L’ennesimo evento calamitoso ha colpito l’Emilia Romagna: fiumi esondanti, città sott’acqua, morti e danni ingenti al tessuto produttivo ed economico. E ancora una volta il disastro ambientale è stata l’occasione per dibattere dell’accaduto, della cause e delle possibili soluzioni di policy. Anche RiEnergia, a un anno e mezzo dall’ultima alluvione che ha devastato questa regione,  è tornata a occuparsi del clima che cambia e degli effetti metereologici estremi, discutendone con l’Ing. Mauro Monti direttore generale del Consorzio di bonifica Pianura di Ferrara, stakeholder in prima linea impegnato a limitare il rischio idraulico.

A distanza di poco più di un anno, l’Emilia-Romagna è di nuovo colpita dall’alluvione. La tempesta Boris si abbatte sulla Romagna con effetti devastanti in termini di vite umane e di danni economici. L’evento purtroppo non è un fatto isolato, ma è indice dei profondi cambiamenti che stanno interessando il nostro clima e l’ambiente. Cosa sta succedendo?

È sicuramente evidente, anche per i più scettici che una variazione del clima si stia manifestando. Le caratteristiche di alcuni eventi non sono ordinarie, ma hanno assunto una singolarità tale che li rende di fatto sconosciuti. Anche le statistiche dell'ultimo periodo lo stanno a confermare. Quello che stiamo avvertendo è che gli eventi estremi che sono sempre esistiti, sembrano essere molto più frequenti e molto più intensi, non tanto in termini quantitativi, ma in termini di durata. Se analizziamo i valori complessivi di pioggia caduta al suolo in un anno, ci accorgiamo che non è differente in misura significativa rispetto a quella degli anni passati più recenti.  Quello che è profondamente diverso è il periodo nel quale queste piogge si verificano che è molto breve, e questo ovviamente mette a dura prova il sistema che deve ricevere grandi quantità di acqua in poco tempo.  Le temperature atmosferiche sono aumentate in tutti i periodi dell'anno e ciò costituisce sicuramente un cambiamento che sta modificando gli equilibri dell'ecosistema in modo significativo, quale lo scioglimento dei ghiacciai e la riduzione delle riserve idriche naturali. 

I giorni successivi a una tragedia, sono non solo quelli dei bilanci, ma anche quelli delle raccomandazioni di policy. Per quanto siamo di fronte a eventi di natura eccezionale nella portata, anche se sempre più frequenti, di quali strumenti ci stiamo dotando per diventare più resilienti?

La ricetta perfetta non esiste e nemmeno la soluzione che, se attuata, in poco tempo possa eliminare il pericolo e i danni causati da eventi alluvionali catastrofici come quelli verificatisi in Romagna negli ultimi due anni. C'è da dire, a scanso di polemiche e di facili strumentalizzazioni che un colpevole non esiste. A mio avviso è sicuramente necessario invertire la tendenza e prestare maggiore attenzione alla difesa e conservazione del suolo. In Emilia-Romagna tanto si è fatto e tanto si sta facendo, ma probabilmente le dinamiche naturali sono più veloci dell'impegno dell'uomo. Innanzitutto, vale la pena ricordare che molto del suolo pianeggiante di questa regione è di origine alluvionale, formatosi a causa delle esondazioni dei grandi fiumi Po e Reno in principal modo e delle opere di bonifica artificiale che hanno reso questo territorio vivibile, fertile e sicuro. Il secondo aspetto è che un livello di sicurezza pari al 100% non è raggiungibile quando ci si confronta con fenomeni naturali così imprevedibili; lo è la prova il terremoto del 2012, fenomeno naturale mai verificatosi in questo territorio che ha reso necessario modificare tutte le normative tecniche nazionali e locali e intraprendere una ciclopica azione di adeguamento degli edifici. Si può quindi intraprendere un nuovo percorso e lavorare come una comunità coesa e senza affermazioni quali: "io non c'ero, io farei ma non governo io, ecc..." 

La prima e, a mio avviso più importante azione, riguarda chi ha responsabilità di governo del territorio (Regioni, Province e Comuni). Costoro devono assolutamente adottare norme chiare, indiscutibili o derogabili per consentire o non consentire lo sviluppo urbanistico dei suoli. Il rischio idraulico è stato sicuramente sottovalutato in passato e trattato come un pericolo o una questione locale, ma viceversa il sistema territoriale è fortemente interconnesso e molto ampio e per l’Emilia-Romagna va dall'Appennino al mare.  L'acqua è un fluido incomprimibile e non facilmente trasportabile. La rete che lo intercetta è complessa e costituita da molteplici segmenti: fognature, canali e fiumi.  Il sistema è quindi assegnato alla competenza di diversi soggetti e non con lo stesso criterio nell'intero paese. Una legge di riordino delle competenze non risolverà il problema ma sarebbe un altro passo importante.  Il sistema idrografico che andava bene nel dopoguerra oggi è sollecitato da azioni diverse e non riesce più a soddisfare le stesse esigenze di sicurezza idraulica che un tempo erano sopportabili e quindi va adeguato da valle a monte. Tanti sono i punti critici della rete, alcuni dimensionali, altri manutentivi, altri di controllo  e presidio.  Credo che occorra un piano Marshall che metta insieme tanti aspetti, ma prima di tutto viene una buona politica dell'uso del suolo, poi una componente di azioni di adeguamento/manutenzione dell'esistente che però deve essere accompagnato da un qualificato programma di potenziamento delle capacità di funzionamento dell'esistente.   

Lei è direttore generale del Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara. Quale è il ruolo di un consorzio e come sta cambiando in questi ultimi anni in seguito all’avvicendarsi di questi eventi calamitosi?

Come il clima è cambiato, come le esigenze della comunità sono variate, come il territorio stesso si è modificato, anche il Consorzio si sta adeguando per garantire perfomance sufficienti e per limitare il rischio idraulico. Il nostro ente, pur essendo soggetto pubblico, ha sempre avuto una capacità operativa significativa, e quindi il mantenimento di personale operaio e di mezzi ed attrezzature resta una delle caratteristiche principali che ci contraddistinguono e che pensiamo possano essere uno strumento per la puntuale ed efficace gestione del territorio. Manutenzione ordinaria della rete e degli impianti e gestione delle emergenze restano attività che svolgiamo al 100% con il nostro personale. Stiamo investendo altresì in formazione ed innovazione, per automatizzare sempre di più i processi di manutenzione, funzionamento e controllo della rete e degli impianti. Il sistema ha una inerzia importante e nei momenti di forte sollecitazione va regolato in fretta per cercare di contrastare i fenomeni brevi ed intensi che possono provocare danni. Questo può essere limitato attraverso il telecontrollo e l'automazione.  Altro aspetto essenziale è  investire in nuove conoscenze con collaborazioni con altri soggetti impegnati nello stesso campo, con i Ministeri, con le Università e anche con altri paesi europei che vivono situazioni simili alla nostra.  La progettualità anche in collaborazione con l'Università di Ferrara può essere sicuramente incrementata e fornire spunti e soluzioni. Una puntuale politica di programmazione ha già dato buoni risultati ma non può essere abbandonata dopo la stagione del PNRR. È necessario continuare a progettare ed elaborare programmi e piani per cercare di intercettare finanziamenti straordinari per realizzare opere di adeguamento e miglioramento della resistenza e della capacità di funzionamento della rete e degli impianti.