Gli Stati Uniti sono il più grande esportatore di GNL al mondo e hanno rivoluzionato il mercato globale del gas, potenziandone la liberalizzazione e introducendo una grande flessibilità commerciale negli scambi e nei contratti. Il funzionamento di un mercato globale flessibile del gas ha reso possibile mantenere in equilibrio il sistema energetico mondiale durante la peggiore crisi energetica che si ricordi.  Avere mercati del gas aperti, flessibili, trasparenti, competitivi e affidabili è fondamentale per garantire il successo della transizione energetica globale e salvaguardare la sicurezza energetica internazionale. I mercati forniscono il miglior contrappeso alla politicizzazione dell’approvvigionamento energetico, come in Europa abbiamo drammaticamente appreso a partire dal 22 febbraio 2022.

In questo quadro, la recente decisione del governo americano in merito ad una moratoria è molto preoccupante e può significativamente erodere questi principi fondamentali, danneggiando da un lato, la sicurezza energetica globale e dall’altro, anche il difficile percorso di riduzione delle emissioni.

L’International Gas Union, di cui sono Vicepresidente e futuro Presidente, si è espressa in questi termini assieme a molti altri stakeholder industriali, ma anche diversi governi e ministeri. Vale la pena peraltro rammentare che solo qualche mese fa, i membri del G7 condividevano la necessità e l’utilità di continuare a investire in GNL per rispondere alla crisi.

A livello globale, l’offerta di gas rimane limitata e il mercato è vulnerabile a una maggiore volatilità e ad una ripresa della crescita dei prezzi in funzione di poche possibili circostanze negative. Ad oggi, nonostante una forte riduzione dei prezzi in Europa e Asia, questi sono ancora quasi il doppio dei livelli pre-crisi.  Il mondo non ha ancora superato la crisi. Basti ricordare le immediate tensioni sul prezzo in Europa connesse con i possibili scioperi nei terminali di liquefazione in Australia durante la scorsa estate. Fino a quando non entreranno in funzione nuovi volumi di GNL (il nuovo “collante” che ha reso effettivamente mondiale il mercato del gas, mercato che – ricordo – serve il 25% della domanda di energia a livello globale), l’equilibrio sarà estremamente fragile.

L’inverno mite nell’emisfero settentrionale insieme ad una riduzione della domanda industriale (ingenerata peraltro dalle tensioni di prezzo) hanno contribuito finora a contenere il consumo in Europa. Allo stesso tempo però, la domanda in Asia – dopo la lunga stasi legata prevalentemente al Covid – è tornata a crescere, in particolare in Cina, di nuovo il primo importatore di GNL a livello planetario, generando pressione addizionale al sistema.

Secondo le ultime proiezioni dell’AIE (Agenzia Internazionale per l’Energia), la domanda 2024 è prevista in crescita di 100 miliardi di metri cubi, con un commento proprio in merito alla ridotta offerta incrementale di GNL come elemento limitante nella crescita della domanda. Il GNL gioca quindi un ruolo chiave nell’affidabilità del sistema energetico globale ma è anche essenziale  nel tenere sotto controllo le emissioni. Il gas produce circa la metà delle emissioni di gas serra del carbone nell’arco del suo ciclo di vita. Sotto forma di GNL, ha scalabilità e flessibilità senza pari, rendendolo una risorsa fondamentale per la resilienza nella transizione energetica, come si vede attraverso il suo rapido dispiegamento per compensare la carenza di gas russo in Europa. Il crescente contributo delle energie rinnovabili intensificherà la necessità di strumenti reattivi e dispacciabili per bilanciare la rete. Il gas naturale, i gas a basse emissioni di carbonio e quelli rinnovabili dovranno quindi svolgere un ruolo chiave durante i periodi di intermittenza e di punta.

Per ripristinare l’equilibrio globale dell’approvvigionamento di GNL e la sicurezza energetica è necessario affrontare il deficit attuale e previsto. Nonostante il recente ottimismo sulla crescita degli investimenti in nuovi progetti nel settore del gas, ciò avviene dopo un prolungato periodo di sotto-investimento. Tra il 2014 e il 2020 gli investimenti nella produzione di gas sono diminuiti del 58%. Questi hanno iniziato a riprendersi marginalmente nel 2021, tuttavia gli attuali livelli di investimento sono ancora al di sotto delle necessità derivanti dalla crescente domanda globale. Ricordando che gli investimenti sono necessari anche per compensare la attesa riduzione nel tempo degli attuali bacini di produzione. Limitare la fornitura di gas al mercato globale – dato il ruolo più che rilevante degli Stati Uniti come primo esportatore mondiale di GNL – non ridurrà le emissioni ma crea al contrario i presupposti per un loro incremento.

Negli ultimi due anni abbiamo visto gli alti prezzi del gas determinare uno switch verso il carbone che ha raggiunto livelli record di consumo coerenti, purtroppo, anche con i record di emissioni di CO2. Paradossalmente si continua a parlare di ridurre il contributo del gas (e, in proiezione, senza gas naturale sarà anche “molto difficile” far crescere sufficientemente i gas verdi) senza affrontare il tema del carbone. Infatti, nonostante l’incremento record delle energie rinnovabili e la ripresa del nucleare nel 2023, è continuata la tendenza decennale che vede il carbone rappresentare una quota pari al 40% delle emissioni globali del settore energetico.

Il gas, invece, è un idrocarburo a basse emissioni, altamente efficiente ed abbondante. È fondamentale per fornire flessibilità al sistema energetico e bilanciare la rete in periodi più lunghi di intermittenza delle rinnovabili. Ma, oltre all’elettricità, che rappresenta ancora solo circa un quinto dell’energia totale consumata dalle economie mondiali, il gas è fondamentale per riscaldare gli edifici, alimentare l’industria e fornire materie prime a settori critici, come la produzione di fertilizzanti alimentari. Un’instabilità di prezzi del gas, in un contesto di tensione di offerta, ha generato tensioni sociali in molte aree del mondo dove il “prezzo del pane” è elemento essenziale di stabilità. Ricordo che i prezzi dei fertilizzanti sono più che triplicati tra il 2020 e il 2022 e, secondo il Fondo monetario internazionale, un aumento dell’1% dei prezzi dei fertilizzanti fa aumentare i prezzi delle materie prime alimentari dello 0,45%.

Il gas naturale è un pilastro essenziale nella transizione energetica, facilitando la decarbonizzazione dell’economia globale, ma è altrettanto importante il processo di riduzione delle emissioni per il settore. E in questo senso è essenziale stimolare politiche di supporto e innovazioni tecnologiche per accelerare la diffusione della cattura del carbonio, della produzione dei gas a basse emissioni di carbonio e rinnovabili. Come anche, per rendere possibile questa transizione, è necessario raddoppiare gli sforzi per eliminare le emissioni di metano. Gli investimenti in tecnologie di riduzione ed eliminazione delle emissioni per le infrastrutture del gas e del GNL possono essere garanzia di un uso efficiente e di lungo termine delle risorse disponibili, in parallelo con la crescente adozione di gas rinnovabili e a basse emissioni di carbonio. Ad esempio, il biometano rinnovabile e il gas sintetico (e-methane) possono essere liquefatti e sfruttare le infrastrutture esistenti del gas naturale. Come anche le infrastrutture esistenti di GNL potranno essere adattate e convertite al potenziale derivante da idrogeno liquido o ammoniaca, una volta portati a maturità tecnologica gli attuali investimenti di ricerca e sviluppo.

Infine, come sempre, un appropriato quadro di policy, come l’assegnazione di un prezzo alle emissioni e una valorizzazione della riduzione delle stesse, potrà ulteriormente contribuire ad incoraggiare tutti questi investimenti. Ma certamente bloccando o limitando lo sviluppo del settore gas non si fa un buon servizio al pianeta. E non credo possiamo permetterci il lusso di decisioni sbagliate.