è nato? Perché Eni ha deciso di farsi promotore? Quali sono gli altri partner coinvolti e cosa prevede l’accordo?

Il programma di ricerca Eni MaREnergy nasce dall’impegno di Eni nella ricerca di nuove fonti rinnovabili. La tecnologia ISWEC è stata selezionata come la più promettente per taglie superiori ai 100 kW fino all’ordine dei MW e questo non solo per i vantaggi tecnologici già elencati ma, soprattutto, per l’elevatissimo potenziale di miglioramento. Lavorando in maniera sinergica con il Politecnico di Torino (PoliTO) e il suo spin-off Wave for Energy S.r.l., in quello che si configura come un esempio virtuoso di open innovation, Eni si è fatta promotore della sua industrializzazione grazie al suo know-how e all’affinità con le attività offshore (installazioni in acque remote e profonde, produzione elettrica e ibridizzazione delle piattaforme a mare, O&M offshore, ecc.). Le caratteristiche innovative del sistema ISWEC e il supporto tecnologico e industriale di Eni possono consentire di superare i vincoli che hanno fin qui limitato un più diffuso sfruttamento delle tecnologie di conversione dell’energia del moto ondoso.

Questo progetto rappresenta per Eni un ulteriore esempio concreto di integrazione tra il mondo accademico e l’impresa. L’elevato potenziale dimostrato dalla tecnologia ISWEC, a seguito dei risultati raggiunti durante il field test al largo di Ravenna - tra i quali una potenza di picco generata pari al 103% della potenza nominale - ha spinto Eni, Cassa Depositi e Prestiti, Fincantieri e Terna a siglare, il 19 Aprile 2019, un accordo finalizzato al suo sviluppo e alla sua realizzazione su scala industriale. Si tratta di mettere a fattor comune le grandi competenze esistenti nelle relative linee di business, con l’obiettivo di esplorare insieme possibili progetti su larga scala, rendere più efficienti e a minor impatto carbonico i processi operativi convenzionali e, inoltre, permettere la creazione di segmenti di mercato nuovi in ambito energetico sempre più efficienti e sostenibili.

Negli ultimi anni si sta investendo sempre più spesso nella sinergia tra rinnovabili ed estrazioni petrolifere, soprattutto offshore, in questo caso quali sinergie avete individuato?

La sinergia è molto intuitiva, visto che le estrazioni petrolifere offshore richiedono il consumo di energia elettrica. In questo modo, si contribuisce ad alimentare l’impianto con l’energia prodotta localmente da fonti rinnovabili, in combinazione con altre tecniche ormai consolidate (quali il fotovoltaico) e con una diversa disponibilità. I principali vantaggi risiedono nella possibilità, fin dalle fasi di ingegnerizzazione, di sviluppare concept che - oltre a rappresentare nuove modalità di decarbonizzazione delle forniture energetiche - comportano la creazione di un portafoglio di generazione elettrica diversificato nonché una maggiore sicurezza dell'approvvigionamento per siti remoti offgrid.

Due anni fa proprio su RiEnergia si affermava che i principali limiti di questa tecnologia fossero da ricercare nella riduzione dei costi di installazione e di manutenzione. Ad oggi la situazione è migliorata?

Uno degli obiettivi delle sperimentazioni in corso è studiare il modo di ridurre questi costi e la verifica delle soluzioni sul campo. Sono state già individuate e attivate diverse linee di sviluppo di innovazione tecnologica interna volte ad aumentare da un lato l’efficienza di conversione energetica e dall’altro a diminuire i costi di costruzione, di manutenzione e di installazione, attraverso l’ottimizzazione delle fasi di progettazione esecutiva delle unità di produzione e lo sfruttamento delle economie di scala che sarà possibile conseguire, anche grazie ai nostri partner scientifici e industriali.