Quanto costa un m3 d’acqua? Molto spesso, quando viene posta questa domanda ai convegni vediamo la platea attonita, mentre se riproponessimo la stessa domanda chiedendo quanto costa un litro di latte o un litro di benzina, ciascuno di noi saprebbe almeno individuare un ordine di grandezza corretto. Questo è il risultato di un decadimento culturale che ci ha portato a considerare l’acqua un elemento secondario, una risorsa infinita alle quale i paesi ricchi posso accedere indiscriminatamente. Abbiamo completamente dimenticato il nostro rapporto con l’acqua, fonte primaria della civilizzazione e dello sviluppo economico. Non è un caso che le città della pianura padana, come molte altre, siano state fondate sulle rive di fiume e torrenti per garantire un approvvigionamento idrico, un’arteria di comunicazione (molto del marmo impiegato per la costruzione dei monumenti storici è stato spostato tramite trasportato fluviale) ed anche come scolo/fognatura. L’urbanizzazione successiva ha, tuttavia, dissolto questo legame con l’acqua facendoci vivere nell’illusione della sicurezza idraulica, vedendolo più spesso il fiume come una barriera o un confine. Infatti,  se confrontiamo la mappa del territorio italiano nel pleistocene e la mappa del dissesto idrogeologico prodotta dall’ISPRA per molti tratti è sovrapponibile ed un triste esempio lo abbiamo avuto con i recenti eventi climatici che hanno interessato la nostra Penisola: la Natura, ed in questo caso specifico l’acqua, si è ripresa il suo spazio “rubato”.

I due eventi alluvionali che si sono generati in Emilia Romagna a inizio e metà maggio sono stati causati principalmente dalle elevate precipitazioni, con più di 200 millimetri in 36 ore per entrambi gli eventi. Questi quantitativi sono sicuramente eccezionali, se presi singolarmente, ma lo sono soprattutto se si considera che si sono verificati a distanza di soli 15 giorni sullo stesso territorio, con cumulate che, per il solo mese di maggio, sono confrontabili con i valori annuali di pioggia.

Nel caso del primo evento (1-2 maggio) la siccità ha avuto un ruolo perché i suoli, prevalentemente argillosi nella parte appenninica, resi duri (croste) dal periodo prolungato di non pioggia hanno una minor capacità di assorbire le precipitazioni. Nell’evento di metà maggio, invece, i suoli erano prossimi alla saturazione a causa delle piogge cadute nei giorni precedenti e quindi ancora una volta le forti precipitazioni sono infiltrate solo parzialmente e sono andate a ingrossare i corsi d’acqua. In entrambi i casi, il defluire delle acque sia in superficie che nel sottosuolo verso i corsi d’acqua ha provocato, frane e onde di piena, quindi esondazioni. In alcune aree le esondazioni sono state aggravate dalle rotture arginali, anch’esse legate alla violenza delle onde di piena con un aumento dei livelli dei corsi d’acqua di oltre 6 metri in 12-18 ore. Fenomeni così intensi e localizzati non sono per altro sufficienti ad eliminare totalmente il problema siccità in quanto la conformazione infrastrutturale attuale consente di trattenere solo una residuale percentuale del piovuto, che, per altro in questi casi, ha torbidità molto elevate ed è scarsamente appetibile per i vari utilizzi.

Tuttavia, così come affermato dall’Osservatorio Crisi Idriche ADBPO: “il mese di maggio interrompe il lungo periodo di siccità meteorologica ed idrologica che ha caratterizzato il Distretto negli ultimi 16 mesi. La dinamicità atmosferica che ha contraddistinto il mese, stando ai modelli previsionali, si protrarrà anche per la prima decade di giugno. Le precipitazioni cadute fino ad oggi ed il conseguente incremento dei livelli idrometrici di quasi tutti i corsi d’acqua cambiano in modo significativo lo scenario meteo-idrologico”.

Certamente i livelli in tutte le stazioni di misura del Po e dei suoi affluenti sono rientrati entro valori medi ed è attesa una instabilità che potrebbe portare ulteriori perturbazioni anche nelle prossime settimane. A Pontelagoscuro, la stazione di chiusura del bacino, il 24 Maggio si è avuto un picco di piena oltre i 2.700 m3 per calare verso la media di poco superiore ai 2.000 m3 nei giorni seguenti. Anche i bacini sul distretto hanno incrementato i volumi di invaso, sia quelli artificiali dislocati sull’arco Alpino, sia i grandi laghi che superano tutti il riempimento del 50%, con anche il lago di Garda in forte recupero, con una quota di 86 cm sullo zero idrometrico di Salionze e riempimento al 65%.

Ma tornando alla domanda iniziale, quanto costa quindi un m3 d’acqua? La risposta ahimè non è univoca e dipende da vari fattori e dall’utilizzo per cui la vogliamo usare, sicuramente i m3 di acqua che hanno invaso i territori alluvionati hanno un costo esorbitante se la prima stima dei danni è di circa 6 miliardi di euro. I grandi fenomeni naturali quali alluvioni, eruzioni vulcaniche, sismi, non si possono evitare. Possiamo e dobbiamo però fare tanto in termini di prevenzione, andando a ridurre il rischio e l'impatto relativo, ma pensare di avere il controllo totale su tutti gli eventi naturali è un qualcosa di poco scientifico e di poco razionale. La differenza tra ridurre ed evitare è sostanziale. Un rischio residuo dovuto a volumi d’acqua che non possiamo trattenere, o comunque alla possibilità che un argine collassi esisterà sempre. Questo residuo va gestito sia con interventi non strutturali come sistemi di allerta, attività di esercitazione, sia con progettazione, pianificazione e manutenzione, ossia interventi strutturali. La manutenzione dei corsi d’acqua, così come la costruzione di invasi e/o vasche di laminazione, può mitigare il rischio di alluvione, ma eventi meteorologici di tale intensità sono destinati a provocare esondazioni e danni anche in futuro.

Non possiamo pensare di eliminare completamente il rischio da alluvioni. L’allerta meteorologica e la protezione civile hanno allertato la popolazione in modo preciso e con netto anticipo in entrambi i casi. È necessario  conoscere il rischio alluvionale, imparare come comportarci durante un’alluvione ed essere sempre informati sull’evoluzione dell’evento. Questi comportamenti ci permetteranno di salvaguardare le nostre proprietà e soprattutto le nostre vite. In estrema sintesi, dobbiamo metter in campo tutte le politiche ed infrastrutture per mitigare il rischio, ma è altresì necessario recuperare il nostro rapporto con l’acqua perso nei secoli.