Lo sfruttamento energetico delle biomasse è attuato in diverse forme. Tra queste, la produzione di energia elettrica sul posto a partire da biogas prodotto dalla digestione anaerobica ha assunto un ruolo di primo piano. Secondo recenti dati di Terna, la potenza efficiente lorda alimentata a biogas nel 2016 in Italia è stata pari a 1.424 MWel (8.258 GWh annui generati), valore che colloca il nostro Paese al secondo posto in Europa, alle spalle della Germania.
L’ultimo Rapporto Statistico della European Biogas Association (EBA) sottolinea come il principale contributo alla capacità elettrica installata sia dato dagli impianti agricoli (74%), con taglia media di 700 kWel, alimentati da colture dedicate, deiezioni e scarti, seguiti dagli impianti a gas da discarica (19%), con taglia media di 1,3 MWel. Quote minori derivano da impianti a biogas da fanghi e da altre fonti, come la Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani (FORSU). Il rapporto EBA stima inoltre il fatturato e gli addetti del settore nazionale del biogas in 348 milioni di euro e 3.670 unità, rispettivamente.
La produzione di biometano di purezza idoneo all’immissione in rete o all’utilizzo in autotrazione, rappresenta la naturale evoluzione di questo settore. Il potenziale nazionale è importante: stime recenti lo valutano in 8 miliardi di mc/anno (mld mc/a) di biometano a partire dalla disponibilità di colture dedicate, scarti agricoli e dell’industria alimentare, deiezioni animali, FORSU e fanghi. Una più prudente stima RSE, che fa riferimento alla sola disponibilità attuale di scarti, FORSU e fanghi, è di circa 4 mld mc/anno. Si tratta in ogni caso di quantitativi ben superiori all’attuale consumo di gas naturale nel settore dei trasporti, pari a circa 1 mld mc/a, che potrebbero quindi favorire un importante incremento della quota di biocarburanti.
Il DM 5 dicembre 2013 ha aperto la strada alla produzione di questo vettore energetico merceologicamente equiparabile al gas naturale, regolandone l’incentivazione in relazione alla sua destinazione d’uso (trasporti, impianti di cogenerazione ad alto rendimento ed immissione in rete senza destinazione specifica), ma senza ottenere finora i risultati auspicati in termini di impianti realizzati. In Italia si contano ad oggi solo otto impianti di upgrading, la maggior parte dei quali dimostrativi, con una capacità produttiva di 50‐100 mc/h di biometano e non collegati alla rete del gas.
Sulla base del vigente schema di incentivazione, come risulta dalle analisi pubblicate lo scorso anno da RSE e Regione Lombardia, solo l’opzione di utilizzo di FORSU combinata con l’utilizzo del biometano nei trasporti appare al momento appetibile in termini di tempo di ritorno degli investimenti. Grazie ai ricavi legati al conferimento, infatti, l’alimentazione a FORSU dei digestori costituisce un “costo negativo”, a fronte dei costi sempre presenti per l’approvvigionamento delle biomasse agricole. Una delle criticità del DM 5 dicembre 2013 è rappresentata dalle fluttuazioni di mercato dei Certificati di Immissione al Consumo (CIC), con i quali sono incentivati i produttori che destinano il biometano all’autotrazione: ciò rende di fatto non bancabile l’investimento. La riconversione di impianti esistenti a biogas, incentivati tramite le tariffe elettriche, risulta inoltre poco attraente, e la data di scadenza degli incentivi (dicembre 2018) è ormai troppo vicina per consentire lo sviluppo di un adeguato numero di progetti.
Per questi motivi solo le aziende che trattano rifiuti urbani hanno finora pianificato investimenti su nuovi impianti di produzione di biogas e upgrading a biometano di taglia significativa: nel giugno di quest’anno è iniziata l’immissione in rete da parte dell’impianto della Montello SpA, che una volta completato potrà immettere in rete fino a 3.750 mc/h di biometano, mentre Herambiente SpA ha in costruzione a S. Agata Bolognese un impianto da circa 900 mc/h di biometano.
Il decreto DM 5 dicembre 2013 ha nondimeno avuto il merito di stimolare lo sviluppo del necessario quadro tecnico, normativo e regolatorio per l’immissione in rete del biometano. Sono state pubblicate le procedure applicative del GSE ed aggiornati i codici di rete con delibere AEEGSI. Nel 2016 sono state pubblicate le norme che indicano i requisiti di qualità per l’immissione in rete, le modalità di misurazione della qualità del biometano e le procedure da seguire per garantirne l’odorizzabilità. Più recentemente sono state pubblicate il rapporto tecnico CUNA e la norma europea con i requisiti di qualità del biometano e del gas naturale per autotrazione. E’ inoltre in fase avanzata il progetto di un nuovo Rapporto Tecnico - “Linee guida per la predisposizione dell’analisi di rischio per produttori di biometano da biomassa” - che ha lo scopo di fornire un ulteriore strumento di supporto ai produttori per garantire la conformità del gas.
Il MiSE ha nel frattempo predisposto un nuovo decreto biometano, sottoposto nell’estate 2017 all’esame della Commissione Europea per le necessarie verifiche sul rispetto delle linee guida UE in materia di aiuti di Stato. Il nuovo decreto introdurrà una serie di novità essenziali ai fini dello sviluppo del settore. Tra le principali vi è il ritiro a prezzo prefissato, da parte del GSE, del biometano avanzato (il biometano ottenuto a partire dalle materie elencate nella parte A dell’allegato 3 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 ottobre 2014 e successive modifiche) e dei CIC. Al produttore verrà riconosciuto il valore dei corrispondenti CIC, incluse le eventuali maggiorazioni, per un importo pari a 375 euro a certificato: questo elemento dovrebbe garantire la bancabilità degli investimenti nel settore. Un altro punto interessante riguarda la riconversione degli impianti esistenti, per i quali il nuovo decreto prevede che gli incentivi siano riconosciuti in misura pari al 100% degli incentivi spettanti all'analogo nuovo impianto. Nel caso di impianti di produzione di energia elettrica da biogas esistenti che beneficino già di incentivi sull’energia prodotta, tale incentivo continuerà ad applicarsi, parallelamente a quello sul biometano, fino a un valore non superiore al 70% della produzione annua media incentivata prima della riconversione per l’intero periodo residuo di diritto.
La pubblicazione del nuovo decreto dovrebbe essere decisiva per lo sviluppo di questo vettore a basse emissioni sul ciclo di vita e in grado di aggiungere flessibilità al sistema energetico nazionale, svolgendo un ruolo di “cerniera” tra il sistema elettrico e quello del gas. L’attuale produzione elettrica da biogas non può essere definita una fonte programmabile e flessibile: i margini di modulazione dei digestori sono modesti e l’elasticità, che tecnicamente può essere ottenuta mediante lo stoccaggio del biogas, è vanificata dalle regole in vigore, che non consentono picchi di potenza nemmeno per brevi periodi, pena la perdita dell’incentivo. L’immissione di biometano nella rete del gas naturale o nei distributori stradali è meno soggetta a vincoli temporali rigidi e nell’auspicata ipotesi in cui si realizzino impianti di co-produzione flessibile di elettricità (+calore) e biometano, si otterrebbe una generazione elettrica ampiamente e rapidamente modulabile, che potrebbe fornire servizi di riserva e bilanciamento al sistema elettrico.