In Europa si è ufficialmente aperta la stagione dei cicloni. Sulla scia della crisi climatica in corso, che rende gli eventi meteo estremi, come le alluvioni, più intensi e più probabili, il ciclone Boris a metà settembre ha devastato l’Europa centro-orientale – colpendo Polonia, Romania, Slovacchia, Austria, Repubblica Ceca e Germania – prima di sommergere con nuovi nubifragi anche l’Italia, a partire dall’Emilia Romagna. Ma rappresenta solo l’antipasto.
Un nuovo studio della World Weather Attribution mostra che il cambiamento climatico ha reso alluvioni simili almeno due volte più probabili e il 7% più intense. Se il mondo non abbandonerà rapidamente i combustibili fossili, arrivando allo zero netto delle emissioni, con un riscaldamento globale di 2°C, simili eventi di pioggia estrema saranno più frequenti del 50%; se raggiungeremo +3°C, il Centro comune di ricerca (Jrc) dell’Unione europea afferma che i costi delle alluvioni raddoppieranno (e l’attuale traiettoria impostata dalle politiche internazionali segna +2,5-2,9°C entro questo secolo).
«Queste alluvioni indicano quanto il cambiamento climatico stia diventando costoso – commenta Maja Vahlberg, Technical Advisor del Red Cross Red Crescent Climate Centre – Anche con giorni di preparazione, le inondazioni hanno devastato città, distrutto migliaia di case e l'Unione Europea ha stanziato 10 miliardi di aiuti. I Paesi devono pianificare alluvioni senza precedenti e integrare i cambiamenti climatici nella pianificazione territoriale».
Per l’Italia cosa significa? Basti osservare il territorio ancora una volta più colpito, l’Emilia Romagna. L’analisi elaborata dall’Agenzia regionale per la prevenzione, l'ambiente e l'energia dell’Emilia-Romagna (Arpae) mostra che le piogge estreme generate dal ciclone Boris hanno interessato gli stessi territori finiti sott’acqua durante le alluvioni del maggio 2023, con quantitativi di pioggia estremi sul bolognese, ravennate e forlivese.
Dopo aver inondato l’Europa centrale, dal 17 settembre Boris ha cominciato a riguadagnare forza e vapore acqueo, anche a causa delle temperature anomale del Mediterraneo. Il risultato è un cumulato di pioggia che nei bacini maggiormente colpiti – l’Idice, il Sillaro, il Santerno, il Senio, il Lamone e il Montone – ha superato nelle 48 ore centrali dell’evento i 200-250 mm, con punte superiori ai 300 mm. In altre parole la pioggia ha infranto i record della serie storica dal 1961 su tutti i bacini dall’Idice al Montone, ed è stata superiore alla pioggia dei due eventi di maggio 2023 (presi singolarmente), soprattutto sui bacini del Senio, del Lamone e del Montone.
«Abbiamo fronteggiato un evento che sia per quantitativi di pioggia in intensità puntuale, sia per valori cumulati nelle 24 e nelle 48 ore, è stato sicuramente maggiore di entrambe le alluvioni di maggio 2023. Ma l'estensione dei territori colpiti è stata inferiore e gli effetti meno devastanti grazie anche agli interventi di messa in sicurezza completati in questi mesi», conferma la Presidente facente funzione della Regione e commissaria all’emergenza per l’alluvione, Irene Priolo, che aggiunge: «Tutto quello che potevamo fare, lo stiamo facendo, ma non è più sufficiente. Dobbiamo adottare misure straordinarie e per questo abbiamo chiesto alla struttura commissariale di condividere la necessità di partire con un primo stralcio funzionale di opere da 650 milioni, già previste all’interno dei Piani speciali per la Ricostruzione. Interventi strategici, bacino per bacino, che noi abbiamo necessità vengano finanziate e realizzate con norme speciali».
Un concetto rafforzato durante l’incontro col Commissario di Governo alla ricostruzione, il generale Francesco Paolo Figliuolo, e con i Ministeri dell’Ambiente, Infrastrutture e Trasporti, Economia e Finanze: «I cambiamenti climatici – insiste Priolo – ci mettono tutti a rischio e di fronte a sfide inedite. Al Governo, dunque, chiediamo procedure straordinarie e immediate: se è stato fatto per ricostruire il Ponte Morandi a Genova, perché non lo si può replicare in Emilia-Romagna? Qui stiamo realizzando centinaia di cantieri come Regione con l’Agenzia regionale di Protezione civile, insieme ai Comuni, spesso piccoli, ma senza strumenti straordinari è come fronteggiare eventi estremi sempre più frequenti con le mani e i badili: si può continuare così? Si può anche solo pensare di fronteggiare sfide eccezionali con strumenti ordinari?».
La risposta è lapalissiana, e la mole d’investimenti da mobilitare ingente. Priolo ha chiesto che vengano approvati al più presto i Piani speciali per la ricostruzione, che prevedono opere per 4,5 miliardi di euro necessarie alla sicurezza idrogeologica dell’Emilia-Romagna, oltre a 1,9 miliardi sulle infrastrutture, da realizzare nel medio-lungo periodo, a partire dalle casse di espansione e laminazione. Il Commissario Figliuolo ha garantito che, ricevuti i pareri necessari, procederà al via libera al documento, che dovrà però poi essere finanziato dal Governo. Un passaggio affatto scontato.