La lotta ai cambiamenti climatici prende il via nel lontano 1992, con la prima Conferenza mondiale sull'ambiente e lo sviluppo (Earth Summit) tenutasi a Rio de Janeiro, nel momento in cui venne istituita la “Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici” (UNFCCC). L’obiettivo, non vincolante, era quello di “ridurre le concentrazioni atmosferiche di emissioni GHG e prevenire interferenze antropogeniche pericolose con il sistema climatico terrestre”. La Convenzione entrò in vigore nel marzo del 1994 dopo la ratifica di 50 dei 154 Paesi aderenti ed aprì la strada alla prima “Conferenza delle Parti” (COP1), svoltasi a Berlino dal 28 febbraio al 7 aprile 1995, che si diede due anni di tempo per mettere a punto “una serie completa di azioni” coerenti con gli obiettivi di Rio.
Si arriva così al 1997 quando, in occasione della COP3 che si tenne a Kyoto dal 1° al 10 dicembre, dopo infinite trattative, viene approvato il famoso “Protocollo di Kyoto” che rappresenta il primo vero accordo internazionale a prevedere azioni giuridicamente vincolanti per i Paesi sviluppati tese alla riduzione delle emissioni GHG basate su una serie di “meccanismi flessibili” di mercato, di cui il più noto è senza dubbio l’Emission Trading Scheme (ETS) che, ad oggi, è ancora largamente inattuato al di fuori dell’Europa.
Bisognerà però aspettare fino al 16 febbraio 2005 per l’effettiva entrata in vigore del Protocollo, ovvero dopo la ratifica di Canada e Russia. Nel mezzo una serie altre COP che si possono definire interlocutorie, fino a quella di Doha (COP18) del 2012 che estese la durata del Protocollo di Kyoto, la cui scadenza inizialmente era prevista per la fine del 2012, sino al 2020, rimandando al 2015 una sua nuova definizione. Cosa che poi è accaduta con gli Accordi di Parigi del 2015 (COP21) con cui il mondo si è posto l’ambizioso obiettivo di raggiungere un accordo vincolante e universale sul clima per tutte le nazioni del mondo, contenere l'aumento della temperatura ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali, possibilmente entro 1,5 °C, e orientare, al contempo, i flussi finanziari privati e statali verso uno sviluppo a basse emissioni di gas serra.
L’Europa è quella che, da subito, prese più sul serio - forse anche troppo rispetto agli altri Paesi aderenti - questi impegni. Già nel luglio 2016, la Commissione presieduta dal francese Jean-Claude Juncker, con Frans Timmermans vicepresidente, presentò una prima proposta di regolamento con obiettivi vincolanti in materia di emissioni di gas serra per il periodo 2021-2030 e una strategia europea per la mobilità a basse emissioni. Nel maggio 2017 – pochi mesi dopo la comunicazione del Regno Unito di recedere dalla UE – fu quindi la volta del pacchetto “Europa in movimento” che prevedeva una prima serie di 8 iniziative legislative riguardanti in modo specifico il trasporto su strada. In particolare, per le auto erano previsti limiti sempre più stringenti sia per le emissioni inquinanti, soprattutto di NOx e PM, sia nuovi metodi per i controlli omologativi con l’introduzione, dal 2018, del ciclo WLTP (Worldwide Harmonized Light Vehicles Test Procedure) decisamente più severo del precedente protocollo NEDC (New European Driving Cycle) del 1992. Per quanto riguarda invece le emissioni di CO2 l’obiettivo era un taglio del 55% entro il 2030 (da 130 a 59 gr/km). Il tutto misurando tali emissioni esclusivamente allo scarico.
L’esperienza di Juncker termina il 1° dicembre 2019 quando subentra la nuova Commissione guidata da Ursula von der Leyen che, appena insediata, con il “Green Deal”, affidato a Frans Timmermans ancora una volta in veste vicepresidente, si impegna a fare dell’Europa “il primo continente al mondo a impatto climatico zero entro il 2050, per il bene delle persone, del pianeta e dell’economia”.
Tappa fondamentale in questo passaggio è la “Legge europea sul clima”, approvata nel giugno 2021, che ha introdotto nella legislazione europea l'obiettivo della neutralità climatica per il 2050 e un obiettivo collettivo di riduzione delle emissioni nette di gas a effetto serra pari ad almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
Strumento attuativo di questo disegno è stato il pacchetto “Fit for 55” (14 tra direttive e regolamenti), presentato nel luglio 2021, che in materia di standard emissivi di CO2 per auto e veicoli leggeri (Proposta di regolamento COM (2021)556) punta ad accelerare sulla progressiva riduzione delle emissioni, sempre e solo allo scarico, fino ad azzerarle nel 2035 (ad eccezione del trasporto pesante per il quale, in base ad una recente proposta della Commissione, la riduzione al 2040 dovrà arrivare al 90%).
Riduzione percentuale delle emissioni di auto e van
Fonte: Commissione Europea
Su questa proposta si è già espresso favorevolmente il Parlamento europeo il 14 febbraio nell’ambito del trilogo e ora, per chiudere la partita, mancherebbe solo la ratifica del Consiglio. Il condizionale è però d’obbligo vista la levata di scudi un po’ tardiva di alcuni Paesi, tra cui Germania e Italia, che hanno detto di essere pronti a votare contro, in nome della neutralità tecnologica. Meglio tardi che mai.