Una possibile soluzione per far fronte alla sempre crescente domanda idrica e al deterioramento quali-quantitativo delle tradizionali fonti di approvvigionamento - oltre/dopo/insieme aver messo in campo azioni di aumento dell’efficienza distributiva e di contenimento della domanda - è quella di ampliare l’offerta idrica facendo ricorso a fonti “non convenzionali” quali quelle connesse al riuso e alla dissalazione. Del resto, mari e oceani rappresentano la principale riserva di acqua nel globo e, negli ultimi anni, la possibilità di accedervi è significativamente aumentata in ragione dell’evoluzione nei processi tecnologici connessi e delle accresciute complessità ambientali nel reperire nuove fonti di approvvigionamento idrico.

Nel giugno 2015, l’International Desalination Association ha stimato in circa 18.500 gli impianti di desalinizzazione esistenti, distribuiti in oltre 150 Paesi, con una capacità di produzione complessiva di acqua dolce pari a 90 milioni m3/g. Oggi, gli impianti di dissalazione esistenti sono in grado di soddisfare le esigenze quotidiane di più di 300 milioni di persone e di coprire l’1% del fabbisogno idrico potabile globale, rappresentando la fonte idrica più importante in molti contesti geografici. 

Primi 10 Paesi per capacità di dissalazione installata al 2014

Fonte: Water Desalination Report – DesalData.com

Nel nostro paese sono presenti impianti di dissalazione nelle isole maggiori e in alcune piccole isole (Giglio, Lampedusa, Eolie) con una produzione di acqua dissalata, secondo i dati ISTAT rielaborati da Watec Italy 2017, pari allo 0,1% del prelievo complessivo di acqua dolce del Paese (13,6 mil. di m3 su un totale annuo stimato di 9.100). Nel dettaglio, la dissalazione per uso potabile avviene solo in due distretti idrografici: quello siciliano, dove viene dissalata acqua per 12,6 mil. di m3 (il 92,5% del totale) e quello dell’Appennino Settentrionale nel quale ricadono Toscana, Umbria e Liguria.

La dissalazione rappresenta un asset importante dell’economia globale e del mercato dell’acqua in particolare; la capacità di dissalazione a livello mondiale da tempo segue un trend di crescita esponenziale, tanto che si stima che la produzione di acqua dolce con impianti di dissalazione possa raddoppiare entro il 2030. Infatti, con un investimento globale annuo di circa 10 miliardi di dollari, la dissalazione si configura come una delle principali categorie di investimento all’interno del water market.

Trend e prospettive (2011-2018) di ripartizione degli investimenti all’interno del water market 

Fonte: Global Water Intelligence, Global Water Market 2014.

Le tecnologie di dissalazione possono riassumersi in due categorie: quelle basate sui processi termici di dissalazione (Thermally driven process), in cui la dissalazione viene ottenuta mediante evaporazione dell'acqua e successivo recupero per condensazione, cui si possono associare 3 principali tecnologie di impianto: il multi-stage flash (MSF), il multi effect distillation (MED) e l’adsorption cycle (AD). La seconda categoria si basa invece sull’osmosi inversa (Reverse Osmosis) per la quale l’acqua viene fatta filtrare, con pressioni maggiori della pressione osmotica, attraverso delle membrane semipermeabili capaci di far passare solamente l'acqua priva di sali. Quest’ultima categoria è attualmente quella maggiormente utilizzata sia per il minore consumo di energia sia per la maggiore flessibilità operativa. Alle tecnologie tradizionali e alle loro ibridazioni, si stanno affiancando sempre più nuove tecnologie attualmente ancora in fase di ricerca e sviluppo.

In Italia, benché le ultime realizzazioni facciano riferimento ad impianti basati sull’osmosi inversa, sono storicamente presenti impianti al servizio di grandi poli industriali che usano il processo di distillazione. Fra questi, si ricorda quello di Gela, che - avviato negli anni Sessanta all’interno del polo industriale dell’ENI – ancora oggi fornisce acqua dissalata alla città per uso civile.

Malgrado le grandi potenzialità, occorre tener presente come i costi di produzione di acqua dissalata siano, ancora oggi, di gran lunga più elevati di quelli connessi al prelievo da fonte tradizionale, anche se appaiono in leggera diminuzione grazie al fatto che la tecnologia a processo termico è stata progressivamente sostituta da quella a osmosi inversa, che richiede una minore quantità di energia. Tuttavia, benché le tecnologie abbiano prestazioni in continuo miglioramento, la desalinizzazione resta il processo di trattamento delle acque più energivoro, quantificato in un consumo a livello globale di circa 75,2 TWh/anno, lo 0,4% della produzione elettrica mondiale (UN Water Report, 2014).

Oltre agli aspetti energetici, produrre acqua dissalata origina alcune problematiche di carattere ambientale, principalmente connesse allo smaltimento delle salamoie, le soluzione acquose che residuano dal processo di dissalazione, caratterizzate da una salinità superiore a quella dell’acqua marina. Nella maggior parte dei casi, infatti, il modo più semplice per sbarazzarsene è lo scarico a mare, ma a causa dell’elevata concentrazione di sali contenuti (che può variare dai 50 ai 75 g/l), esse tendono a fluire verso il fondo con possibili impatti negativi sulla flora e sulla fauna, effetti che sono tanto più evidenti se si opera in ambienti marini caratterizzati da scarsa circolazione. A questo problema, nel caso di impianti di dissalazione basati su processi termici, sono anche da aggiungere quelli legati alla temperatura delle acque di scarico che è più elevata di quella del corpo idrico ricettore.

Consumo medio di energia (in kWh/m3) per le varie fasi del ciclo dell’acqua

Fonte: “Water & Sustainability (Volume 4): U.S. Electricity Consumption for Water Supply & Treatment – The Next Half Century”. EPRI (Electric Power Research Institute), 2002

In ragione di ciò, ancor oggi, la sostenibilità ambientale ed economico-gestionale della desalinizzazione non può essere oggettivata, ma valutata caso per caso, nell’ottica di una gestione integrata delle risorse idriche, ma anche e non solo in ragione dell’indissolubile rapporto che esiste tra acqua ed energia.