Decarbonizzare significa anche migliorare l'efficienza dei trasporti e ridurre l'impatto ambientale causato dal traffico terrestre. Le autostrade del mare si inseriscono in questo processo virtuoso: hanno avuto impulso negli anni ’90 e oggi sono una soluzione alternativa e spesso complementare al trasporto stradale, che consente di far viaggiare camion, container e automezzi sulle navi. Di questi snodi strategici per l’economia di un paese come il nostro, attorniato dal mare e funzionali per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità, ne abbiamo parlato con Luca Sisto, Direttore Generale di Confitarma, mettendone in luce anche le criticità e le sfide a cui è sottoposto il settore.

Si parla sempre più spesso della necessità di un trasporto intermodale e in questo contesto, un ruolo importante viene riconosciuto alle Autostrade del Mare. Ma cos’è, anche per il lettore meno avvezzo, un’Autostrada del mare? Quante e quali sono le Autostrade del mare in Italia?

Le Autostrade del Mare (AdM) hanno avuto un primo importante impulso negli anni ’90 e rappresentano oggi un’ampia rete di collegamenti marittimi basata sull'integrazione di diverse modalità di trasporto (navi, treni e camion), che favorisce e rende più sostenibile e competitivo il trasporto di merci e passeggeri.

L'Italia, grazie alla sua posizione geografica strategica, è un nodo centrale per le Autostrade del Mare nel Mediterraneo.

Le rotte delle AdM italiane, attualmente circa 50 ed in costante sviluppo, sono inserite nel contesto della rete TEN-T (Trans-European Transport Network) estendendosi lungo le direttrici del Mar Adriatico, del Mar Tirreno, dello Jonio e dell’ Italia Meridionale collegando anche le nostre isole – Sicilia e Sardegna in primis – al fine di garantire la continuità territoriale.

L’Italia realizza circa il 60% del proprio interscambio internazionale utilizzando il trasporto marittimo (poco meno di 267 milioni di tonnellate) e la nostra industria armatoriale è ai vertici del trasporto via mare di passeggeri ed è prima in Europa per merci movimentate in Short Sea Shipping.

Il nostro Paese può vantare la prima flotta di traghetti al mondo, nonché il principale armatore mondiale del settore traghetti Ro/Ro cargo ed è importante sottolineare che nel 2023 le merci movimentate nei porti italiani con i Ro-Ro (120.8 milioni di tonnellate) hanno nuovamente superato quelle trasportate con i container (119.5 milioni) di cui invece si parla sempre.

Quali sono i punti di forza in termini di efficienza e sostenibilità delle autostrade del mare e perché varrebbe la pena continuare a spingere per una loro maggiore diffusione?

Il comparto delle Autostrade del Mare ha registrato una crescita costante dei traffici nel tempo, con un impatto rilevante in termini economici e ambientali. Dal 2008 ad oggi si registra un incremento di quasi il 20% in termini di collegamenti, mentre la capacità di trasporto in metri lineari è pressoché raddoppiata.

Solo nel 2023, le Autostrade del Mare hanno trasportato ben 69 milioni di tonnellate di merci. Questo ha consentito di ridurre il traffico stradale, eliminando circa 2,6 milioni di camion dalla strada e riducendo l’emissione di CO2 di circa 2,9 milioni di tonnellate.

Non si tratta solo di numeri: queste azioni contribuiscono a un beneficio collettivo per la società, riducendo le esternalità ambientali per un valore stimato di 2,2 miliardi di euro.

È quindi evidente come le Autostrade del Mare non siano solo una valida alternativa, ma una necessità.

Le Autostrade del Mare sono oggi un elemento essenziale della politica europea dei trasporti. La loro rilevanza strategica è ribadita dalle istituzioni europee che in questi anni hanno provato a regolamentare il settore. Quali sono i principali riferimenti normativi in materia di Autostrade del Mare?

 La rilevanza strategica delle AdM è ribadita nella revisione delle linee guida TEN-T (Regolamento EU n. 1315/2013), all’interno delle quali sono indicate come la “dimensione marittima della Rete Trans-Europea dei Trasporti”.

In relazione ai riferimenti normativi delle AdM, anche se è un tema che riguarda il settore del trasporto marittimo in generale, è doveroso porre l’accento sul Pacchetto legislativo "Fit for 55" dell’UE del 2021.

Da tempo come Confitarma ribadiamo che il modo in cui è stato impostato il Green Deal europeo non è adeguato, né per i tempi né per le modalità. La crisi che sta colpendo il comparto dell’automotive europeo è l’esempio sotto gli occhi di tutti.

La transizione energetica rimane al centro dell’agenda dell’armamento nazionale e del Paese. Tuttavia le normative locali - come ETS e FuelEU Maritime - sono disallineate, per approccio ed obiettivi, rispetto a quelle adottate dall’IMO a livello internazionale e generano un aggravio gestionale ed una distorsione del mercato. A problemi globali devono corrispondere soluzioni globali e realistiche.

Noi armatori siamo costretti a pagare una “carbon tax” per un comportamento non virtuoso che non possiamo evitare, cioè quello di bruciare i combustibili fossili per consentire al 90% delle merci del mondo di arrivare nelle nostre case, approvvigionarci di energia, di prodotti alimentari, sanitari, emettendo, peraltro, solo il 2% delle emissioni globali nell’atmosfera. È una situazione “kafkiana” che va affrontata con urgenza.

Chiediamo e sosteniamo gli sforzi del Ministro dei Trasporti Salvini e del Viceministro Rixi a livello Europeo affinché le risorse generate da questa “carbon tax” siano restituite al settore che l’ha generata attraverso un fondo specifico per sostenere finanziariamente la transizione energetica.

Nonostante le difficoltà, l’armamento nazionale è però impegnato nella transizione ecologica e non solo a parole: lo dimostrano i fatti e i risultati raggiunti finora che ci pongono all’avanguardia in questo processo.

Le società armatoriali da sempre investono in nuove tecnologie al fine della riduzione dei consumi e quindi delle emissioni e, infatti, il trasporto marittimo è già oggi la modalità di trasporto più eco-compatibile. L’80% del commercio globale viaggia via nave, con soltanto il 2% circa delle emissioni.

A proposito di Autostrade del Mare, la transizione energetica va perseguita anche attraverso l’incremento significativo degli stanziamenti del Sea Modal Shift per – che ribadiamo, nel 2023, hanno ridotto il traffico stradale, (2,6 milioni i TIR imbarcati) riducendo le emissioni di CO2 di circa 2,9 milioni di tonnellate – e tramite gli investimenti nelle infrastrutture portuali per accogliere le navi del futuro e sostenere il rifornimento di combustibili alternativi.

L’Autostrada del mare poggia sui dei pilastri imprescindibili: la nave, i porti, i carburanti alternativi. Un miglioramento nelle performance di questi elementi si traduce in una migliore competitività dell’intero sistema marittimo-portuale nazionale. Cosa è stato fatto e cosa ancora è necessario fare sul lungo periodo?

Nel 2023, 126 navi sulle 145 totali ordinate dagli armatori italiani ai cantieri nazionali ed esteri prevedono l’impiego di carburanti alternativi.

Il GNL ricopre l’81% del tonnellaggio in ordine, l’ammoniaca il 53% degli ordinativi, il metanolo il 18% (alcune navi sono predisposte per 2 tipologie di fuel).

Da questi dati risulta evidente come, il legame che unisce le navi e i porti sarà ancora più forte ed anche da esso dipenderà la competitività dell’intero sistema marittimo-portuale nazionale.

La sostenibilità è un pilastro chiave: i porti italiani devono evolversi in hub di sostenibilità, capaci di accogliere navi innovative e operazioni a basso impatto ambientale. Le Autostrade del Mare rappresentano una soluzione virtuosa per ridurre il traffico su gomma e abbattere le emissioni, mentre il programma di Cold Ironing è un’opportunità per accelerare l’elettrificazione delle banchine e migliorare l’impronta ecologica del sistema portuale.

In tale contesto, auspichiamo anche un urgente intervento affinché alle imprese armatoriali italiane del bunkeraggio sia consentito di competere ad armi pari con i concorrenti comunitari.