Nell’ultimo decennio, l’industria del gas è stata interessata da cambiamenti di grande portata, che non hanno precedenti nella storia recente. La shale gas revolution negli Stati Uniti, la crescita del commercio mondiale di GNL e la costruzione di gasdotti e infrastrutture di trasporto stanno trasformando questa fonte fossile in una commodity sempre più globale. Grazie ai progressi tecnologici, gli USA sono riusciti a sfruttare appieno le riserve interne di gas non convenzionale e a modificare profondamente la loro performance produttiva. Le riserve provate, infatti, sono raddoppiate, passando dai 5.800 mld mc del 2005 ai 10.400 del 2015, mentre la produzione è progressivamente aumentata, tanto che nel 2011 hanno superato la Russia come principale produttore di gas.

In questo contesto, la rete infrastrutturale di trasporto del gas gioca un ruolo di primo piano. Con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca, questo comparto potrebbe conoscere una forte accelerazione, data la propensione del nuovo Presidente verso un maggiore sfruttamento delle risorse interne. Ad oggi, i gasdotti in funzione negli USA costituiscono una rete di trasmissione e distribuzione altamente integrata e in grado di trasportare il gas verso e da qualsiasi stato dei Lower 48 (stati continentali). Le infrastrutture gas comprendono:  

  • oltre 210 gasdotti;
  • 305.000 miglia di condotte di trasmissione che attraversano gli stati e che li collegano uno con l’altro;
  • più di 1.400 stazioni di compressione, che mantengono in pressione il gas traportato via gasdotto e che assicurano il regolare flusso nella rete;
  • 24 hub che garantiscono un’ulteriore interconnessione;
  • 400 siti di stoccaggio sotterraneo;
  • 49 punti di accesso in cui il gas può essere importato/esportato via gasdotto;
  • 8 infrastrutture di importazione del GNL.

Come anticipato, è molto probabile che l’Amministrazione Trump autorizzi nuovi progetti di gasdotti che collegano le regioni produttrici – ad esempio la formazione di Bakken in Montana e North Dakota (e che interessa anche parte del Canada) o l’area di Marcellus e Utica – con le principali aree in cui sono concentrate le infrastrutture per l’export di gas verso l’estero. Allo stesso modo, potrebbe fornire incentivi alle compagnie che si occupano della raccolta, processamento e trasporto del gas ai consumatori statunitensi o ai terminali di esportazione.

Di fatto, sono bastate le dichiarazioni del neo Presidente sul rilancio del settore energetico per spingere gli investitori a credere di nuovo nel business delle pipeline USA. Dall’elezione di Trump a fine gennaio, l’indice S&P 5001 per i soli operatori di gasdotti è cresciuto del 7,5% e i progetti di espansione che interessano Utica potrebbero conoscere un’accelerazione, per una capacità addizionale stimata di circa 6,8 mld pc/g entro il 2018. Tra questi:

  • Rover pipeline: progettato per trasportare 3,25 mld pc/g dai bacini shale di Marcellus e Utica verso i mercati chiave;
  • Leach Xpress: si propone di aggiungere capacità di esportazione per circa 1,5 mld pc/g di gas  lungo la rete di trasporto Columbia Pipeline Group;
  • Rayne Xpress: si collega al Leach Xpress, consentendo di trasportare una quantità maggiore (0,6 mld pc/g) di gas dalla rete della Columbia Pipeline verso i mercati e gli impianti di liquefazione sulla costa;
  • Nexus Gas Transmission: con una capacità di trasporto di 1,5 mld pc/g di gas, collegherà il bacino di Utica con i mercati dell’Ohio settentrionale, del Michigan sud orientale, del Chigaco Hub in Illionois e del Dawn Hub in Ontario (Canada);

Gasdotti pianificati nell’area di Utica

 

Fonte: EIA DOE

La volontà politica di Trump di ridefinire la strategia energetica degli USA, oltre ad avere delle implicazioni sulle infrastrutture di trasporto nazionali, potrebbe condizionare i progetti di gasdotti in altre aree del mondo, soprattutto in Europa e in Asia, dove - pur con le dovute differenze regionali - gli Stati Uniti hanno interessi di natura economica e geopolitica.

Innanzitutto, la leadership americana e la cooperazione in ambito NATO condizionano Mosca nella pianificazione di nuovi gasdotti, costringendola ad attuare una strategia del “divide et impera”. La Turchia, membro della Nato, ne è un esempio lampante: nonostante la diatriba scaturita a seguito dell’abbattimento del cacciabombardiere russo nel 2015, Ankara rimane un partner energetico strategico per la Russia, la quale, tuttavia, è ben consapevole di non poter esercitare su di essa un’influenza esclusiva, vista la stretta collaborazione che lega il paese turco agli Stati Uniti. La Turchia, infatti, giocherà un ruolo significativo nella sicurezza energetica dell’Europa e nella stabilità del Medio Oriente, e il passaggio attraverso lo stretto del Bosforo – attualmente negato a causa di criticità legate alla sicurezza e a problemi di eccessivo traffico - costituisce l'unico modo con cui i volumi di GNL americano, e non solo, potrebbero potenzialmente raggiungere le rive dell’Ucraina e altri paesi della regione del Mar Nero.

Gli Stati Uniti potrebbero poi supportare gli stati europei e asiatici vulnerabili da un punto di vista energetico attraverso la condivisione del proprio know-how o finanziando studi di fattibilità per i gasdotti, i siti di stoccaggio o i terminali di GNL. A titolo di esempio, Washington ha finanziato la realizzazione dello studio di fattibilità del terminale di GNL di Klaipeda in Lituania. Infine, potrebbero favorire alleanze strategiche per sviluppare le risorse interne di questi paesi, condividendo competenze, vendendo tecnologie o nel caso di compagnie private, garantendo investimenti.

Concludendo, la capacità degli Stati Uniti di sfruttare a pieno i vantaggi di un mercato globalizzato del gas e della shale revolution, tanto a livello domestico quanto all’estero, dipende dalle correnti politiche interne. Le priorità di politica energetica ed estera del più importante produttore e consumatore di gas al mondo sono quindi nella mani di Trump e del nuovo congresso repubblicano.

1 Indice realizzato da Standard & Poor's nel 1957 e segue l'andamento di un paniere azionario formato dalle 500 aziende statunitensi a maggiore capitalizzazione.