Il messaggio conclusivo che emerge dopo aver ascoltato le diverse e interessanti presentazioni di questa giornata è che abbiamo bisogno di serietà: nel dibattito pubblico, nella definizione degli investimenti, nell’elaborazione di efficaci politiche industriali. In questo paese, fare le cose seriamente non è sempre stato facile, come dimostrano le scelte compiute riguardo importanti tematiche energetiche. Un caso per tutti. Siamo stati capaci di realizzare imponenti investimenti nel fotovoltaico (e va bene), ma con strumenti che si sono rivelati controproducenti: avvalendoci degli incentivi più alti al mondo ed erogati in brevissimo tempo, non abbiamo potuto sfruttare le economie di apprendimento - riduzioni regolari e prevedibili dei costi medi unitari del prodotto che si verificano a seguito dell'aumento del volume produttivo - e ora ci ritroviamo con impianti mediamente datati, costati tanto e non più competitivi. Tutto questo ai danni dei consumatori finali - quindi di noi tutti - costretti a fare i conti con un enorme peso in bolletta che bisognerà pagare ancora per i prossimi 10-15 anni.

Ma dalla storia bisogna trarre insegnamento. Pertanto, sul tema trasporti, dobbiamo stare attenti a non commettere gli stessi errori. Quando si ragiona sulla mobilità elettrica lo si fa partendo dalla finalità principale per la quale è stata pensata, essenzialmente legata ad obiettivi di sostenibilità ambientale, e quindi la prima cosa da fare è assicurarsi che l’energia elettrica necessaria ad alimentare il parco circolante sia prodotta in maniera sostenibile. In secondo luogo, occorre analizzare la tecnologia disponibile e valutarne pregi e difetti, come fanno puntualmente gli ingegneri dell’Enea. La questione dello storage, ad esempio, è dirimente per la commercializzazione su larga scala dei veicoli elettrici ma, nonostante i grandi progressi compiuti e la conseguente riduzione dei costi, bisogna ammettere che rispetto ad altre tecnologie della mobilità elettrica siamo ancora molto indietro: ci sono il tema dello smaltimento delle batterie e il relativo costo che, in questo momento di giusta fase di ricerca, tende ad aumentare, proprio perché si stanno sperimentando tecnologie diverse e quindi non si raggiunge la massa critica necessaria. Poi c’è lo sviluppo dei sistemi di ricarica ultrarapida, pregiudiziale per la diffusione della mobilità elettrica fuori dalle città, affinché le caratteristiche di quest’ultima siano omologabili a quelle della mobilità tradizionale. Infatti, mentre sarà più facile rispondere alle esigenze della mobilità su brevi tratti tipici dei centri urbani, si farà più fatica a sviluppare batterie e sistemi di ricarica in grado di supportare le lunghe distanze. Ma la ricarica ultrarapida (tanta energia in poco tempo) può accentuare altri problemi: per esempio l’Enea sta lavorando con il Corpo dei Vigili del Fuoco su una ricerca relativa ai sistemi di accumulo elettrochimici per evitare, come è successo in alcuni casi, che si sovraccarichino e brucino. Problemi di questo genere esistono e non vanno sottaciuti, perché tutto questo sarebbe disastroso ai fini di proseguire nella direzione in cui bisogna certamente andare, in cui l’elettrico avrà un ruolo centrale. Per questo, occorre rafforzare il coordinamento con chi definisce le politiche pubbliche, risolvere le questioni ancora aperte con la tecnologia opportuna e compiere passi avanti verso lo sviluppo di una mobilità realmente sostenibile.

Oltre alla tecnologia, l’altro importante aspetto da considerare sono i costi. Gli investimenti nella rete elettrica sono una variabile imprescindibile nello sviluppo delle auto elettriche e Terna ha un piano molto ambizioso. Ma in molte delle nostre città, che spesso sono storiche, senza un effettivo rafforzamento anche del sistema di distribuzione dell’energia elettrica, il sistema non può reggere.

Tuttavia, occorre fare delle precisazioni: è corretto dire che bisogna investire nelle reti di distribuzione, ma è sbagliato pensare che gli investimenti saranno fatti a carico delle utility che operano nel settore. Un gestore del servizio pubblico ha un rendimento sugli investimenti che realizza e che gli viene riconosciuto dall’Autorità mentre il loro costo è riversato in bolletta e quindi ricade sulla collettività.

Considerando, quindi, che gli investimenti nelle reti sono fondamentali e che siamo noi a pagarne il costo, bisogna fare un ragionamento serio sulla strada da seguire. Cosa fare degli asset esistenti (come le reti di distribuzione del gas) che continuiamo a pagare in bolletta? Se si decide per un totale switch verso il vettore elettrico, bisogna sapere che in bolletta troveremo sia gli investimenti già fatti – e che dobbiamo continuare a pagare in ogni caso – sia quelli che saranno realizzati per supportare il nuovo paradigma a cui si ambisce.

Risulta quindi più che mai necessario intraprendere un percorso razionale ed equilibrato, diretto sia a valorizzare gli investimenti in essere - che tutti abbiamo contribuito a pagare – sia a orientare l’attenzione verso i nuovi sviluppi tecnologici, tenendo conto di tutto lo spettro delle possibilità che ci sono (e quindi anche biocarburanti, GNL, metano, biometano), con un processo di valutazione attento basato sui numeri (analisi costi-benefici) e non sulle mode.

Per concludere, ribadisco quanto detto dal Presidente di Assopetroli-Assoenergia: puntiamo a fare sostenibilità vera, quella che coniuga esigenze ambientali ed economiche, in grado di orientare le politiche industriali di questo paese verso ragionamenti seri e realmente efficaci, investendo sulla conoscenza e sulle tecnologie, nella convinzione che la sostenibilità può essere anche un importante motore di rilancio dell’economia.

Il presente contributo è stato elaborato per la 69° Assemblea Assopetroli-Assoenergia, tenutasi giovedì 21 giugno 2018.