L’industria italiana si posiziona ai massimi livelli di efficienza energetica in Europa e nel mondo e proprio grazie all’ottimale utilizzo del gas nei propri processi produttivi contribuisce a rendere l’Italia uno dei paesi industrializzati a minore intensità energetica. È sulla base di tale considerazione che dobbiamo indirizzare il graduale processo di elettrificazione, oltre che sulla valutazione delle migliori tecnologie disponibili e della loro implementabilità nei cicli.

Come noto, infatti, in gran parte dei processi industriali sono necessarie temperature di esercizio molto elevate, che solo in parte possono essere raggiunte attraverso l’uso di energia elettrica. E anche nei casi in cui esistano tecnologie idonee, è necessario verificare se il veicolo elettrico sia davvero, sulla base del mix produttivo e delle infrastrutture di rete, energeticamente a minore impatto ambientale.

Nel caso italiano, il gas naturale viene utilizzato nei processi con rendimenti nettamente superiori a quelli del parco elettrico nazionale; basti pensare che nei moderni impianti di autoproduzione in cogenerazione vengono prodotti congiuntamente calore ed energia elettrica con rendimenti superiori al 75%, mentre nelle caldaie con cui viene generato il vapore di processo i rendimenti sono superiori al 90%.

In un contesto in cui tutta l’energia elettrica da FER, circa il 20% del totale, è già dispacciata e utilizzata integralmente dalla rete, l’eventuale carico elettrificato sarebbe dunque addizionale per il sistema e soddisfatto attraverso impianti tradizionali, ad un rendimento medio del 60%. Nel 2030, quando avremo una penetrazione delle FER del 30%, la situazione non sarà diversa.

Un’altra considerazione deriva direttamente dall’organizzazione dei cicli produttivi industriali che notoriamente sono organizzati su 3 turni giornalieri continui. Questo significa che in un anno gli impianti produttivi marciano mediamente per 8.000 ore, contro una producibilità stimata degli impianti fotovoltaici di appena 1.200. Sarà necessario individuare soluzioni tecnologiche che permettano un accumulo efficiente dell’energia, e siano dunque in grado di adattare una produzione intermittente concentrata nei mesi estivi ad un consumo stabile e continuo. Per ogni MW di consumo sarebbero allora necessari circa 7 MW di impianti rinnovabili, oltre ad una rete elettrica adeguata e opportune risorse di stoccaggio.

È dunque prioritario definire con precisione gli obiettivi che vogliamo darci. In primo luogo, l’elettrificazione dei consumi deve essere strettamente connessa allo sviluppo delle fonti rinnovabili e deve essere indirizzata in primis verso quei settori in cui può apportare un miglioramento dell’efficienza con cui trasformiamo e trasportiamo energia. Gli imprenditori italiani hanno da sempre perseguito la massima efficienza dei propri impianti, in risposta all’elevato costo dell’energia, tra i più alti d’Europa, e spinti dalla naturale tradizione dello sviluppo industriale. Non a caso, a fianco dei principali distretti italiani si sono sviluppati interi settori che producono le migliori tecnologie in ambito di processo industriale e ad oggi esportate in tutto il mondo.

Da questo fatto deriva una seconda importante conclusione: se l’obiettivo è quello di abbattere le emissioni a livello globale il primo elemento fondamentale è proprio quello di attuare ogni sforzo possibile al mantenimento della produzione nei nostri stabilimenti efficienti, evitando di importare beni a più alto impatto ambientale. Ecco allora che il gas e la costruzione di un mercato nazionale competitivo che sia di supporto allo sviluppo industriale diventano prioritari per evitare la delocalizzazione ed il conseguente aumento delle emissioni.