L’intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) non ha dubbi a riguardo: la tecnologia di cattura, utilizzo, trasporto e stoccaggio di CO2 (Carbon Capture, Use and Storage, CCUS) è imprescindibile per raggiungere gli obiettivi climatici fissati dagli Accordi di Parigi*. Una tecnologia necessaria. A livello operativo, per le industrie ad alta intensità di emissione (la cosiddetta industria pesante) catturare la CO2 rappresenta la sola opzione possibile per mitigare le emissioni delle attività industriali in cui le emissioni di CO2 sono inevitabili, poiché necessarie per la trasformazione della materia prima come nel caso di cemento, acciaio, produzione chimica, ecc. La CSS è fondamentale per il futuro dell’industria in Europea, per mantenerla competitiva a livello globale e per salvaguardare i posti di lavoro, la ricerca e l’innovazione ad essa associati.  

Dove sono i progetti CCS? Nonostante il suo ruolo fondamentale, la CCS non risulta tuttavia disponibile su scala commerciale ai livelli necessari. Attualmente in Europa, considerando anche lo Spazio economico europeo (SEE) e il Regno Unito, si contano 72 progetti in fasi di sviluppo diverse in 18 paesi (in Italia troviamo il sito di stoccaggio di Eni a Ravenna). Tali progetti si sviluppano intorno a cluster industriali che condividono parte dell’infrastruttura, nella catena di valore della CO2, permettendo di ridurre i costi di sviluppo della CCS in maniera significativa. Qualora tutti i progetti venissero realizzati, permetterebbero lo stoccaggio di soli 80 Mt all’anno nel 2030, ben lontani da quello che servirebbe per essere in linea con la strategia di decarbonizzazione europea.

Un mancato supporto. Fino ad ora è mancata una forte volontà politica di sostenere la CCS, nonostante l’immenso potenziale in termini di mitigazione delle emissioni. Questo si riflette anche in un quadro normativo inadeguato (negli Stati Membri come a livello generale in Europa) che ora necessita di urgenti modifiche per poter accelerare lo sviluppo su scala commerciale della CCS e risolvere le principali sfide legate a questa tecnologia: i costi, il relativo business case e l’influenza dell’opinione pubblica.

Gli ostacoli. Un’altra sfida è legata al ruolo dell’opinione pubblica: la conoscenza limitata della tecnologia ha generato una serie di falsi miti legati, per esempio, alla mancata maturità tecnologica e alla sua sicurezza, pertanto disincentivando le autorità pubbliche al supporto necessario. Sicura e provata. Sappiamo invece che la CCS è una tecnologia sicura, poiché la CO2 stoccata nei giacimenti esausti di gas o negli acquiferi salini profondi permane nelle rocce porose di strutture geologiche che per milioni di anni hanno conservato riserve di idrocarburi. È inoltre una tecnologia ampiamente collaudata, poiché  il suo utilizzo in campo industriale avviene fin dagli anni 70.

Qualcosa si muove. Per far sì che i progetti previsti siano operativi, permettendo successivamente la commercializzazione della tecnologia tramite economie di scala, le politiche climatiche e industriali europee dovrebbero innanzitutto riconoscere la necessità della CCS per decarbonizzare l’industria, così come avviene per altre soluzioni quali le energie rinnovabili e l’idrogeno. Eccezion fatta per la Direttiva relativa allo stoccaggio, la CCS, infatti, poco figura nel quadro legislativo europeo.

I primi progressi a livello normativo sono apparsi negli ultimi 5 anni:

  • il Regolamento TEN-E (Regolamento sulle Infrastrutture energetiche transeuropee), adottato nel 2020, ha incluso nel suo campo di applicazione lo stoccaggio di CO2;
  • il Fondo per l’innovazione (Innovation Fund), il più grande fondo europeo per la decarbonizzazione, ha selezionato 11 progetti basati sulla CCS;
  • nel 2021 la Commissione ha dato il via alla creazione dell’EU CCUS Forum, una piattaforma di discussione ad alto livello sull’argomento, nel quale co-presiedo il gruppo di lavoro relativo all’infrastruttura.

Durante la seconda sessione del Forum ad Oslo, nel novembre 2022, la Commissaria UE per l’Energia Kadri Simson ha annunciato la pubblicazione di una comunicazione su una visione strategica sulla CCUS, attesa per fine 2023. Per creare una strategia Europea sulla CCUS, oggi estremamente necessaria, bisognerà iniziare con l’allineare le policy europee riguardanti la CCS con quelle esistenti per altre tecnologie (la strategia per l’idrogeno, la strategia per le batterie).

Le soluzioni. In questo contesto di rinnovato ottimismo per la tecnologia, le principali società upstream operative in Europa, rappresentate da IOGP (International Association of Oil & Gas Producers), hanno di comune accordo deciso di promuovere  l’obiettivo comune riguardante la disponibilità di capacità di iniezione di stoccaggio di CO2, fissando il livello a 0,5 – 1,0 GtCO2 p.a. entro il 2050. Tale livello minimo è:

  • necessario: solo i settori difficili da decarbonizzare (hard-to-abate sectors) emettono 0,7-1,0 GtCO2/anno (su 3,3 GtCO2/anno di emissioni totali nell'UE);
  • ambizioso: vista la ridotta capacità totale di stoccaggio dei progetti;
  • realistico: la Commissione europea stima il potenziale di stoccaggio geologico in Europa a 507 GtCO2 annui.

La realizzazione di tale obiettivo presuppone lo sviluppo di un chiaro framework legislativo europeo che si basi su: 1) un’ambizione europea con livelli di stoccaggio definiti in tappe (milestones); 2) la creazione di un’infrastruttura per il trasporto e lo stoccaggio della CO2 con regole normative chiare per i vari attori nella catena del valore e con procedure di autorizzazione semplificate per le strutture CCUS; 3) l’instaurazione di meccanismi specifici di supporto e aiuti finanziari che riducano i principali rischi commerciali per la CCS.

Per garantire il successo dell'implementazione di CCUS su larga scala sono necessarie misure per ridurre i tipici rischi commerciali: i) di prezzo (variazione) per gli emettitori che investono nella cattura di CO2 e appaltano lo smistamento della CO2 catturata e ii) di volume per gli aggregatori di CO2. I meccanismi che consentono la riduzione del rischio includono per esempio anche la carbon contract for difference (CCfD), meccanismi di condivisione del rischio tra aggregatori ed enti governativi e si aggiungono agli aiuti finanziari utili soprattutto nelle prime fasi.

Introdurre gli adeguati incentivi finanziari anche per la CCS è necessario nel contesto della recente Comunicazione della Commissione in risposta all’Inflaction Reduction Act americano (US IRA): il Green Deal Industrial Act. La Comunicazione, pur citando la CCS tra le tecnologie pulite da incentivare, non prevede per ora nuove misure per favorirne lo sviluppo a livello commerciale. È pertanto auspicabile che le misure attuative che la Commissione pubblicherà nei prossimi mesi includano la CCS, confermandone il ruolo essenziale tra le tecnologie a basse emissioni di carbonio.

La Commissione europea e tutti gli attori legislativi, inclusi gli Stati Membri, devono incoraggiare in maniera unanime lo sviluppo della CCS per garantire la competitività europea e assicurare un futuro all’industria europea. Senza CCUS non sarà possibile raggiungere gli obiettivi del Green Deal e senza CCS non ci potrà essere industria in Europa.

*Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), la capacità di stoccaggio di CO2  tramite CCS (Carbon Capture and Storage) dovrebbe raggiungere tra le 5,6 gigatonnellate (Gt) e le 7,6 Gt per poter raggiungere gli obiettivi zero emissioni stabiliti dal Green Deal. Questi dati si traducono a livello europeo in 930-1200 milioni di tonnellate di CO2 all’anno nel 2050 sulla base degli scenari sviluppati dalla Commissione europea