Ancora oggi, a quasi un anno di distanza, non so dire cosa abbia attirato la mia attenzione. Era un giorno di luglio, contavo i giorni alle mie vacanze in Finlandia e scorrevo rapidamente le foto del giorno sul portale dell’Ansa. Clic, clic, clic, sempre più velocemente, senza nemmeno avere il tempo di guardarle davvero, quelle immagini. Poi, all’improvviso, mi sono fermata. Ancora, oggi, non so spiegare bene perché, ma quella foto aveva qualcosa di strano. C’erano due uomini a petto nudo, pantaloncini corti e cappellino in testa. Nello scatto che ferma quel momento, l’uomo con il cappello bianco ha appena lanciato in aria una palla, quello con il cappello blu ne tiene in mano un’altra e aspetta il suo turno. Stanno giocando a bocce. Stanno giocando a bocce sulla sabbia, sul letto del fiume Po, in secca.
Spiaggia secca lungo la riva del Po
Fonte: Daniele Marinello
Dove ci dovrebbe essere acqua, adesso c’è una sabbia bianchissima, completamente asciutta. Più di tanti titoli di giornali, è stata quella foto a farmi capire la gravità della situazione. La siccità del 2022 - che si è addirittura aggravata nel 2023 - ci ha fatto toccare con mano il cambiamento climatico, un concetto che sembra astratto e distante, ma è invece concreto e vicino, vicinissimo a noi.
Per capire quanto sia vicino, ho seguito il fiume Po dalla sorgente fino al delta attraversando tutta la pianura padana e parlando con chi vive ogni giorno sulla propria pelle le conseguenze di questa siccità. Ho incontrato agricoltori, allevatori, pescatori e ho raccontato le loro storie all’interno del podcast-reportage “L’ultima goccia” prodotto da Chora Media in collaborazione con il Gruppo Hera. Ma, prima di tutto, ho cercato di farmi spiegare da un’esperta che cosa sta succedendo al nostro pianeta. Lei è Elisa Palazzi, insegna fisica del clima all’Università di Torino ed è un’esperta di montagna. Studia la montagna perché - spiega - “la montagna è un grande indicatore dei cambiamenti climatici e ambientali in corso. E proprio una sentinella del cambiamento climatico che mostra segni molto chiari sia di che cosa sta causando i cambiamenti che vediamo, sia di quali sono gli effetti”.
Negli ultimi anni la temperatura in montagna è aumentata più di quanto non abbia fatto a livello medio globale e gli effetti di questo surriscaldamento (che si attesta a circa il doppio rispetto a quello medio) sono molto chiari: “Abbiamo meno neve, e quindi sempre meno acqua”, dice Elisa Palazzi. Al problema dello scioglimento dei ghiacci se ne aggiunge un altro: quello legato all’area geografica in cui ci troviamo. “L’Italia - spiega la professoressa Palazzi - si trova all’interno di un hotspot climatico, quello del Mediterraneo. Il Mediterraneo si trova tra l'Europa continentale e l'Africa, proprio in una zona di confine tra fasce climatiche diverse. Lo scontro tra queste due fasce climatiche genera l’anticiclone africano, che di solito staziona sull’Africa ma che adesso si spostando verso nord, alle nostre latitudini. Ecco perché il nostro clima sta cambiando, diventando sempre più simile a quello subtropicale”.
I cambiamenti climatici impattano sulla nostra vita di tutti i giorni, ma soprattutto su quella di chi lavora con la terra. In Lomellina, per esempio, la coltivazione del riso è in fortissima crisi. Non c’è più acqua per allagare le risaie, e neppure per innaffiare i campi seminati in asciutta. Gli agricoltori della zona si interrogano sul loro futuro e c’è chi ipotizza di abbandonare il riso in favore di colture che richiedano meno acqua, come grano o orzo. “Ho imparato il mestiere da mio nonno - racconta Cristiano Carturan - e da sempre il momento del raccolto per me è emozionante, ma vedere i campi soffrire in questo modo è straziante, ed economicamente non è sostenibile”.
Risaia della Lomellina
Fonte: Daniele Marinello
Se alcuni agricoltori sembrano arrendersi, c’è anche chi prova a trovare soluzioni: Alberto Lasagna è il direttore di Confagricoltura Pavia e ha un piano: “Per salvare l’acqua bisogna salvare questo pezzo di mondo, la pianura padana”, dice, e poi spiega il suo piano: “Gestire meglio la falda, che è come un'enorme spugna; invasare i laghi più che si può, usando tutta l'elettronica e l'informatica e i modelli predittivi di cui disponiamo; selezionare geneticamente una varietà di riso che resista al freddo, per poterlo seminare prima, ma che resista anche alla siccità”.
I cambiamenti climatici non impattano solo sull’agricoltura ma anche sugli animali: per questo durante il viaggio lungo il Po ho visitato alcuni allevamenti: “Adeguarsi al climate change - spiega Stefano Benatti, che ha un allevamento a Guastalla - significa scegliere una razza di bovini più resistenti al caldo, come le vacche rosse reggiane, per esempio”.
Risparmiare acqua significa anche saper usare bene quella che abbiamo a disposizione. Per questo motivo, lungo il tragitto verso il delta del Po ho fatto una deviazione verso Cesena, dove è situato un impianto di depurazione per il riuso delle acque. Alberto Ceccaroni è il responsabile degli impianti fognari depurativi dell’area Forlì-Cesena del gruppo Hera: “L'acqua in arrivo al depuratore è l'acqua della pubblica fognatura. Quest’acqua nera, sporca, arriva all'impianto di depurazione ed esce pulita, utilizzabile per l’irrigazione degli alberi di pesche e dei pomodori coltivati nella serra sperimentale creata per questo progetto”.Quella che per ora è solo una sperimentazione resa possibile dalla collaborazione tra gruppo Hera, Enea e Università di Bologna, potrebbe diventare una soluzione concreta ai problemi idrici del settore agricolo: l’Enea stima di arrivare a soddisfare fino al 70% del fabbisogno idrico regionale e a ridurre l’uso dei concimi, grazie all’utilizzo delle acque reflue depurate che contengono già le sostanze nutritive necessarie per le piante.
Riprendo il viaggio, e da Cesena torno verso il fiume. Mi fermo nelle Valli di Comacchio, nel parco del delta del Po dell’Emilia Romagna. “Questa - mi dice il capovalle, Piercarlo Farinelli - è acqua salmastra. La salinità in Valle dovrebbe essere il 33 per 1.000 per essere ottimale. Ma a causa della siccità adesso è al 50 per 1.000 e questo non va bene, per tutte le specie animali che vivono in quest’area protetta, dai fenicotteri alle anguille”.
La salinità è uno dei grandi problemi dovuti alla siccità: sui giornali ogni giorno si legge che il cuneo salino è arrivato a 30 chilometri: significa che l’acqua salata del mare sta risalendo il Po, da cui sfocia nell’Adriatico sempre meno acqua dolce.
Da qui, in pochi minuti, si arriva al mare, dove il fiume Po finisce il suo corso.
L’ho visto nascere sul Monviso, scorrere lungo tutta la pianura padana, sempre più asciutto. Ho visto il suo letto diventare sabbia, come in quella foto da cui tutto è partito.
Come alla fine di tutti i viaggi, si torna a casa con un insegnamento. Quello che io ho imparato parlando con chi lotta ogni giorno contro i cambiamenti climatici è che non è troppo tardi per cambiare le cose. Ma bisogna impegnarsi, subito, tutti.