Lo sviluppo di internet ha drasticamente modificato il funzionamento dell’economia e le tecnologie digitali come i big data, l’intelligenza artificiale e l’internet delle cose (IoT) continueranno a trasformare le industrie europee negli anni a venire. E il carburante della rivoluzione digitale, come noto, sono i dati.
In campo energetico si raccolgono enormi quantità di dati: dai sensori, ai termostati, alle reti collegate al cloud, il flusso di dati che quotidianamente si raccoglie tanto dal lato della domanda quanto da quello dell’offerta è impressionante. La sfida della digitalizzazione è dunque quella di estrarre valore dai dati, che significa sia usarli per raggiungere efficienze (ad esempio migliorando i processi produttivi), sia per inventare nuovi modelli di business o per ottimizzare comportamenti (come nel caso dei sistemi di demand-side management).
Dal lato dell’offerta, l’analisi dei dati (o big data analytics), che si basa oggi su algoritmi di deep learning in grado di auto-apprendere, consente risparmi consistenti ed impensabili sino a poco tempo fa. Si pensi ad esempio alla promozione delle energie rinnovabili e al problema della loro programmabilità. L’uso del big data analytics può essere di enorme ausilio, dal momento che è in grado di integrare dati sul meteo (temperatura, pressione atmosferica, umidità, velocità del vento, direzione del sole, ecc.), sulla produzione energetica, le previsioni di consumo, le caratteristiche del territorio (geolocalizzazione) ed altro ancora, in tempo reale. Lo stesso è a dirsi per le operazioni di asset management, pivotali nella promozione delle fonti rinnovabili. Anche qui il big data analytics è in grado di fornire interessanti soluzioni, ad esempio per tutti i casi di condivisione di impianti da fonti rinnovabili, come pure, più in generale, nella gestione del monitoraggio o la programmazione della manutenzione delle centrali di produzione o delle reti.
Il lato della domanda è certamente quello che ha suscitato il maggior interesse da parte dell’industria, specie a partire da quando hanno fatto la loro comparsa i contatori intelligenti (smart meter) di ultima generazione. Una loro diffusione capillare, infatti, consente di accumulare big data: ossia di ottenere dati di consumo disaggregati, ripartiti per singola fonte e real-time. In Italia questo tipo di contatore non è ancora molto diffuso. Tuttavia, ove sono installati, essi producono dati cui il consumatore può sia accedere direttamente da qualsiasi device (lo smart meter, il proprio cellulare, tablet, o pc), sia mettere a disposizione di terzi, come ad esempio un provider di domotica o un analista di consumi.
In paesi nei quali i sistemi di demand-side management sono sviluppati, come gli Stati Uniti, esiste un intero mercato di servizi che, grazie al big data analytics, ottimizza i consumi automatizzandone alcuni (ad esempio attivando la lavastoviglie nelle ore in cui l’elettricità costa meno), grazie all’integrazione con la domotica.
Appare comprensibile l’enorme potenziale che l’analisi dei dati applicata ai servizi elettrici potrebbe generare, specie ove si addivenisse ad una diffusione capillare degli smart meter (magari dietro idoneo incentivo), anche al fine di promuovere ulteriormente la micro-produzione rinnovabile. La quantità, varietà e granularità dei dati resi disponibili da questi micro-impianti, infatti, potrebbe non solo dare ulteriore impulso al mercato della domotica e dell’IoT, ma anche avvicinare il raggiungimento degli obiettivi ambientali fissati a livello europeo.