Si è concluso da pochi giorni il “Forum internazionale sui biocarburanti sostenibili”, evento promosso dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica nell’ambito delle iniziative legate alla “Planet Week” che hanno accompagnato il “G7 Clima, Energia e Ambiente” presieduto dall’Italia. L ’incontro si è svolto presso il Castello del Valentino, sede storica del Politecnico che lo ha ospitato e coorganizzato e ha visto coinvolti relatori qualificati appartenenti al mondo istituzionale, dell’impresa e della ricerca. Del Forum ma più in generale di biocombustibili sostenibili ne abbiamo discusso con il Professor del Politecnico di Torino Davide Chiaramonti, moderatore dell’evento ed esperto della materia.

Perché dedicare un evento così importante ai biocarburanti sostenibili e Lei, che all’evento era presente in qualità di moderatore, che impressioni ha avuto?

Il ruolo dei biocombustibili sostenibili nel raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica è essenziale. Un ruolo sempre più riconosciuto a livello internazionale, come è dimostrato dalla sensibilità governi che erano presenti e che hanno risposto all’appello degli operatori del settore.

L’evento di Torino ha suscitato un grande interesse e coinvolgimento: in sala erano presenti molti tra i principali operatori del settore, incluso quelli operanti nella produzione - e non solo nella conversione- della materie prima, come ad esempio il CIB, ma anche organizzazioni di categoria del mondo agricolo. In qualità di moderatore, ho seguito i diversi panel che hanno composto l’agenda. Il primo è stato quello delle istituzioni internazionali in cui hanno partecipato rappresentanti del Ministero Indiano del Petrolio e del Gas Naturale a nome della Global Biofuel Alliance (iniziativa avviata dal Governo Indiano nell’ambito del G20), della International Energy Agency (IEA), della UN-FAO Global BioEnergy Partnership (GBEP), della Clean Energy Ministerial (CEM) Biofuture Platform Initiative, e di UN-UNDP (United Nation Development Programme). Il secondo panel, invece, ha coinvolto alcune tra le principali imprese ed associazioni del settore, nello specifico: Enilive (IT), Neste (FI), Gevo (US), Pivot Global Ethanol Coalition (US), Fuels Europe (BE) ed European Biodiesel Board (BE). Infine la parola è passata al mondo della politica con gli interventi del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica dell’Italia, Gilberto Pichetto Fratin, e i corrispondenti colleghi del Brasile, Marina Silva, dell’Azerbaijan Mukhtar Babayev e del Kenya Roselinda Soipan Tuiya.  

Tornando ai biocombustibili sostenibili, a che punto siamo da un punto di vista tecnologico e di sviluppo della filiera?

Così come dimostrato dagli operatori economici, in ambito biofuel le opzioni tecnologiche sono tante, alcune delle quali già mature. Serve però proseguire su questa strada e continuare a investire in innovazione. Già oggi è possibile fare biocombustibili sostenibili, e molte filiere riescono anche ad essere carbon negative in talune circostanze. Ci sono delle tecnologie mature, che richiedono un maggior sforzo in termini di innovazione nell’organizzazione della filiera.

Mi riferisco alle filiere HVO sia dello stradale che aviazione e marittimo. In questo caso, come dimostrato da vari progetti scientifici, è possibile produrre lipidi per l’HVO carbon negative anche in terreni marginali. Ovviamente, come ogni comparto, ottenere l’economia di questi processi dipende da vari fattori, in primis le policy che vanno a regolare questi mercati.

Ci sono, poi, tante tecnologie molto promettenti e dalle grandi potenzialità, che meritano di essere sostenute nello sforzo di svilupparle tutte quante. Per fare un esempio, si pensi a biofuel da lignocellulosico, come l’etanolo. Ci sono grandi margini di sviluppo e già oggi con ottimi risultati.   

Merita inoltre rilevare, come oltre che da un punto di vista tecnologico e di filiera, i biocarburanti abbiano delle ricadute positive in termini di sviluppo sostenibile delle aree in cui vengono prodotti. Ha destato grande attenzione e apprezzamento la presentazione FAO, secondo cui, la produzione sostenibile di biomasse consente di produrre sia fuel che food and feed portando sviluppo.

Partendo da quest’ultimo spunto, quanto è importante il ruolo della ricerca nel sostenere questo percorso di sviluppo virtuoso dei biocombustibili e dalle molte implicazioni economiche, ambientali e sociali?

Osservazioni analoghe a quelle presentate da FAO sono state raggiunte da recenti progetti supportati dalla Commissione Europea attraverso il programma Horizon Europe, che hanno dimostrato che si può fare food and feed e rimozione del carbonio nello stesso tempo attraverso filiere nel loro complesso sostenibili.

Tra i vari progetti, vale la pena menzionare Bio4A, (Biocarburanti sostenibili per l’aviazione), coordinato dal Consorzio RE-CORD (Consorzio per la Ricerca sulle Energie Rinnovabili) e portato avanti da un consorzio internazionale composto da partner provenienti da Francia, Olanda, Spagna, Belgio ed Italia: TOTAL, SkyNRG, Centro Nazionale Spagnolo per le Energie Rinnovabili (CENER), Camelina Company España (CCE), Centro di Ricerca Comune-Ispra (JRC) della Commissione europea, ed ETA-Florence. Progetto conclusosi da poco, Bio4A ha consentito di produrre sia camelina sativa, una coltura resistente a condizioni aride, in aree marginali della Spagna e dell’Italia, utilizzata per biojet per l’aviazione, sia orzo per fare food and feed. Il successo del progetto è dipeso anche dall’attività di ricostituzione del suolo che è stata fatta utilizzando compost e biochar per incrementare la fertilità e la resilienza del suolo al cambiamento climatico.

Altro esempio, ormai consolidato da anni, è quello del biogas Done Right sviluppato dal Consorzio Italiano Biogas sulla base dei concetti elaborati dal professor Bruce Dale negli Stati Uniti. In questo caso si produce biometano e contemporaneamente il digestato va a fertilizzare i terreni sostituendo fertilizzanti di origine fossile. Inoltre, il digestato può essere convertito, in biochar che stabilizza il carbone sequestrato. Testimonianza di come si possano conciliare produzione food/feed ed energia, in una ottica di Climate Smart Agriculture.

Il progetto del CIB si collega molto bene all’iniziativa della DG clima che si chiama Carbon Removal Certification framework, ovvero il quadro di certificazione di riferimento per la rimozione del carbonio in area UE, perché si tratta di fare azione carbon negative attraverso la fotosintesi, che prende la CO2 dall’atmosfera e la converte in sostanze organica che stabilizziamo.

Esiste poi, ancora, un progetto che ha studiato le policy e le normative relative alla produzione di biocombustibili sostenibili in aree marginali e degradate dell’Europa che si chiama BIKE (Biofuels production at low - Iluc risK for European sustainable bioeconomy). Finanziato dall’UE, studierà i percorsi per mantenere basso il rischio. In particolare, mapperà e valuterà l’aumento della produzione di colture su terreni abbandonati o degradati e valuterà la fattibilità di un nuovo percorso di produzione da biogas a liquido. Verrà inoltre effettuata una valutazione dettagliata delle politiche e dei quadri giuridici esistenti che influenzano la diffusione di catene di valore a basso rischio ILUC.

Tutti questi progetti sono legati organicamente tra di loro e presentano grandi margini di sviluppo.

Un ultimo spunto. È chiaro che ricorrere ai biocombustibili sostenibili in un percorso di transizione green, è una soluzione praticabile in tempi rapidi e parallelamente alla realizzazione della transizione del sistema infrastrutturale stradale, aeronautico e marittimo. Cosa serve però per accelerarne lo sviluppo? 

Una accelerazione del contributo offerto oggi dai biocombustibili sostenibili è quantomai necessario,

così come servono politiche di indirizzo della domanda e dell’offerta in grado di contribuire la stimolare la produzione di combustibili sostenibili per colmare il divario nel percorso verso il Net Zero (o Net Negative).

Servirebbe, poi, allineare le politiche europee con quelle internazionali. Sarebbe opportuno avvicinare le politiche e i criteri di sostenibilità tra diverse regioni del mondo, per rendere anche il sistema Europa competitivo a scala globale, visto che si tratta di commodities globali e che alcune tematiche sono regolate da organismi internazionali.

I biocarburanti sostenibili, insieme ad altre opzioni tecnologiche, sono una soluzione percorribile nel percorso della decarbonizzazione e come tale va percorsa. A tal fine è stato fatto uno studio per la Commissione Europea e coordinato dal Politecnico di Torino insieme gruppo di partner europei, in cui è stata fatta una stima di quanto i biocarburanti possano contribuire agli obiettivi climatici europei. Tra i vari risultati raggiunti, si cita quello del potenziale dei biocarburanti capaci al 2030 di soddisfare fino a 23,6 Mtoe/y, per emissioni evitate che variano da 70 a126 MtCO2eq/yr nel 2030.