Nella transizione verso un’economia a basso contenuto di carbonio diventa cruciale il ruolo delle fonti rinnovabili (FER) anche nel settore dei trasporti, dove, con la Direttiva 2009/28/CE – cosiddetta RED, Renewable Energy Directive – si è fissato un obiettivo obbligatorio e uguale per tutti gli Stati membri del 10% per il 2020. Questo obiettivo è stato di recente aggiornato con la nuova Direttiva sulla promozione dell’uso dell’energia rinnovabile (RED II), in corso di emanazione: il target di impiego delle FER sale al 14% per il 2030 per il trasporto su strada e ferroviario (sono esclusi i trasporti marittimi ed aerei).
All’interno dell’obiettivo generale vi è un sotto-obiettivo minimo per i “biocarburanti avanzati” destinato a crescere nel tempo: dallo 0,2% nel 2022 all’1% nel 2025 al 3,5% nel 2030. La definizione di “avanzati” sta a significare che non sono in nessun modo in competizione con il comparto agroalimentare e che rientrano nell’elenco di materie prime utilizzate per produrli fissato dalla Direttiva RED II, che aggiorna l’elenco oggi in vigore. Vi è invece un limite massimo per i biocarburanti “tradizionali” che non potranno superare nel 2030 il più basso tra il valore del 7% e il valore consuntivato nel 2020 aumentato dell’1%. Nei fatti, quindi, i biocarburanti di seconda o terza generazione dovranno rappresentare almeno il 7% dei consumi. Tuttavia, l’obbligo effettivo sarà inferiore, poiché è stato mantenuto il principio del doppio conteggio per i biocarburanti avanzati; addirittura, nel caso di utilizzo di energia elettrica prodotta da fonte rinnovabile è previsto che questa venga conteggiata quattro volte se usata negli autoveicoli e 3,5 volte se usata nel trasporto ferroviario.
Gli Stati membri dovranno indicare come raggiungeranno questo obiettivo per il periodo 2021-2030 nei loro Piani d’Azione Energia-Clima da sottoporre alla Commissione. Del piano italiano non si sa ancora nulla; tuttavia, almeno fino al 2022, grazie al decreto interministeriale del 2 marzo 2018 sono già stati ridefiniti gli obblighi totali e quelli per i biocarburanti avanzati (da 0,6% nel 2018 a 1,85% nel 2022), suddivisi tra biometano avanzato (75%) e gli altri biocarburanti avanzati (25%).
In Italia più che altrove, in ragione della possibilità di miscelare il biometano, non andrebbero poi sottovalutate le potenzialità dei veicoli alimentati a gas naturale. Un’operazione che comporta benefici in termini di riduzione delle emissioni di CO₂ che si aggirerebbe intorno alle 8-12 tonnellate annue (ossia dal 2,5 al 3,8% delle attuali emissioni italiane totali di CO₂).
Una stima che può essere rivista al rialzo qualora venisse aumentata la percentuale di raccolta differenziata (oggi pari al 50% a livello nazionale) da cui si ricava il biometano, e che potrebbe portarne in rete ulteriori 2 miliardi di mc l’anno, per un totale di 6 miliardi di mc complessivi. Così facendo, si arriverebbe a coprire tra il 6 e il 9% del gas naturale consumato oggi in Italia, un valore non certo trascurabile.
In Italia, a fine 2017, gli impianti operativi a biogas erano 1.920, di cui 1.460 nel settore agricolo e 460 nel settore rifiuti e fanghi di depurazione, per una potenza complessiva di 1.400 MWe, di cui poco meno di 1.000 nel comparto agricolo. Una potenza che colloca l’Italia al quarto posto a livello mondiale dopo Germania, Cina e Stati Uniti.
L’adozione del Decreto Ministeriale del 2 marzo 2018 ha, peraltro, coinciso con la definitiva approvazione del nuovo pacchetto di direttive europee sull'economia circolare, che pone tra gli altri l'obbligo, a livello europeo, della raccolta separata dell'organico. Un cerchio, quindi, che – mai come in questo caso – andrebbe a chiudersi. La produzione di biogas e di biometano rappresentano infatti una soluzione tecnologica legata strettamente al ciclo dei rifiuti (FORSU) e al concetto stesso di economia circolare che, nonostante la consolidata tradizione industriale italiana, fino ad oggi ha sempre trovato difficoltà a svilupparsi anche a causa delle incertezze normative, regolatorie e legislative.
La possibilità di immissione nella rete gas del biometano, al posto di produrre energia elettrica in loco, ridurrebbe di molto impatti ed esternalità negative sovente imputati agli impianti proprio in ragione del processo di combustione.
Siamo quindi di fronte ad un'ottima opportunità tanto per il settore agricolo quanto per il composito mondo del ciclo dei rifiuti che cerca, con una discreta fatica, di valorizzare la frazione organica del rifiuto. Così come andrebbe maggiormente rimarcata, più in generale, l’importanza dei biocarburanti, o meglio della tendenza, spinta non solo dalla normativa, dei carburanti a diventare sempre più bio.
Oggi in Italia tra, automobili, motocicli, veicoli per il trasporto merci, autobus, veicoli speciali, circolano più di cinquanta milioni di mezzi mossi da motori a combustione interna. Immaginare di sostituirli tutti, o anche solo la metà, in pochi decenni, sia per la vita media ultra decennale che li caratterizza sia per l’ancora sparuta offerta di alternative, sarebbe semplicemente folle.
Così come sarebbe poco lungimirante rinunciare – in vista di una soluzione definitiva – all’attuale concorrenza tra tecnologie e carburanti. Le automobili alimentate a gas naturale, ad esempio, nonostante le flessioni degli ultimi mesi, dovute anche all’esaurimento dell’offerta di vettura, segnano una crescita di oltre il 20% nei primi undici mesi del 2018 (a fronte di una flessione delle vendite totali del 3,6%). Il fatto che già dal prossimo anno potranno utilizzare (e finanziare insieme alle altre alimentazioni) una percentuale crescente di biometano non è cosa da poco e dovrebbe fare scuola nel resto d’Europa.