Per parafrasare Roberto Benigni in “Johnny Stecchino”, Roma ha una piaga terribile: il traffico. Tutti i sindaci che sono saliti al Campidoglio si sono trovati alle prese con la congestione delle strade della Capitale, disegnate per accogliere bighe e lettighe, ma un po’ meno adatte a pullman e tir. Tra divieti alla circolazione e domeniche ecologiche, la Sindaca Raggi, però, si è sforzata di superare in ambizione tutti i suoi predecessori.

Lo scorso febbraio, infatti, dal palcoscenico del C40 Women for Climate a Città del Messico, seguendo la scia della collega parigina Anne Hidalgo, ha annunciato che dal 2024 il centro di Roma sarà interdetto ai veicoli privati a diesel. Nulla di particolarmente innovativo, si dirà. Però questo annuncio qualche perplessità la solleva, anche perché la sindaca ha invocato la misura come funzionale a combattere i cambiamenti climatici – causa, a suo dire, delle nevi romane e delle siccità estive – senza considerare che proprio le motorizzazioni diesel hanno basse emissioni di gas climalteranti.

La massiva diffusione del gasolio per autotrazione nell’UE, infatti, è frutto della consolidata politica ambientale europea, da sempre orientata a contrastare il riscaldamento globale. Il diesel presenta livelli emissivi di COpiù contenuti della benzina a fronte, tuttavia, di maggiori emissioni di NOx e particolato, due inquinanti atmosferici locali.

A seguito dello scandalo Dieselgate le cose stanno cambiando e, dopo la CO2, anche gli ossidi di azoto e i particolati sono finiti sotto i riflettori. Parigi ha annunciato per prima il divieto di circolazione per i veicoli diesel dal 2025, seguita anche da Copenaghen, Stoccolma e Oslo e ora, forse, Roma. In Germania è intervenuta la Corte amministrativa federale di Lipsia che lo scorso febbraio si è espressa a favore di una maggiore autonomia delle città in materia di divieti di circolazione delle auto a gasolio. Una vera novità per la patria dell’automotive europeo, che va però guardata con la lente di ingrandimento perché, come sempre, “non tutto è oro quel che luccica”.

E in effetti, in Germania, pragmatismo e razionalità non hanno vacillato al cospetto dell’emotività. È vero che da oggi in poi sarà possibile attuare blocchi del traffico per i veicoli diesel, ma ciò potrà avvenire solo rispettando un principio di gradualità nell’imposizione dei limiti che tenga conto dei progressi tecnologici (le auto Euro5 saranno vietate solo dal 2019 e i veicoli Euro6 solo ove sarà commercializzato un nuovo standard di categoria superiore) e possibilmente salvaguardando le esigenze di mobilità di lavoratori e residenti nelle aree urbane. Infine, dovrà essere prevista contestualmente l’adozione di iniziative di policy per ridurre le emissioni.

Insomma, divieti sì, ma senza alimentare una contrapposizione ambiente e industria che non ha ragion d’essere, e che oltre tutto rischia di avere effetti sproporzionati sui ceti sociali più deboli, che non possono permettersi di cambiare l’auto ogni pochi anni o di acquistare costosi veicoli a zero emissioni (allo scarico).

In assenza di maggiori dettagli, l’iniziativa del Campidoglio sembra essere assai diversa. Il divieto parrebbe riguardare tutte le auto diesel senza distinzione tra vecchie e nuove, ignorando così gli sforzi compiuti dalle case automobilistiche in questi anni per ridurre le emissioni ed essere compliant con la sempre più stringente regolamentazione europea. Se il divieto divenisse realtà, inoltre, esso finirebbe per colpire direttamente il diritto di circolazione dei cittadini romani che di regola usano l’auto per raggiungere il posto di lavoro, costringendoli a trovare soluzioni alternative o a sostituire l’auto.

Inoltre, un eventuale divieto del diesel non terrebbe conto di uno dei principi cardine della politica ambientale e della competition policy europee: la neutralità tecnologica. L’obiettivo non dovrebbe essere quello di promuovere (o condannare) specifiche tecnologie, ma di favorire una gara virtuosa verso la riduzione degli impatti ambientali. La creatività del mercato può insomma offrire una risposta plurale e più efficace rispetto al catechismo della burocrazia.

La neutralità tecnologica non è solo un’aspirazione teorica, ma trova fondamento nei dati. Con un parco circolante nazionale composto per oltre il 45% da autovetture di categoria da Euro0 a Euro4 su un totale di più 37 milioni e con una età media per vettura di 10 anni, va posto come prioritario l’obiettivo di sostituire le tecnologie vecchie con quelle nuove, siano essere benzina, diesel, GPL, metano, elettriche o ibride. Un veicolo Euro6, per esempio, ha emissioni di NOx del 98% inferiori a quelle di un mezzo di qualche decennio fa.

Così facendo, peraltro, si tutela il consumatore e la sua libertà di scegliere l’offerta tecnologica più soddisfacente, in grado di massimizzare il ritorno in termini di costi-benefici (inclusi i benefici ambientali), ben sapendo che chi guida lo fa impugnando il volante ma non dimentica il portafoglio. Che Roma introduca o meno un divieto ai diesel non è un fatto secondario, soprattutto se ciò accade in una fase di rapida innovazione, che sta dando importanti risultati di contenimento degli impatti ambientali.