L’idrogeno è stato individuato come una delle fonti energetiche rinnovabili del futuro e assume un ruolo centrale nei piani di decarbonizzazione a livello internazionale, come il Green New Deal negli USA e lo European Green Deal in Ue. Tuttavia, alcuni fattori incidono sul contenimento del suo decollo.  L’implementazione dell’economia dell’idrogeno è ostacolata dai suoi costi e la scarsa dotazione di idrogeno pulito, della quale disponiamo oggigiorno, impongono una relativa reticenza tra gli investitori e i decisori politici. Inoltre, va registrata una differenziazione sostanziale tra le varie tipologie di idrogeno: ad oggi, buona parte dell’idrogeno prodotto non può essere catalogato come pulito, sostenibile e a buon mercato, a volte anche nella sua versione green.

In risposta a queste barriere, i mercati si sono abitualmente dimostrati relativamente riluttanti a un accoglimento sostanziale dell’idrogeno su larga scala. Una delle criticità più importanti rimane il prezzo relativamente elevato della produzione di idrogeno elettrolitico lungo l'intera catena del valore e la mancanza di infrastrutture per il trasporto e lo stoccaggio. A causa degli attuali costi di produzione elevati, l'idrogeno verde non può competere con altre fonti energetiche in condizioni di libero mercato.

Eppure, l’utilizzo di questo vettore nella sua forma green svolge un ruolo centrale sia nella strategia Ue che prevede 10 GW di produzione di idrogeno verde entro il 2030, così come di altri paesi che hanno sviluppato piani concreti per il suo sviluppo nei prossimi dieci anni. In Cina, ad esempio, viene incentivato per i primi cinque anni, fino al 40% del volume di investimento dei produttori di idrogeno, il carico fiscale è meno pesante e viene riconosciuta una feed-in-tariff di 0,3-0,35 Yuan/kWh. Questo tipo di politica di sovvenzione multidimensionale cesserà gradualmente, in base alla scalabilità della produzione.  

Negli USA, invece, è stata varata una delle politiche più significative per promuovere l’idrogeno: l’Inflation Reduction Act (IRA). L’IRA viene pensato per fornire alternative per la decarbonizzazione e promuovere idrogeno di tipologia verde e blu mediante un credito alla produzione in funzione della quantità prodotta. Si tratta però di un’iniziativa che rientra all’interno di un piano d’azione più ampio. Lo strumento è stato, infatti, anticipato da importanti misure politiche iniziate nel 2021 dall’amministrazione Biden per supportare il mercato dell’idrogeno verde. L’investimento iniziale di 100 miliardi di dollari destinati al Dipartimento per l’Energia (DOE) venne stanziato per finanziare il programma Advanced Research Projects Agency-Energy (ARPA-E). Segue poi l’ambizioso Hydrogen Shot Program, lanciato per ridurre il costo di produzione dell’idrogeno verde dell’80% a 1 doll/kg nel giro di dieci anni. Queste strategie sono culminate nell’adozione dell’IRA nel 2023 come punto d’arrivo di una tabella di marcia messa in atto dal DOE che prevedeva altresì lo Infrastructure and Jobs Act (IIJA).

Tanto negli USA quanto in Europa, incentivare l’economia dell’idrogeno significa riconoscere sovvenzioni a lungo termine. Il budget iniziale di 100 miliardi di dollari destinato all’IRA è stato pensato al fine di promuovere l’innesto, miglioramento o potenziamento di attrezzature e impianti, sotto forma di sussidi, da distribuire ai produttori d’idrogeno a basso impatto ambientale. I finanziamenti si espandono anche a settori connessi all’economia dell’idrogeno. La tipologia e formulazione del credito erogato e dei progetti ammessi hanno ricevuto critiche per possibili rischi di sovradimensionamento o sottodimensionamento dei finanziamenti necessari alle singole iniziative.

Tuttavia, per quanto sarebbe importante averne conoscenza, al momento è complicato avanzare stime preliminari sull’effetto di queste misure. La storia recente dell’industria dell’idrogeno verde e delle politiche di sovvenzionamento non consente una raccolta di dati e informazioni necessarie per analisi robuste di tipo quantitativo o qualitativo. In generale, a oggi, è complicato e prematuro tracciare bilanci sull’IRA e altre strategie volte a perorare il mercato dell’idrogeno, anche se la valutazione dell’efficienza e dell’efficacia delle strategie portate avanti sarà di cruciale importanza per disegnare nuove politiche energetiche e industriali negli USA, in Unione europea e nel mondo. In ogni caso, l’iniziativa resta significativa, non solo per la sua portata politica, che segnala un cambiamento di rotta e una volontà a incentivare il rafforzamento dell’idrogeno verde, ma anche per gli investimenti stessi profusi in un Paese leader come gli Stati Uniti.

Tuttavia, con l’elezione di Trump alla Presidenza, e con una politica climatica interpretata in maniera diversa rispetto a Biden, vi è il rischio di una repentina inversione di rotta, una perdita d’interesse sull’argomento, e una limitazione delle erogazioni.

Per questo, le prospettive per un pieno decollo del mercato dell’idrogeno verde restano incerte, in uno scenario reso ulteriormente precario dall’instabilità dei mercati internazionali, dall’attuale policrisi che limita il pieno sviluppo socioeconomico, e dalla situazione geopolitica che viviamo. Gli attuali cambiamenti repentini in geopolitica e politica internazionale e interna, e in particolare le recenti riforme e annunci avvenuti negli Stati Uniti, non consentono di esprimere una fiducia incondizionata in nuovi mercati, e impongono giustificate riflessioni sul futuro dell’energia dell’idrogeno.

A testimonianza di questi nuovi orientamenti, la seconda amministrazione Trump ha, già prima del suo insediamento, espresso la volontà di abbandonare programmi e investimenti sulle energie rinnovabili, deviandoli verso l’industria petrolifera e i combustibili fossili. Tra i vari annunci e operazioni, vanno menzionati il “drill, baby drill”, volto a perseguire un ritorno agli investimenti in fracking (fratturazione idraulica), il nuovo diniego e stralcio degli accordi di Parigi sul clima (COP21) destinate a limitare le emissioni di carbonio e gas serra, e la volontà di abbandonare organizzazioni intergovernative o agenzie per lo sviluppo quali l’ONU. Ad esse si aggiunge anche l’intenzione, o il diretto disinvestimento, in cooperazione internazionale dedita allo sviluppo, in primis grazie allo smantellamento di US AID.

In aggiunta, i dazi di recente emissione o proposti da parte o nei confronti degli Stati Uniti si abbattono in maniera sostanziale  anche sull’industria energetica in via diretta o indiretta e il comparto dell’idrogeno palesa non poche preoccupazioni per gli scenari venturi. Segnali positivi si potrebbero scorgere dagli investimenti e dalla propensione verso energie, tecniche e tecnologie d’avanguardia promosse dal gruppo Tesla e dal suo AD Elon Musk, ma l’ambiguità e confusione delle recenti posizioni del tecnocrate, soprattutto in veste del suo incarico presso il Dipartimento per l’Efficienza Governativa (DOGE), lasciano numerosi dubbi sull’avvenire.

Diversa, pare al momento la situazione in Ue, dove si continuano a sostenere fermamente, indirizzi opposti, corroborati dalle intenzioni di perseguire gli obiettivi comunitari prefissati negli ultimi mandati riguardanti la transizione ecologica ed energetica. La direzione comunitaria ambisce a ottemperare agli accordi sui cambiamenti climatici, soprattutto la COP21 di Parigi sul clima, e lo slancio comune volto a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) promossi dall’ONU e i traguardi legati all’economia circolare. Ciononostante, anche qui diventano sempre più marcate le comuni divergenze politiche dei diversi stati membri europei, spesso su posizioni contrastanti sulle politiche energetiche e ambientali.  Diversi paesi europei, infatti, hanno comunicato le loro intenzioni di ritornare a politiche e investimenti energetici improntati sulla fissione nucleare, o a risorse energetiche non rinnovabili. Il domani della sperimentazione e degli investimenti nell’energia ed economia dell’idrogeno resta aperto, lasciando spazio a risultati futuribili.

Eppure, tutti questi repentini cambiamenti politici non fanno bene a questi nuovi settori. L’energia dell’idrogeno abbisogna di ingenti investimenti, politiche, e ricerca affinché vengano sperimentati, scoperti, e sdoganati esplorazioni, sfruttamenti, e produzioni più sostenibili di questo vettore. Questo passerà per il potenziamento della crescita su larga scala di un mercato per l'idrogeno verde (e di altre tipologie pulite) che necessita di una pianificazione e di un percorso di sovvenzioni esemplare. Al fine di affermare l’idrogeno come fonte energetica pulita, verde e sostenibile, ci sarà bisogno, tra le varie misure, di sostenerne l’implementazione attraverso attività di lobby, promozione politica, e investimenti.