In Italia l'inquinamento atmosferico costituisce ancora un problema, con superamenti dei limiti di legge frequenti e conseguenti rischi per la salute della popolazione esposta. L'utilizzo di modelli previsionali sulla qualità dell'aria è quindi fondamentale per informare i cittadini, aiutare gli amministratori a definire piani adeguati e permettere alla comunità scientifica di approfondire le relazioni sanitarie a breve termine. Qual è la proposta di ENEA?
Il problema dell’inquinamento, soprattutto urbano, è fra i più sfidanti per i decisori politici anche perché investe il tema della salute, le policy di trasporto pubblico, la mobilità, la viabilità, le scelte comportamenti dei singoli, gli investimenti delle amministrazioni locali e molto altro ancora. La comunità scientifica può contribuire in misura anche rilevante offrendo analisi, scenari e strumenti tecnologicamente avanzati che però non possono da soli sciogliere i nodi aperti. Più che di proposta ENEA, quindi, parlerei di un insieme di strumenti, integrabili fra loro, che investono i diversi campi di intervento. A livello previsionale, ad esempio, abbiamo realizzato il Modello Integrato Nazionale per l’Inquinamento atmosferico (MINNI) che consente di stimare l’impatto delle emissioni nei diversi settori - dall’energia, ai trasporti, all’agricoltura - ma anche le possibili tecnologie e i costi, in una più ampia visione prospettica e in relazione agli scenari al 2020 e ben oltre. La novità di questo modello previsionale è che consente ai policy maker di tener conto anche di variabili ‘esterne’, quali ad esempio i protocolli internazionali, le politiche regionali e nazionali e le variazioni climatiche attese.
Perché sono importanti gli strumenti di previsione?
Perché aiutano a comprendere gli impatti sanitari, l’evoluzione dei fenomeni, l’efficacia e l’estensione temporale di eventuali misure di contenimento delle emissioni come i blocchi del traffico o la riduzione delle temperature nelle abitazioni. Faccio un esempio: FORAIR_IT, il modello previsionale di ultima generazione che abbiamo presentato al Ministro Galletti a Ecomondo, consente di anticipare di qualche giorno le concentrazioni di emissioni sul territorio nazionale, ma anche a livello di singoli comuni con una capacità di dettaglio molto elevata. FORAIR_IT può essere messo in relazione con la densità e le caratteristiche della popolazione e fornire nell’immediato un’indicazione dei tempi di esposizione e del rischio di insorgenza di patologie - per lo più polmonari o circolatorie - dovute ad alte concentrazioni di inquinanti, con particolare riferimento al particolato fine.
Come ogni inverno ritorna il mantra legato allo smog cittadino: traffico e automobili sono sul banco degli imputati. Eppure le case automobilistiche rivendicano i miglioramenti tecnologici apportati sui motori a combustione interna e un recente studio del centro Ricardo mostra come al 2030 PM e NOx saranno solo in minima parte causati dalle auto. La responsabilità delle auto sull’inquinamento dell’aria delle città italiane è quindi l’ennesimo mito da sfatare? Può aiutarci a fare un po’ di chiarezza?
Dagli anni ‘90 le emissioni da traffico sono diminuite in misura rilevante, ma nonostante i miglioramenti lo smog cittadino e le relative emergenze restano, appunto, uno dei mantra dei nostri inverni. Da qui la necessità di politiche strutturali, di lungo respiro per promuovere modalità più sostenibili nel trasporto merci, l’uso dei mezzi pubblici, l’incremento della mobilità elettrica anche nella distribuzione commerciale, almeno per il cosiddetto ‘ultimo miglio’. Tutto questo è importante, così come lo è sviluppare tecnologie innovative nel settore dei trasporti, ma non basta per migliorare le problematiche di congestione: quel che serve è un vero shift modale verso il trasporto pubblico e la bicicletta anche tenendo conto che il 64% della domanda di trasporto passeggeri è limitata a distanze inferiori a 10 km.
Per fare chiarezza, dobbiamo anche sfatare mantra come ‘veicoli = inquinamento’, quando sappiamo che molta parte delle concentrazioni di particolato sono causate da trasformazioni di sostanze emesse anche in luoghi remoti e non cessano automaticamente ed immediatamente riducendo una sorgente. E come dimostrano numerosi studi fra i quali anche un recente report dell’ENEA, il riscaldamento, soprattutto se con tecnologie non efficienti ha un ruolo affatto secondario nella produzione di particolati nocivi. Infine, anche il miglioramento dell’efficienza energetica del parco edilizio può dare un contributo rilevante alla riduzione dei consumi e delle emissioni inquinanti. Su questo fronte stiamo lavorando al fianco delle amministrazioni locali ad esempio con l’area metropolitana di Milano.
"La recente proposta della Commissione Europea contenuta nel “Mobility Package” pone obiettivi molto ambiziosi in termini di emissioni da trasporto su strada (-30% entro il 2030 rispetto ai target già fissati per il 2021) favorendo implicitamente la mobilità elettrica a discapito delle alimentazioni alternative (GPL, metano, GNL) e delle tecnologie legate ai combustibili tradizionali. È a rischio la neutralità tecnologica?
"Neutralità tecnologica" significa "vinca il migliore, a parità di spesa": in pratica, si adotta la soluzione che, a parità di investimento totale, garantisce il miglior rapporto costi/benefici. Gli obblighi di riduzione delle emissioni inquinanti al 2030 sono certamente alti, quindi la sfida tecnologica per il sistema-paese è impegnativa: dovremo raccoglierla avendo la capacità di costruire un percorso che valorizzi al meglio le competenze esistenti e consenta di "tenere insieme" gli aspetti tecnologici, ambientali e di copertura economica degli investimenti.
I tempi sono davvero maturi per una transizione verso il vettore elettrico?
Si, ma a condizione di evitare guerre di religione. E di assicurare una transizione graduale verso le nuove tecnologie.
Gli eventuali costi saranno sostenibili per le classi meno abbienti?
E’ un tema fondamentale. Su questo non ci sono dubbi.