Oggi l’industria petrolifera si interroga sul suo futuro in un mondo in profonda trasformazione dove, in ogni caso, il petrolio rappresenterà ancora per diversi decenni la fonte di energia principale, soprattutto nel settore dei trasporti.

La sfida ambientale impone inevitabilmente un adeguamento delle strutture produttive ai nuovi vincoli normativi decisi a livello comunitario e ai nuovi scenari dei mercati internazionali, in cui gli operatori extra-Ue continuano a godere di un indubbio vantaggio competitivo.

Le difficoltà strutturali che hanno caratterizzato finora la raffinazione nazionale ed europea sono infatti attribuibili a diversi fattori: calo dei consumi, concorrenza distorta da parte delle raffinerie extra UE (che beneficiano di incentivi, di ridotti oneri ambientali e sociali e di più bassi costi dell’energia e del greggio), costo crescente della legislazione UE.

Il fitness check concluso un paio di anni fa dalla Commissione europea aveva già evidenziato come la legislazione in essere avesse causato una perdita di competitività stimata di 0,5 doll/bbl per il periodo 2000-2012, pari cioè al 25% del margine industriale. Lo studio realizzato in quel periodo da IHS evidenziava altresì, in prospettiva 2020, un significativo e necessario aumento degli investimenti e dei costi per le raffinerie italiane, stimato tra 2,5-3 miliardi di euro in nuovi impianti per l’abbattimento delle emissioni e in riconversione del processo produttivo. Inoltre, costi operativi aggiuntivi attribuibili alla legislazione in preparazione erano stimati intorno ai 4 miliardi di euro.

Negli ultimi 10 anni l’industria ha molto investito per ridurre l’impatto ambientale delle proprie attività, al punto da riuscire ad abbattere drasticamente, sino al 90%, le emissioni dei principali inquinanti (SO2, NOx, PST, COV) nei processi produttivi, con un netto miglioramento della qualità dei prodotti che, a loro volta, hanno permesso l’adozione di nuove tecnologie motoristiche sempre meno impattanti ambientalmente. 

Qualità dei fuel

Emissioni nei processi

 

 

Elaborazioni su dati Ispra

Lo sforzo dell’industria petrolifera, nonché il suo successo, è stato infatti quello di riuscire a formulare nuovi prodotti, sia carburanti che lubrificanti, di altissima qualità ambientale senza dover rinunciare alle caratteristiche prestazionali richieste dai nuovi motori per qualunque impiego.

Uno sforzo in innovazione che non si ferma e che, anzi, dovrà essere intensificato in vista delle prossime scadenze poste dalle nuove Direttive europee (mobility package, ETS, riduzione emissioni inquinanti ed odorigene in atmosfera, crisi del diesel, riduzione dello zolfo nel bunker per le navi, solo per citare quelle più rilevanti) volte ad un ulteriore contenimento delle emissioni del sistema della raffinazione, per il quale serviranno diversi miliardi di euro di nuovi investimenti sia per continuare ad operare e garantire l’approvvigionamento dei prodotti necessari alla mobilità di merci e persone, sia per mantenere ai massimi livelli gli standard ambientali e di sicurezza.

Oggi la ricerca è sempre più orientata verso lo studio di soluzioni che permettano di formulare benzine e gasoli di qualità ancora migliore, in grado di ridurre sensibilmente, fino a livelli prossimi allo zero, le attuali emissioni di gas serra anche ricorrendo alla cattura e sequestro della CO2. Altri parametri su cui si cercherà di intervenire sono poi quelli della riformulazione di benzine ad elevato contenuto di ossigenati all'interno delle specifiche EN228 esistenti e dell’aumento del numero di ottano che apre ad importanti miglioramenti dell'efficienza dei motori. Con benzine con numero di ottano superiore a 100, ad esempio, sarà possibile progettare motori di dimensioni più ridotte e con rapporti di compressione più elevati che conducono ad un aumento dell’efficienza complessiva.

C’è poi il capitolo biocarburanti per i quali, a seguito dell’implementazione della nuova disciplina comunitaria (RED II) che ha portato al 14% il target minimo di energie rinnovabili nel trasporto, serviranno consistenti investimenti per rendere compatibili i prodotti petroliferi raffinati con tali livelli di miscelazione affinché le motorizzazioni esistenti nel parco circolante, ma soprattutto quelle di nuova e più avanzata tecnologia, non ne risentano sotto il profilo prestazionale e ambientale.

In questo contesto l’HVO (Hydrotreated Vegetable Oil), un tipo di biocarburante che si ottiene dall'idrotrattamento di diversi tipi di oli vegetali, oli usati o residui e grassi animali, rappresenta un prodotto in grado di contribuire sensibilmente alla decarbonizzazione dei trasporti.  L’HVO, per la sua natura essenzialmente paraffinica e iso-paraffinica, può infatti sostituire il diesel senza alcuna modifica né al sistema logistico e distributivo né alla taratura dei motori e, quindi, risulta immediatamente utilizzabile su tutto il parco auto attualmente in circolazione. Ci sono già processi sviluppati in questa direzione da diverse compagnie petrolifere, tutti basati sul know-how della raffinazione del petrolio, che trovano ampia giustificazione sia sotto il profilo tecnico che economico.

Altra tematica di sicuro impatto sui programmi delle raffinerie è poi quella legata alla scadenza del 1° gennaio 2020, data in cui a livello mondiale tutti i combustibili impiegati nelle navi, il cosiddetto bunker oggi costituito essenzialmente da olio combustibile con tenore di zolfo al 3,5%, dovranno essere obbligatoriamente allo 0,5%, in pratica un distillato vicino al gasolio. L’impatto del nuovo limite si ripercuoterà sull’intero sistema di raffinazione mondiale che, per renderlo disponibile nei volumi richiesti nelle diverse aree del mondo, necessiterà di ulteriori adeguamenti impiantistici sotto il profilo della formulazione del prodotto.

Un insieme di azioni – quello descritto - che può dare un contributo essenziale alla transizione in atto e che, oggi come ieri, possono contare su un patrimonio di competenze tecnologiche e professionali accumulate nel corso degli anni. Competenze in grado di proporre soluzioni innovative e all’avanguardia che sarebbe il caso di non disperdere e che, anzi, andrebbero viste come una risorsa per traguardare gli obiettivi ambientali e non certo come un ostacolo.

È perciò indispensabile assicurare un quadro normativo che non penalizzi l’attuazione degli investimenti già programmati nella raffinazione, assolutamente strategici per mantenere attive realtà industriali in assenza delle quali ci sarebbe un impatto significativo in termini sociali ed economici, penalizzando filiere nazionali di eccellenza il cui contributo al momento nessun altro è in grado di fornire.