È ormai accettato che le attività umane abbiano alterato il ciclo del carbonio del nostro pianeta, che prima della rivoluzione industriale coinvolgeva lo scambio naturale di carbonio tra la geosfera, la biosfera, gli oceani e l'atmosfera, e si traduceva in un basso intervallo di concentrazioni di CO2 nell'atmosfera (circa 280 ppm, ovvero 0,028%) (IPCC, 2013-2014). Tuttavia, negli ultimi 250 anni, la combustione di combustibili fossili (carbone, petrolio, gas) per la produzione di energia, per il riscaldamento, i processi industriali e i trasporti, ha aumentato la quantità di CO2 emessa nell'atmosfera fino all'odierna concentrazione atmosferica di 409,9 ppm (già un aumento del +46,4% rispetto ai livelli preindustriali).

Questa grande quantità di CO2 che viene riassorbita intrappola parte del calore del sole nell’atmosfera, provocando il riscaldamento della superficie terrestre. Secondo l'International Energy Agency (IEA), una delle principali fonti di emissioni dirette di CO2 deriva dall’utilizzo di combustibili fossili per alimentare i settori dei trasporti e dell'energia (circa 14 Gt di CO2 nel 2019). Una possibile soluzione per azzerare queste emissioni consiste nel collocare nuovamente la CO2 nel sottosuolo, creando un circuito chiuso nel sistema di produzione di energia. In questo modo il carbonio estratto dal sottosuolo originariamente sotto forma di gas, petrolio e carbone, viene restituito nuovamente sotto forma di CO2. Un processo applicabile non solo alla CO2 proveniente da combustibili fossili, ma anche a gran parte della industria pesante (hard to abate): acciaierie, cementifici, industria della carta, della ceramica, dei componenti per la produzione di pannelli solari, ecc.

L’accumulo di CO2 nel sottosuolo avviene anche in modo naturale (come nel sud della Francia e in provincia di Roma, dove la CO2 interagisce con le falde acquifere dando origine a famose acque minerali). Questi siti naturali in tutto il mondo dimostrano che le formazioni geologiche sono in grado di immagazzinare CO2 in modo efficiente e sicuro per periodi di tempo estremamente lunghi, senza creare impatti ambientali pericolosi per l’uomo. La cattura e lo stoccaggio di CO2 (CCS, Carbon Capture and Storage) è una delle misure cruciali da attuare con urgenza per mitigare i cambiamenti climatici. La CCS prevede: (i) la cattura di CO2 negli impianti industriali (acciaierie, cementifici, raffinerie, ecc.); (ii) il trasporto tramite oleodotto, treno, camion o nave fino a un luogo di stoccaggio; e (iii) l’iniezione attraverso un pozzo in una formazione geologica idonea per lo stoccaggio a lungo termine, a profondità comprese tra i 1.000 e i 2.500 metri.

Considerando l'uso ancora prolungato di combustibili fossili a causa dell'attuale mancanza di alternative su larga scala per fonti energetiche "pulite" e la CO2 emessa durante la produzione industriale di base, si prevede un incremento delle emissioni globali di CO2 nel breve e medio termine. Tuttavia, di pari passo con CCS, l'umanità potrebbe progredire in modo rispettoso dell'ambiente, creando un ponte verso un'economia mondiale basata sulla produzione di energia sostenibile. A partire dagli anni '90 sono stati condotti importanti programmi di ricerca sulla CCS in Europa, Stati Uniti, Canada, Australia e Giappone. La tecnologia è matura ed è stata già applicata in impianti di dimensioni industriali, dove vengono trattati milioni di tonnellate di CO2: Sleipner in Norvegia (circa 1 Mt/anno dal 1996), Weyburn in Canada (circa 1,8 Mt/anno dal 2000), e più recentemente Gorgon in Australia (circa 3 Mt/anno dal 2019).

La collaborazione internazionale sulla ricerca sullo stoccaggio di CO2, promossa da IEAGHG (international Energy Agency) e CSLF (Carbon Sequestration Leadership Forum), è stata particolarmente importante per ampliare la comprensione tecnica di questa tecnologia e sviluppare una comunità scientifica mondiale che si occupa di questi temi. Nel recente rapporto dell’IPCC, la CCS viene presentata come una delle opzioni da adottare per limitare il riscaldamento globale a 1,5ºC (2018) senza incorrere in gravi problemi di tipo economico e sociale. Esiste una solida competenza tecnica e il mondo si sta ora muovendo con fiducia nella fase dimostrativa e commerciale. Oltre agli sviluppi tecnici, si stanno elaborando quadri legislativi, normativi, economici e politici e si sta valutando la percezione e il sostegno sociale. In Europa l'obiettivo è di avere 15 permessi per progetti di stoccaggio di CO2 concessi o in fase avanzata entro il 2030.

La CO2 non può essere iniettata ovunque nel sottosuolo; in primo luogo, devono essere identificate formazioni rocciose ospitanti idonee. Queste esistono in tutto il mondo e offrono una capacità di stoccaggio sufficiente per dare un contributo significativo alla mitigazione del cambiamento climatico. Esistono due principali opzioni: giacimenti esauriti di gas naturale e petrolio e acquiferi salini profondi. Sappiamo che la capacità di stoccaggio della CO2 in Europa è elevata, anche se esistono incertezze legate alla complessità, all'eterogeneità e ai fattori socioeconomici dei giacimenti. Diversi progetti finanziati dalla Comunità Europea indicano valori nell’ordine della gigatonnellate (37Gt) per il Mare del Nord, che consentirebbe ai grandi impianti in questa regione di iniettare CO2 per diversi decenni. L'aggiornamento e l'ulteriore mappatura delle capacità di stoccaggio in Europa è una questione di ricerca, da condurre nei singoli Stati membri e attraverso i progetti dell'UE per l'Europa in generale.

Al fine di garantire la sicurezza e l'efficienza dello stoccaggio, le condizioni per la progettazione e l'esercizio del progetto sono regolate dalle autorità governative e rispettate dagli operatori. Tutti i siti di stoccaggio di CO2, sia quelli attivi attualmente che quelli futuri, sono dotati di un ampio e dettagliato sistema di monitoraggio che ha come oggetto il controllo delle procedure operative, il comportamento della CO2 in profondità, la mancanza di perdite, la stabilità sismica del sito. Obiettivi del monitoraggio sono la mappatura della CO2 in profondità, il controllo dell'integrità delle infrastrutture (pozzi), la valutazione della qualità delle acque sotterranee e la garanzia che nessuna CO2 raggiunga la superficie. Il monitoraggio deve soddisfare numerosi aspetti operativi, di sicurezza, ambientali, sociali ed economici. Il monitoraggio di un sito di stoccaggio di CO2 è già fattibile con le numerose tecniche disponibili sul mercato o in fase di sviluppo. Compito della ricerca è quello di sviluppare nuovi strumenti a basso impatto ambientale (in particolare da utilizzare sui fondali marini), ma che continuino a garantire affidabilità e precisione e permettano di ridurre i costi. I criteri di sicurezza sono essenziali per il successo dell'implementazione industriale dello stoccaggio di CO2 e sono specifici per ciascun sito di stoccaggio. I risultati del monitoraggio, oltre a garantire la corretta gestione del sito costituiscono un potente strumento di comunicazione con le comunità locali e sono quindi molto importanti per l'accettazione da parte del pubblico.