Sviluppare la tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) significa consentire l’impiego di gas, carbone e altri combustibili - come la biomassa e i rifiuti- così da garantire una maggiore sicurezza energetica. Il principio che sta alla base di una misura efficace è quello di ottenere il massimo dall’utilizzo dei combustibili fossili, il cui uso, in un’ottica di net zero, deve essere comunque ridotto al minimo, e per farlo occorre ricorrere anche alla tecnologia CCS che consente di catturare direttamente alla fonte la CO2 o di ricatturarla dall’aria al fine di azzerarne le emissioni entro il 2050.

In UK, così come ha dichiarato il governo “un nuovo Dipartimento per la sicurezza energetica e il Net Zero è stato incaricato di garantire il nostro approvvigionamento energetico a lungo termine, abbattere le bollette e dimezzare l'inflazione. Ciò muove dalla necessità di calmierare l’impatto che l'aumento dei prezzi ha avuto sulle famiglie in tutto il paese a seguito della guerra di Putin in Ucraina e, nello stesso tempo, di garantire più energia dal nucleare domestico e dalle fonti rinnovabili, sfruttando le opportunità che derivano dal raggiungimento di una politica net zero”.

Va da sé che in un tale contesto e nel perseguimento di tali obiettivi, l'imperativo principale sia chiaramente quello di ridurre al minimo l'uso di gas naturale (il gas naturale nel caso del Regno Unito, ma potrebbe essere il carbone altrove) e di massimizzare l'uso di elettricità generata da fonti rinnovabili, garantendo, però, allo stesso tempo la continuità delle forniture elettriche 24 ore al giorno per tutto l’anno. Per raggiungere questo obiettivo, i combustibili fossili dovrebbero essere utilizzati nel modo più efficace possibile, così che il loro apporto sul totale dell’energia consumata sia ridotto al minimo, e il loro uso avvenga solo per periodi o in casi in cui non è disponibile nessun’altra fonte. Questo vuol dire che le fonti fossili non possono essere eliminate del tutto. Per la fornitura immediata e su richiesta di elettricità e calore, infatti, il gas naturale offre quella flessibilità e disponibilità, ad oggi non proprie ad altre fonti intermittenti (caratteristiche che rimarranno tali anche nel prossimo futuro), mentre le centrali elettriche a carbone garantiscono disponibilità di combustibile che può essere anche stoccato in loco. Anche i carburanti a base di idrocarburi liquidi presentano vantaggi unici per alcune applicazioni, in ragione, soprattutto, dello loro proprietà intrinseche e, grazie al recupero di CO2 dall'atmosfera, possono essere utilizzati con zero emissioni nette di gas serra.

L'idrogeno viene promosso come sostituto del gas naturale, ma nel caso di "idrogeno blu"(prodotto da gas con l’impiego di CCS), sarebbe necessario consumare in loco il 40-50% in più di gas per fornire la stessa quantità di energia al consumatore (si veda una recente valutazione dell'Agenzia per l'ambiente del Regno Unito). Si registrerebbero perdite durante la fase di conversione dall'elettricità in idrogeno e di nuovo in calore o elettricità anche nel caso di idrogeno verde (prodotto da FER) o idrogeno rosa (prodotto da nucleare). 

E, nel caso del riscaldamento domestico, si stima che le pompe a calore, tecnologia che estrae il calore da una fonte naturale (aria, acqua o terra) esterna e lo immette all’interno dell’edifici, utilizzino un sesto  dell'elettricità che servirebbe per alimentare una caldaia con idrogeno verde. Tuttavia, anche nel caso delle pompe a calore, non sarà sempre disponibile sufficiente elettricità non fossile per alimentarle, motivo per cui, sarebbe opportuno puntare a una soluzione ibrida di riscaldamento, che contempli il mantenimento delle tradizionali caldaie a gas, soprattutto durante la domanda di punta. Così facendo, il gas continuerebbe ad essere utilizzato così come la correlata infrastruttura di distribuzione. In pratica, le centrali elettriche a gas naturale o a carbone dovranno essere utilizzate nei momenti in cui l'elettricità rinnovabile, nucleare, importata o stoccata è insufficiente a garantire continuità di fornitura elettrica. In questi casi, però, come detto prima, deve essere associata la CCS che consentirà di azzerare le emissioni nette di CO2 su tutte le centrali elettriche. In particolare quelle utilizzate per la cogenerazione di calore ed elettricità – vedi sotto – sono capaci di catturare la CO2 direttamente dal camino dell'impianto.

Per le emissioni rare e distribuite derivanti da qualsiasi tipo di utilizzo di combustibili fossili, la CCS tramite il recupero e lo stoccaggio permanente di CO2 dall'atmosfera (che può avvenire o tramite BECCS cioè cattura e stoccaggio della CO2 da biomassa o tramite DACCS, cattura e stoccaggio di CO2 direttamente dall’aria) sarà l’opzione più conveniente. È molto importante notare, che sebbene l’utilizzo di gas naturale e carbone diminuirà nel tempo, gli impianti di rimozione ingegnerizzata dell'anidride carbonica (CDR, carbon dioxide removal), soprattutto nel caso dei DACCS, consentiranno di farli operare alla loro massima produttività e di garantire il raggiungimento del net zero.

Un’unità di ricerca  utilizzata per la cattura della CO2 che punti alla net zero

Fonte: Translational Energy Research Centre

La CCS, opportunamente progettata e gestita, può contribuire in vari modi sia alla sicurezza energetica che al raggiungimento del net zero. Ad esempio:

a) utilizzare tutte le centrali elettriche alimentate a gas (o a carbone, biomasse e rifiuti, ove possibile) che hanno punti di cattura precisi, come impianti combinati per la produzione di calore ed elettricità (CHP). Questo per far sì che possano fornire anche calore per la cattura di CO2 proveniente da alcuni tipi di industrie, come quelle del cemento, risparmiando così grandi quantità di combustibile rispetto al calore fornito dalle caldaie tradizionali;

b) far sì che tutti i punti di cattura della CO2 siano interrompibili. Per farlo però è necessario poter disporre di uno stoccaggio di solventi, prodotti che messi in recipienti  consentono di  assorbire l’anidride carbonica, in maniera continuativa. Così facendo la produzione di elettricità delle centrali può aumentare, mentre la domanda di elettricità delle industrie necessaria per catturare la CO2 si può ridurre, contribuendo a sostenere la sicurezza della rete;

c) utilizzare le quantità, ancora oggi limitate di biomassa e rifiuti sostenibili, solo nelle applicazioni con CCS per ottenere una rimozione netta di CO2, specie se si tratta di centrali a biomassa che possono anche essere spente nei periodi in cui vi è meno richiesta di elettricità;

d) sviluppare efficaci opzioni di DACCS che invece del gas naturale utilizzino elettricità derivante da fonti intermittenti o da rifiuti nucleare e che sfruttino anche le sinergie con l'infrastruttura CCS "convenzionale".

Quanto esposto dimostra che sono avvenuti dei cambiamenti rispetto agli scenari di implementazione della CCS previsti prima del COVID e prima della guerra russo-ucraina. Cambiamenti che sono una risposta naturale agli sconvolgimenti in materia di sicurezza energetica. L'imperativo climatico non è cambiato, né è cambiata la necessità di ricorrere alla CCS, che è essenziale per raggiungere il net zero. Se i governi e l'industria si impegnano a migliorare l'implementazione della CCS ai fini  della sicurezza energetica e del net zero, nel contesto specifico del sistema energetico locale, i loro sforzi verranno compensati.

Jon Gibbins è un professore di Carbon Capture and Storage all’Univerità di Sheffield e Director di  UK CCS Research Community Network

La traduzione in italiano è stata curata dalla redazione di RiEnergia. La versione inglese di questo articolo è disponibile qui