Sulla base della necessità di coniugare la produzione energetica con un adeguato livello di tutela delle aree interessate dalle produzioni agroalimentari di pregio, la diffusione della tecnologia agrivoltaica costituisce una soluzione utilmente percorribile. Il concetto di agrivoltaico mira, infatti, a conciliare la presenza degli impianti in area agricola e la tutela della funzione primaria del suolo.

Gli imprenditori agricoli risultano senz’altro interessati ad investimenti diretti a favorire l’evoluzione tecnologica degli impianti di fotovoltaico a terra. Ma resta necessario verificare in che misura le soluzioni tecniche ed impiantistiche associate all’agrivoltaico siano adeguate a garantire la sostenibilità degli impianti, nell’ambito di una attività che, in ogni caso, deve essere ricompresa nel concetto di multifunzionalità (e, quindi, prevedendo anche limitazioni atte a garantire la funzione primaria dell’agricoltura).

Il sistema incentivante l’agrivoltaico cerca di affrontare la delicata questione, basandosi su una serie di criteri fissati su base tecnica (linee guida CREA) ma sconta l’assenza di esperienze consolidate nei nostri areali produttivi e la fretta di rendere operativa la misura del PNRR (che stanzia più di un miliardo di euro solo per gli investimenti a fondo perduto, a cui sono da aggiungere le tariffe incentivanti per la produzione energetica).

Il tema dei requisiti di sostenibilità territoriale degli impianti agrivoltaici si ripropone anche rispetto alla definizione delle aree idonee che, sulla base di criteri definiti a livello nazionale, sarà oggetto di normazione regionale. La messa a punto di un adeguato sistema di governance territoriale, infatti, è destinato ad accompagnare lo sviluppo della tecnologia, stante il fatto che le definizioni tecniche, al momento, non risultano completamente esaustive (un riferimento, ad esempio, è quello della previsione dell’ Associazione Temporanea di Impresa quale soggetto beneficiario degli incentivi) per scongiurare interventi speculativi o, comunque, dannosi rispetto alla necessità di contemperare esigenze plurime in termini di sicurezza alimentare, indipendenza energetica, lotta al cambiamento climatico, difesa del made in Italy agroalimentare.

Gli elementi principali che possono determinare criticità nella diffusione dell’agrivoltaico possono, dunque, essere sintetizzati nella necessità di garantire un essenziale protagonismo alle imprese agricole e introdurre opportune limitazioni sulle dimensioni impiantistiche, in grado, soprattutto, di conservare il carattere multifunzionale degli investimenti. Il modello finora più diffusamente proposto dalle società energetiche, che puntano a mantenere, di fatto, la titolarità degli incentivi, è basato, infatti, sull’affitto dei terreni agricoli e sulla stipula di contratti di coltivazione. Questo approccio non risponde alla necessità di considerare l’agrivoltaico una tecnologia funzionale alle reali esigenze energetiche e produttive dell’impresa agricola. Investimenti di taglia ridotta – attualmente giudicati non convenienti sulla base dell’economia di scala – dovrebbero, invece, essere sostenuti per ottenere quella efficienza progettuale necessaria a far sì che il titolare dell’iniziativa sia direttamente l’imprenditore agricolo (singolo o associato), con la società energetica chiamata a svolgere, opportunamente, ruoli di consulenza, progettazione, gestione e manutenzione degli impianti.

In termini più generali, si ricorda, inoltre, che gli investimenti nell’agrivoltaico andrebbero considerati e valorizzati anche in termini di tecnologia complementare alla diffusione dell’agricoltura di precisione, ad esempio, con riguardo alla riduzione dei consumi idrici, dell’impronta carbonica, dell’impatto sulla biodiversità, ecc. Questa impostazione, tra l’altro, espressamente prevista dalle Linee Guida in materia di Impianti Agrivoltaici pubblicate nel giugno 2022 a cura di un Gruppo di lavoro coordinato dal MiTE, sottolinea la necessità di considerare la produzione energetica proveniente dagli impianti agrivoltaici al servizio delle esigenze tecniche, economiche ed ambientali dell’impresa agricola multifunzionale (e non il contrario).

In ogni caso, si sottolinea che, in fase di autorizzazione, il proponente debba essere tenuto a produrre una relazione sullo sviluppo agronomico delle superfici interessate dall’impianto energetico, corredata di scenari di miglioramento delle performance ambientali e climatiche delle produzioni agro-zootecniche a cui, tra l’altro, si intende fare riferimento nella definizione dei criteri di monitoraggio introdotti dalle citate Linee Guida del CREA che concorrono a qualificare l’impianto agrivoltaico come avanzato.

A tutela delle aree di maggior interesse agricolo, tra l’altro, Coldiretti ha anche manifestato l’opportunità, a livello di governance regionale, di ammettere solo gli impianti avanzati nelle aree agricole ritenute non idonee, oltre ad affiancare un limite dimensionale, finalizzato a contenere impatti sul paesaggio e sul consumo di suolo, basato su una percentuale massima di occupazione di SAU. Si veda, ad esempio, il caso delle Marche, con il limite proposto ad un massimo dell’1%.

Il d.m. 22 dicembre 2023, n. 436 che ha istituito il sistema incentivante per l’agrivoltaico, tuttavia, pur non avendo recepito queste richieste, rappresenta un passaggio importante per lo sviluppo e la diffusione della tecnologia, tenuto conto che, sulla base della definizione di sistemi di natura sperimentale, potrebbe dirsi capace di promuovere un inizio contingentato in termini di obiettivi energetici, a cui dovrà necessariamente seguire un aggiustamento del tiro, con un consolidamento delle definizioni e l’introduzione di limiti funzionali per poter considerare l’agrivoltaico al servizio dell’agricoltura – e non, invece, produrre l’effetto contrario di asservire la produzione agricola ad un investimento che sia prioritariamente energetico – così come è avvenuto, in precedenza, nel settore del biogas, per il quale, nel tempo, sono stati introdotti correttivi dimensionali e funzionali, facendone una vera e propria opportunità di adattamento ecologico-energetico delle imprese zootecniche.