In questi ultimi mesi, il dibattito politico sull’opportunità di ricorrere anche ai Low Carbon Fuels (LCF), in affiancamento alla trazione elettrica, nel percorso di decarbonizzazione del sistema trasporti è stato particolarmente acceso. Dopo un’iniziale presa di posizione rigida da parte delle istituzioni europee – con lo stop generalizzato al motore endotermico dal 2035 seguito dalla più recente eccezione degli e-fuel, sembra ci sia ancora margine per correggere la rotta includendo tra le opzioni gli LCF. Di questi ultimi, della necessità di una loro valorizzazione e delle prospettive future del settore ne abbiamo parlato con il neo-eletto Presidente di unem – Unione Energie per la Mobilità, Gianni Murano.

Presidente, complimenti per la recentissima nomina che la vede alla Presidenza dell’Associazione per il quadriennio 2023-2027. Un periodo sicuramente chiave per la mobilità europea. Si aspetta qualche correzione di rotta per il sistema dei trasporti leggeri, in vista delle attese revisioni del Regolamento COM (2021)556 da parte della Commissione UE?

La ringrazio per i complimenti, credo che i prossimi quattro anni saranno impegnativi. Devo dire che le premesse per una correzione di rotta ci sono, considerato anche l’emendamento approvato nelle scorse settimane dalla Commissione Industria del Parlamento europeo nell’ambito del regolamento sul nuovo standard “euro 7”. L’emendamento fornisce la prima definizione europea di carburanti “carbon neutral”, includendo anche i biocarburanti e i recycled fuels accanto agli e-fuels ottenuti a marzo dalla Germania. A quanto è stato possibile capire, in quella sede sarebbe stato anche raggiunto un accordo tra i relatori delle altre Commissioni per portare questa definizione nel testo finale che dovrà essere votato dalla Commissione Ambiente a settembre.

Se questa ipotesi si materializzerà, saremmo davanti ad un precedente importante che, a mio avviso, non potrà essere ignorato dalla Commissione europea quando dovrà redigere i famosi atti delegati per l’immatricolazione post 2035 dei veicoli alimentati esclusivamente con combustibili “carbon neutral”. Ignorarlo sarebbe uno “schiaffo” al Parlamento europeo che, a differenza della Commissione, è votato dai cittadini. Diciamo che sono moderatamente ottimista.

Diversificazione delle forniture, neutralità tecnologica, salvaguardia industriale e occupazionale. Sono solo alcune delle ragioni che rendono dirimente la necessità di sviluppare i Low Carbon Fuel (LCF) in Italia, sfruttando infrastrutture e know how consolidati e all’avanguardia. In questo ambito, come si pone la nuova bozza di PNIEC? A suo avviso viene adeguatamente affrontato il tema della sicurezza energetica?

Come ho avuto modo di dire durante la nostra ultima assemblea, va dato atto al nuovo PNIEC di aver adottato un approccio più pragmatico e improntato alla neutralità tecnologica, volto anche alla promozione di comportamenti di consumo responsabili. C’è stata sicuramente una maggiore valorizzazione dei LCF rispetto all’edizione precedente, con volumi molto vicini a quelli che avevamo ipotizzato nei nostri scenari per centrare gli obiettivi di decarbonizzazione previsti dal “Fit fot 55”. Trovo invece ancora troppo ottimistiche, se non irrealistiche, le stime sulla penetrazione del vettore elettrico che appaiono del tutto incompatibili con i trend attuali sia dal punto di vista delle immatricolazioni di auto elettriche che di consumi di elettricità stimati nei trasporti stradali.

Devo poi riconoscere che qualche passo avanti è stato fatto anche sul fronte della sicurezza energetica visto che si parla di intensificare la diversificazione degli approvvigionamenti e di ottimizzare l’utilizzo delle infrastrutture esistenti.

In base ai progetti oggi esistenti e allo stato dell’arte della tecnologia, ritiene che gli e-fuel possano avere una penetrazione su larga scala già a partire dal prossimo decennio? 

I nostri scenari dimostrano che è possibile. La produzione degli e-fuels è oggi ancora sperimentale e la transizione dalla fase pilota-dimostrativa attuale ad impianti in grado di attivare una produzione su scala commerciale richiede realisticamente più di un decennio. Secondo Concawe, un nuovo impianto di questo tipo avente una capacità di 0,2 milioni di Tep all’anno potrebbe determinare una spesa di investimento tra i 400 e i 650 milioni di euro, mentre unità di taglia maggiore integrate in siti di raffinazione o facenti parte di hub industriali potrebbero beneficiare di riduzioni di costo più significative. Resta il fatto che per attivare questo tipo di investimenti serve un quadro di regole chiare e abilitante che oggi manca.

Per i segmenti di trasporto avio e marittimo, quali prospettive intravede in termini di evoluzione dei fuels? Quanto conta la direzione che verrà intrapresa nel segmento stradale per la loro decarbonizzazione?

Trasporto aereo e marittimo sono due settori che presentano più vincoli dal punto vista delle alternative possibili rispetto a quello stradale per ovvi limiti tecnologici. Nel caso del trasporto marittimo, ad esempio, la ship order attuale sembra essere orientato verso motori dual fuels che rendono più flessibile il rifornimento nelle diverse aree del mondo. In quello aereo, almeno nel breve termine, si punta senza dubbio sui cosiddetti SAF (Sustainable Aviation Fuel) che già sono stati testati su voli di lungo raggio.

In ogni caso si tratta di mettere in moto le adeguate economie di scala e per questo si deve partire dal trasporto leggero che offre una maggiore massa critica, perché altrimenti non arriveremo neanche a soddisfare la domanda in questi settori dove l’elettrificazione è praticamente impossibile, se non in minima parte.