Attualmente, i paesi europei che ospitano centrali nucleari sono 15. Al primo posto si colloca la Francia con 58 reattori, rappresentando circa la metà della capacità nucleare installata in Europa; seguono, ad una certa distanza, il Regno Unito con 15 unità e la Svezia con 10. La produzione dei singoli paesi varia inevitabilmente di anno in anno, specie in funzione dell’età del parco nucleare: man mano che passa il tempo, i reattori richiedono importanti interventi di manutenzione e di upgrade. Non stupisce quindi che nel 2015 si sia registrato un calo produttivo rispetto al 2014, nonostante il numero di reattori attivi sia rimasto pressoché lo stesso.

I reattori esistenti…

Il parco nucleare europeo è datato, con reattori che hanno alle spalle 40 o anche più anni di operatività; data l’assenza di elementi che lascino presagire una loro rapida sostituzione con nuove centrali, le utility puntano ad estendere il più a lungo possibile la vita dei reattori esistenti. La decisione politica della Germania di uscire dal nucleare – quel che ha determinato la chiusura di 9 reattori nel post-Fukushima e l’intenzione di fermare i restanti 8 entro il 2022 – sembra infatti costituire un’eccezione, in quanto nessun altro paese europeo ha deciso di arrestare le centrali prima della fine del loro ciclo di vita.

L’estensione della vita operativa di una centrale nucleare rappresenta una delle sfide più importanti per i regolatori, i quali devono valutare per quanto tempo possono continuare a permettere ai reattori esistenti di operare, considerando che gli standard di sicurezza di questi ultimi sono inevitabilmente meno stringenti rispetto a quelli richiesti ad un nuovo impianto. Le autorità di regolazione sono altresì chiamate a decidere in che misura richiedere interventi di upgrade volti a recepire gli insegnamenti derivanti dalle passate esperienze, Fukushima su tutte, e quanto ancora fidarsi dello stato dei componenti che non sono più facilmente accessibili. In Europa, soltanto la Francia sembra richiedere costosi upgrade quale condizione indispensabile per concedere un’estensione della vita dei reattori che sia compatibile con lo stato dell’arte degli stessi e che integri gli insegnamenti di Fukushima. In diversi paesi, invece, stanno suscitando particolare preoccupazione alcune anomalie tecniche riscontrate nel vessel, il recipiente in pressione che contiene il nocciolo dei reattori; in Belgio, ad esempio, la scoperta nel 2012 di numerosi piccoli difetti di questa componente chiave ha determinato una forte riduzione della produzione di due reattori.

… e quelli in costruzione

In Europa, sono quattro i reattori in costruzione. I progetti più noti, Olkiluoto in Finlandia e Flamanville in Francia, richiedono ancora due anni prima del loro completamento, nonostante i 10 anni di lavoro già accumulati e sempre ammesso che sia ancora possibile portarli a termine. Altri due piccoli reattori, di tecnologia russa, si trovano a Mochovce nella Repubblica Slovacca: i lavori di costruzione sono iniziati nel 1987 e potrebbero entrare in funzione il prossimo anno.

Per i nuovi progetti, la barriera più grande è quella finanziaria. Ne è un chiaro esempio il progetto di Hinkley Point C per la realizzazione di due nuovi reattori nel Regno Unito. Anche in questo caso, la questione del finanziamento costituisce un problema che potrebbe comprometterne le sorti, nonostante gli ingenti sussidi elargiti dal governo inglese, la presenza di EDF - una delle utility più grandi al mondo - alla guida del progetto e la disponibilità degli investitori cinesi a finanziarlo.

Il programma nucleare britannico è il più ambizioso a livello europeo, prevedendo la costruzione di 12 reattori (16 GW) in sei siti diversi che dovrebbero diventare operativi entro il 2030. Tuttavia, date le difficoltà di finanziamento riscontrate per Hinkley, si nutrono seri dubbi sul fatto che i successivi progetti possano essere finanziati e che il governo britannico metta a disposizione gli stessi sussidi anche per gli altri cinque siti. Nel resto d’Europa, la Russia sembra essere interessata ad acquisire un maggior peso mettendo a disposizione capitali e attrezzature. Due nuovi reattori sono stati ordinati in Ungheria (Paks) e uno in Finlandia (Hanhikivi) ma in entrambi i casi l’avvio dei lavori non è previsto prima di almeno due anni. Altri paesi dell’Europa Orientale tra cui Repubblica Ceca, Romania, Polonia e Slovacchia hanno da tempo pianificato la costruzione di nuovi reattori ma non è mai stato emesso alcun ordine per l’impossibilità di ottenere finanziamenti.

Per il futuro, se i paesi europei intenderanno costruire nuovi reattori, dovranno con ogni probabilità guardare ad Est e soprattutto verso Russia, Cina e potenzialmente Corea; tali paesi sostengono di essere in grado di fornire finanziamenti e tecnologie tali da soddisfare i requisiti europei ma restano diversi punti interrogativi sulle loro effettive capacità. Di fatto, nessuno dei loro design è stato rigorosamente esaminato da un ente regolatorio europeo e soltanto l’industria nucleare russa ha maturato una significativa esperienza al di fuori del suo mercato interno. Inoltre, proprio la debolezza dell’economia russa, come risultato delle sanzioni internazionali e dei bassi prezzi del greggio, solleva dubbi sulla capacità di Mosca di finanziare il portafoglio di ordini dichiarati, se non in piccola parte; stessi timori per la Corea, la cui capacità di finanziamento potrebbe essere limitata.

L’industria nucleare non è mai a corto di ottimismo quando si tratta di emettere nuovi ordini; tuttavia, per quanto riguarda l’Europa, è molto probabile che nel prossimo decennio la chiusura di alcuni impianti compenserà abbondantemente i pochi nuovi reattori che verranno commissionati.

Fonte: IAEA PRIS database


Il testo originale dell’articolo dal titolo The state of nuclear power in Europe è disponibile al link