Nella visione della UE, la decarbonizzazione del settore dei trasporti potrà essere raggiunta solo ricorrendo al vettore elettrico ritenuto a “zero emissioni” di CO2. Ciò vale in particolare per il trasporto stradale leggero il quale negli ultimi anni è stato destinatario di misure che, partendo da questo assunto, hanno progressivamente penalizzato il motore a combustione interna (MCI) fino ad arrivare al phase-out previsto per il 2035. Oggi in Europa circolano circa 300 milioni di auto di cui il 98,6% dotate di un motore a combustione interna e solo l’1,4% sono elettriche pure (BEV), concentrate perlopiù in alcuni paesi ad alto reddito del Nord e Centro Europa. Pensare di ribaltare questo rapporto nel giro di poco più di dieci anni appare senza dubbio velleitario.

Prendiamo il caso italiano. Partendo dagli obiettivi fissati dal “Fit for 55”, RSE ha elaborato uno scenario in cui nel 2030 si prevedono 6,2 milioni di BEV a fronte delle circa 45.000 unità immatricolate nei primi undici mesi del 2022. Per centrare l’obiettivo sarebbe perciò necessario che per i prossimi 7 anni, ogni anno, tra il 70-80% di tutte le nuove immatricolazioni fossero elettriche. Oggi oltre l’86% delle nuove immatricolazioni sono però auto dotate di un motore a combustione interna (30% benzina, 23% gasolio, 29% HEV e 4,6% PHEV), mentre le BEV rappresentano il 4,4% del totale. Anche in questo caso l’obiettivo appare abbastanza velleitario a meno di sostanziosi incentivi. E non è detto che bastino.

La domanda a questo punto sorge spontanea: allora quali alternative abbiamo? Una possibile risposta è nello studio “Decarbonizzare i trasporti. Più soluzioni per un obiettivo comune”, realizzato in collaborazione con il Rie di Bologna, presentato in una recente conferenza stampa, che si è posto l’obiettivo di verificare proprio l’esistenza di percorsi alternativi rispetto ad uno full electric nel trasporto stradale, ma altrettanto validi nel traguardare gli obiettivi di decarbonizzazione previsti dal pacchetto “Fit for 55”.

A tal fine, lo studio passa in rassegna le diverse soluzioni tecnologiche possibili dal punto di vista dell’evoluzione dei fuels, con particolare riferimento ai Low Carbon Fuels (LCF), che possono avere un ruolo fondamentale non solo nei settori cosiddetti “hard to abate” cui la legislazione europea li relega. Prodotti in parte già disponibili sul mercato, come ad esempio i biocarburanti, e in parte in promettente fase di sviluppo, come i carburanti a base di carbonio riciclato o derivati da rifiuti plastici altrimenti non riciclabili (RCF e RFNBO) e i carburanti sintetici derivati dalla combinazione di idrogeno e CO2 catturata (e-fuels) (è notizia di questi giorni che la nuova hypercar della Bertone che debutterà il prossimo 21 dicembre, avrà un motore alimentato con carburante ricavato dagli scarti delle materie plastiche).Da questa ampia e documentata analisi è emerso che si tratta di prodotti che presentano una serie di vantaggi non solo dal punto di vista ambientale, ma anche economico, logistico e infrastrutturale.

Sulla scorta di queste valutazioni, lo studio ha quindi elaborato uno “scenario alternativo” coerente con il “Fit for 55” e in grado di arrivare allo stesso obiettivo in termini di riduzione delle emissioni di CO2, ma con una penetrazione sicuramente più realistica delle BEV e una valorizzazione dei LCF che andrebbero ad alimentare senza alcun problema anche il resto del parco circolante.

Fonte: Elaborazioni Rie su dati RSE e unem

Il vero ostacolo è però il metodo di calcolo delle emissioni che essendo misurate solo allo scarico non considerano il fatto che gli LCF, in base alla materia prima utilizzata e nell’intero ciclo di vita (LCA), possono arrivare ad abbattere le emissioni fino al 100% e diventare climaticamente neutri.

D’altra parte, anche se un’auto elettrica non ha lo scarico non vuol dire che non produca CO2 nel suo ciclo di vita e che, anche se non la consideriamo, in ogni caso ce la ritroveremo in atmosfera.

Un utile strumento per misurare e confrontare in modo interattivo le effettive emissioni GHG nel ciclo di vita delle autovetture, BEV comprese, e dei fuels è la nuova piattaforma digitale realizzata dal Concawe in collaborazione con IFPEN, denominata Car CO2 Comparator, che si basa su diversi parametri che si possono configurare in base al confronto che si vuole fare. Ad esempio, si possono scegliere i livelli di elettrificazione della vettura, le percorrenze, le condizioni climatiche, le emissioni di CO2 per la produzione delle batterie e dell’energia elettrica, gli intervalli di ricarica, le emissioni di CO2 dei possibili combustibili già disponibili e in fase di sviluppo. I valori di ogni parametro sono derivati da solide fonti bibliografiche, tra cui IPCC, JRC e ICCT.

I risultati sono sorprendenti e dimostrano come con un approccio LCA all’aumentare della quota di componente bio/rinnovabile nei LCF cresce il vantaggio delle HEV e delle PHEV rispetto alle BEV in termini di emissioni.

Δ emissioni BEV-HEV per diverse alimentazioni (calcolo TTW* e LCA)

Fonte: Elaborazioni unem

Sono, infine, la prova che è il metodo di calcolo ad indirizzare le scelte tecnologiche e non gli obiettivi ambientali, come invece dovrebbe essere, e che decarbonizzare non significa necessariamente elettrificare ogni tipo di consumo energetico.