Qualche settimana fa, José Raúl Mulino, Presidente della Repubblica di Panama, ha annunciato l'avvio dei lavori del gasdotto interoceanico. Si tratta di un progetto presentato lo scorso aprile con l'intenzione di creare un condotto per il passaggio del gas dall'oceano Pacifico all'Atlantico (e viceversa) che corre in parallelo con il Canale interoceanico. Proprio per questo l'amministrazione del Canale è intervenuta sin dalla pianificazione del gasdotto. L'idea è che proprio quest'ultimo possa consolidare la posizione strategica del canale e, dunque, del Paese nel continente americano e in una dimensione globale. Il progetto, però, arriva in un momento complesso per il contesto politico e sociale panamense.
Dal punto di vista politico, le elezioni presidenziali del 2024, vinte da José Raúl Mulino, hanno confermato la fragilità del sistema partitico e il diffuso malcontento nei confronti delle élite tradizionali. Le mobilitazioni degli ultimi anni – in particolare quelle del 2023 contro le concessioni minerarie e le politiche ambientali – hanno messo in evidenza il ruolo crescente dei movimenti sociali e delle comunità indigene nel contestare le priorità dello Stato centrale e nel denunciare la tensione tra sviluppo economico, sostenibilità ambientale e diritti collettivi.
Sul piano economico, Panama rimane una delle economie più dinamiche dell’America Latina. La posizione strategica e la centralità del Canale, ampliato nel 2016, ne fanno un nodo logistico di rilevanza globale. Negli ultimi due decenni, il paese ha registrato tassi di crescita tra i più elevati della regione, trainati da logistica, costruzioni, finanza e servizi. Tuttavia, la chiusura della miniera di rame “Cobre Panamá” nel 2023–2024 ha generato un significativo impatto negativo sul PIL, stimato in una riduzione di circa due punti percentuali. Nonostante le previsioni di ripresa intorno al 4% per il 2025, la sostenibilità fiscale rimane una priorità, soprattutto in considerazione dell’aumento del deficit pubblico e della pressione per mantenere alti livelli di investimento infrastrutturale.
Un nodo centrale è rappresentato dalle disuguaglianze sociali. Nonostante i livelli di reddito pro capite collocati sopra la media regionale, la distribuzione della ricchezza resta fortemente squilibrata, con profonde differenze tra la capitale e le aree rurali, in particolare quelle abitate da popolazioni indigene. Inoltre, l’elevata informalità del mercato del lavoro e i limiti strutturali del sistema educativo riducono la capacità del paese di trasformare la crescita economica in sviluppo inclusivo.
Panama, quindi, appare ancor oggi come un’economia a doppia velocità: dinamica, integrata e competitiva sul piano internazionale, ma fragile e frammentata sul versante sociale e politico. Ma è soprattutto la dipendenza dal Canale a mostrare limiti e vulnerabilità sempre più evidenti. Da un lato, la crescita dei traffici internazionali ha consolidato il ruolo del Canale come arteria essenziale del commercio mondiale, capace di collegare i due oceani e di garantire transiti rapidi tra Americhe, Asia ed Europa. Dall’altro lato, il cambiamento climatico, con il suo impatto sulla disponibilità delle risorse idriche che alimentano le chiuse, ha reso manifesta la fragilità strutturale di un sistema che dipende dall’equilibrio ecologico di bacini interni oggi sotto crescente pressione.
In questo contesto si colloca l’idea del gasdotto interoceanico, concepito non solo come opera infrastrutturale, ma come tassello di una più ampia strategia di diversificazione economica e di adattamento alle nuove condizioni ambientali e di mercato. Il progetto, promosso dall’Autorità del Canale di Panama, prevede la realizzazione di un corridoio energetico capace di collegare le due sponde dell’istmo attraverso un gasdotto destinato principalmente al trasporto di gas di petrolio liquefatto (GPL). La motivazione è duplice: ridurre i costi e i tempi del transito marittimo delle navi che trasportano energia, spesso penalizzate dalle lunghe attese e dai vincoli tecnici del passaggio per le chiuse, e allo stesso tempo liberare capacità per altre tipologie di traffico più redditizie, come quello dei container.
Dal punto di vista finanziario, l’opera appare colossale. Le stime più recenti parlano di un investimento complessivo oscillante tra i quattro e gli otto miliardi di dollari. La pianificazione prevede un processo in più fasi: una prequalifica delle imprese interessate entro la fine del 2025, un dialogo competitivo con le aziende selezionate nel corso del 2026 e l’assegnazione della concessione verso la fine dello stesso anno. Se i tempi saranno rispettati, i lavori dovrebbero iniziare nel 2027 e concludersi entro pochi anni, con un avvio operativo nella seconda metà del decennio. Le aspettative sul piano occupazionale sono elevate, con una creazione stimata di 6.500 posti di lavoro in fase di costruzione e 9.600 durante la gestione ordinaria dell’infrastruttura. Non meno rilevanti sono le previsioni relative alle entrate fiscali, che secondo i calcoli dell’Autorità del Canale potrebbero ammontare a oltre un miliardo di dollari annui una volta che il corridoio energetico sarà a regime.
La logica di fondo sembra essere quella della diversificazione. Panama, pur essendo uno dei paesi con il reddito pro capite più alto dell’America Latina, ha un’economia fortemente polarizzata, dipendente dal Canale e da un numero limitato di settori correlati, come i servizi finanziari e la logistica portuale. Il gasdotto si inserisce dunque in un quadro di ricerca di nuovi equilibri, con l’obiettivo di creare un’infrastruttura capace di produrre entrate autonome, meno dipendenti dalle variabili climatiche che condizionano i transiti marittimi e più legate alla crescente domanda globale di energia. In particolare, il riferimento è al mercato asiatico, che negli ultimi anni ha visto un aumento costante del consumo di GPL, utilizzato sia per scopi industriali sia domestici.
Da un punto di vista politico, l’opera rappresenta una sfida di governance non trascurabile. L’esperienza recente dei grandi progetti infrastrutturali in America Latina dimostra come la realizzazione di gasdotti, oleodotti o corridoi energetici implichi sempre la negoziazione tra interessi locali e globali, tra comunità nazionali e imprese multinazionali, tra esigenze di sviluppo e richieste di tutela ambientale. Anche nel caso di Panama, le criticità emergono chiaramente. Le comunità indigene e rurali che vivono lungo il percorso previsto hanno già espresso timori per gli impatti ambientali e sociali del progetto. La prospettiva di espropri, la possibilità di incidenti o di inquinamento, i rischi legati alla costruzione di un’infrastruttura di tale portata in un ecosistema delicato come quello dell’istmo pongono interrogativi che non possono essere elusi. Per evitare conflitti sociali e contestazioni, sarà necessario attivare processi di consultazione, garantire trasparenza nella gestione dei contratti e offrire forme di compensazione credibili e sostenibili.
Non meno rilevante è la dimensione geopolitica. Panama, per la sua collocazione, ha sempre avuto un ruolo strategico nelle relazioni internazionali, al punto da essere storicamente al centro dell’interesse statunitense. Negli ultimi anni, però, la crescente presenza cinese in America Latina ha aggiunto nuove variabili all’equazione.
Ed allora è logico porsi la domanda se il gasdotto possa rappresentare un approfondimento delle dinamiche politico-economiche "del canale" piuttosto che un'opportunità di diversificazione. Da un punto di vista economico, infatti, sembra verificarsi l'aumento dell'incidenza dell'amministrazione del Canale (inteso nella forma più ampia) sul PIL nazionale. È, nei fatti, proprio l'autorità del Canale a gestire l'opera. Da un punto di vista politico, poi, Panama sembra affrontare oggi le stesse criticità sociali che avevano accompagnato la costruzione del Canale ad inizio del XX secolo, tra cui lo sradicamento territoriale di parte della cittadinanza e l'alto impatto ambientale. La costruzione del gasdotto sembra portare ad una differenziazione economica solo cosmetica per ora e la conformazione dell'economia e della politica panamensi appaiono destinati ad un'inevitabile dipendenza dal Canale, dai suoi successi e dalle sue crisi.



















