L'attenzione ai temi ambientali, sociali e di governance (conosciuti con l'acronimo ESG) ha condotto a una rapida diffusione della finanza sostenibile. Esiste, però, una finanza che oltre a essere sostenibile può essere anche etica, attenta al proprio ruolo e agli impatti per l’ambiente e la società derivanti dalle sue scelte di investimento. Di finanza etica, della sua definizione, dei suoi principi e delle sue attività abbiamo parlato con Tommaso Rondinella, Responsabile Ufficio Modelli di Impatto e Valutazione Socio Ambientale di Banca Etica.

Partiamo da una domanda da manuale, per un lettore che non conosce bene la materia. Cos’è una banca etica? Come opera? Quale la mission e gli obiettivi? Cosa la differenzia da una banca convenzionale che offre anche servizi e strumenti di finanza cosiddetta “sostenibile”?

Una banca etica, in generale, e Banca Etica in particolare, si impegna a seguire i principi della finanza etica, ovvero trasparenza, democrazia ed equità nella governance e soprattutto attenzione a quelli che vengono chiamati “gli effetti non economici delle azioni economiche”. Banca Etica è un’istituzione bancaria molto attenta al proprio ruolo e alla maniera in cui le proprie azioni generano impatti positivi o negativi sulla società e sul pianeta. In particolare, Banca Etica è una banca cooperativa, dove il capitale è estremamente diffuso tra tutti i soci; ha una governace democratica in cui il potere di voto dei soci è determinato dalla regola “una testa un voto” e non dalla quota di capitale detenuta.

All’attenzione ai processi democratici si affianca il principio di trasparenza assoluta. Banca Etica è l’unica banca in Italia a pubblicare, fin dalla sua nascita, intorno agli anni 90, tutti i finanziamenti che eroga alle persone giuridiche. Il che permette al socio di banca etica di sapere quali sono le realtà che sono state finanziate. 

Nella sua organizzazione interna, una banca etica si attiene a dei codici interni. In Italia, esiste un manifesto della finanza etica che definisce alcuni principi che le istituzioni di finanza etica seguono ma che non sono normati dalla legge. Esiste a livello legislativo, un riferimento alla finanza etica all’interno del testo unico bancario che impone alcuni vincoli dell’attività della finanza etica, per es. rispetto alle remunerazioni interne (in cui il rapporto fra la remunerazione massima e media non deve essere superiore a sei volte).  Si tratta però di norme minime, rispetto all’impianto di pratiche e specificità dettate dal manifesto e dal regolamento interno.

Rispetto all’uso che si fa del denaro, poi, ci sono una serie di prassi che caratterizzano la finanza etica, prima tra tutte la presenza di settori di esclusione. Banca Etica non finanzia una serie di settori considerati dannosi per il pianeta e la società: vi rientrano attività molto inquinanti (fonti fossili, allevamenti intensivi), l’industria delle armi, pornografia, gioco d’azzardo. Al contrario, ci sono settori privilegiati di finanziamento: come il Terzo Settore, quello no profit, che al momento della nascita di Banca Etica era ancora escluso dal credito. Con gli anni Banca Etica cresce e allarga la platea di clienti anche al di fuori del Terzo Settore, comprendendo oggi anche imprese profit, ma purché abbiamo un alto profilo di responsabilità sociale. A vagliare tale profilo è un’istruttoria socio-ambientale, che si affianca a quella tradizionale, con cui Banca Etica valuta il profilo di responsabilità delle imprese che richiede un prestito e gli impatti sociali e ambientali che possono essere generati con quel finanziamento.

Da cosa si differenzia una banca etica da una banca convenzionale? Poiché la categoria delle “banche sostenibili” non esiste, bisogna parlare – lo accennavamo sopra – di banche convenzionali che offrono anche servizi e prodotti di finanza cosiddetta “sostenibile”. Attualmente, la finanza sostenibile è normata dalla Tassonomia europea e dai regolamenti che impongono delle classificazioni e standard minimi per definire dei prodotti sostenibili. Questi standard si stanno iniziando ad applicare, e questo è un fattore positivo, rispetto alle attività a rischio di greenwashing. Tuttavia,  essere sostenibili non vuol dire essere etici. Chi propone prodotti di finanza sostenibile, sono spesso istituzioni finanziarie che contemplano anche altri tipo di  prodotti. Pertanto, mentre la finanza etica è coerente a 360 gradi con la propria azione, la finanza sostenibile identifica alcuni prodotti sostenibili, ma offre anche prodotti non definibili come tali.

Un altro elemento di differenziazione è la finalità delle attività: la finanza etica opera in modo da veicolare risorse esclusivamente verso quella parte dell’economia che ha un impatto positivo, che è parte dell’economia reale, evitando di sostenere la speculazione finanziaria, quindi le transazioni ad alta frequenza (high frequency trading), strumenti finanziari sofisticati volti alla massimizzazione del profitto (come i derivati). Nel caso della banca etica l’utilizzo dei derivati è limitato solo alle attività di copertura del rischio e non per fini speculativi. Non vengono, poi, utilizzati i paradisi fiscali.

Infine, mentre nel caso della finanza sostenibile il concetto di sostenibilità nell’accezione attuale significa attenzione alle questioni ambientali e in particolare a quelle climatiche, per  la finanza etica assumono rilevanza anche gli aspetti sociali e della governance delle organizzazioni. Attualmente, viene classificata come sostenibile l’attività di un’impresa che fa pannelli solari ma in un paradiso fiscale. Attività che, al contrario, sarebbe esclusa dalla finanza etica. Allo stesso tempo, restano poi fuori dal perimetro della finanza sostenibile istituzioni molto diverse fra di loro: non è considerata sostenibile l’associazione che si occupa di disabilità, perché non ha uno specifico impatto ambientale positivo, così come la centrale a carbone. Realtà diversissime che secondo la Tassonomia appiano allo stesso modo semplicemente “non ecosostenibili”.

Il 2 agosto l’umanità incomincia a vivere in debito, consumando le risorse naturali che la Terra genererà nel 2024, una dinamica dagli effetti devastanti. Cosa può fare il sistema finanziario per cambiare rotta?

 Per prima cosa, si può smettere di supportare quelle attività che ci hanno portato alla situazione attuale e al progressivo deterioramento dei sistemi ambientali. Si può smettere, quindi, di finanziare le fonti di energia fossile e concentrare l’apporto di capitale verso le energie rinnovabili e i sistemi di efficientamento e risparmio energetico. Questa è un’attività che Banca Etica fa fin dalle origini e che continua a fare ora in maniera più decisa, vista la forte crescita di questo settore. Per agevolare questi tipi di investimento,  abbiamo introdotto dei covenants ambientali, quindi degli sconti sui tassi d’interesse per quelle organizzazioni che hanno piani di decarbonizzazione o circolarità della produzione. Supportiamo, inoltre, la clientela nella misurazione delle proprie emissioni di gas serra così da favorire l’avvio dei percorsi di decarbonizzazione.

 Come la banca può intervenire sulla propria organizzazione interna per essere complice della transizione e ridurre le emissioni di CO2?

 Innanzitutto, la banca deve fare una serie di investimenti per abbattere le proprie emissioni dirette. Molte istituzioni lo stanno facendo e Banca Etica ha già abbattuto del 70% le proprie emissioni. Ma, partendo dalla nostra esperienza di rendicontazione delle emissioni dirette e indirette, osserviamo come esista un fattore tra le due pari a 1.000: le emissioni indirette, quelle generate dagli investimenti e dall’attività creditizia, sono 1.000 volte superiori a quelle dirette. È allora evidente come l’attenzione del sistema finanziario debba concentrarsi sulle emissioni indirette, le cosiddette emissioni Scope 3 e Banca Etica è stata la prima a rendicontare le emissioni Scope 3 nel 2020. Sono ancora poche le banche che lo stanno facendo, ma questo è il punto di partenza indispensabile per avviare un processo di decarbonizzazione dei portafogli delle istituzioni finanziarie.

 Finanza green, migrazione e parità di genere. Quale è il filo conduttore che lega queste problematiche, e come Banca Etica si pone davanti a questo trilemma?

 Banca Etica affronta tutti questi aspetti non come se fosse un trilemma. Ovvero, noi non ravvisiamo una alternatività tra questi aspetti. Come banca supportiamo attività ecosostenibili, in particolare il settore delle rinnovabili e dell’efficientamento energetico, già in forte crescita. Vantiamo, poi, una importante tradizione come banca del Terzo Settore a supporto di quelle organizzazioni che si occupano dell’assistenza a migranti e stranieri, che seguono la prima accoglienza, ad esempio. In questi casi svolgiamo verifiche dirette sul campo nei luoghi stessi dell’accoglienza, come appartamenti e/o stabili che accolgono rifugiati o richiedenti d’asilo. Infine, sul lato della parità di genere, pur non avendo  dei prodotti specifici, ci teniamo a sottolineare di aver finanziato una quota di imprese femminili sensibilmente più alta rispetto la media del sistema bancario. Questo da un lato, si spiega perché la nostra attenzione verso i temi sociali intercetta imprese e cooperative che sono a conduzione prettamente femminile, ma anche semplicemente perché l’impresa femminile è accolta in Banca Etica senza preconcetti e con la volontà di sostenerle. Non a caso abbiamo un vantaggio di oltre 10 punti percentuali nella quota di imprese femminili artigiane finanziate rispetto ad altre banche in Italia.