Il piano REPowerEU, varato a maggio, è l’ultima, in ordine di tempo, delle grandi iniziative della Commissione Europea per accelerare la transizione energetica e nasce dall’urgenza di porre fine alla dipendenza dai combustibili fossili provenienti dalla Russia, in un contesto di grave crisi socio-politica. La sfida della decarbonizzazione è iniziata però ben prima e l’industria del riscaldamento è tecnologicamente pronta in virtù del fatto che opera in un comparto, quello dell’edilizia, che è strategico ai fini degli obiettivi ambientali perché è responsabile di circa il 36% del totale delle emissioni di gas a effetto serra e del 40% dell’energia complessivamente utilizzata in Europa.
In questo contesto il messaggio che Assotermica sta promuovendo, recentemente anche con l’organizzazione di un interessante convegno che ha visto un’ampia partecipazione di diversi stakeholder nell’ambito della fiera di riferimento Mostra Convegno Expocomfort, è quello di abbracciare un approccio multi-tecnologico e multi-energetico. Per raggiungere gli obiettivi climatici è infatti fondamentale utilizzare tutte le tecnologie disponibili piuttosto che attuare un cambiamento totale del sistema, che, a causa degli impatti economici e sociali, potrebbe rivelarsi impopolare e più costoso e perciò più difficile da portare a termine.
Adottare questo approccio significa partire da alcune considerazioni sulla nostra infrastruttura: l’Italia è una delle nazioni europee con la rete di distribuzione del metano più estesa e il Paese in cui circa l’85% delle abitazioni è riscaldata con impianto a gas (circa 17 mln di caldaie). Siamo anche il secondo produttore europeo nella produzione di biogas che può essere trasformato in biometano, i cui tassi di utilizzo nel settore civile dovrebbero passare dall’attuale 0,4-0,5% a valori ben superiori nei prossimi anni.
Sarebbe pertanto autolesionistico non sfruttare questo grande asset e proprio per questo l’associazione sta cercando di alzare l’attenzione sul fatto che vi siano interi comparti industriali che hanno lavorato e stanno tuttora lavorando intensamente allo sviluppo di tecnologie “green gas ready”, ovvero pronte a funzionare con miscele crescenti di biocombustibili e idrogeno. Tali tecnologie sono pronte o pressoché pronte per l’immissione sul mercato e per contribuire, in maniera decisiva, alla decarbonizzazione e alla riduzione delle emissioni inquinanti.
In questo senso, il gas continuerà a essere ancora importante per il settore del riscaldamento per molti anni. Dovrà essere sempre più green in tutte le applicazioni, ma non potrà essere escluso dal processo di transizione energetica, sia perché in prospettiva esso stesso potrà essere almeno in parte rinnovabile, sia perché tutti gli scenari di decarbonizzazione, anche quelli più orientati verso l’elettrificazione, ne prevedono una quota di utilizzo rilevante anche in futuro. Con ogni probabilità sarà quindi proprio il mix energetico molecola-elettrone a essere il protagonista della concreta svolta verso la decarbonizzazione. A oggi è, infatti, impensabile che si possa puntare agli ambiziosi obiettivi prefissi con uno solo di questi vettori energetici.
Queste considerazioni, oltre alle potenzialità future dei combustibili puliti, aprono la strada a una realtà che già adesso sta dimostrando la propria efficacia nel mercato del riscaldamento e che è quella dei sistemi ibridi, ovvero sistemi che integrano in maniera intelligente le migliori performance di una pompa di calore elettrica e di una caldaia a condensazione.
Gli ibridi sono soluzioni fortemente flessibili e adattabili alle caratteristiche degli edifici esistenti e si stanno affermando come una realtà di eccellenza – peraltro fiore all’occhiello della nostra industria nazionale – in uno scenario di decarbonizzazione; questi sono sistemi forniti da un unico fabbricante, che ne è quindi il responsabile dell’immissione sul mercato e ne ottimizza il funzionamento secondo logiche proprietarie. La logica del sistema ibrido è in grado inoltre di scegliere la combinazione migliore di funzionamento in base a diversi parametri (come, ad esempio, i costi dei due vettori energetici), permettendo di massimizzare le prestazioni del sistema nell’arco della giornata.
Come già detto la tecnologia oggi non è il problema principale. Ciò che ci aspettiamo e per cui stiamo lavorando con sempre più intensità è una maggior sensibilità del decisore politico verso la complessità del nostro settore. L’edilizia è, infatti, un comparto estremamente eterogeneo, che difficilmente si presta a una modellizzazione unica.
Il rischio è banalizzare il tutto con l’effetto non solo di non centrare i target ambientali ed energetici sempre più ambiziosi ed urgenti, ma di indebolire anche un’industria che proprio in Italia ha delle leadership indiscusse.
La REPowerEU dovrebbe riuscire quindi a coniugare questi aspetti dando degli indirizzi che consentano agli operatori di continuare a investire in soluzioni ad alta efficienza, siano esse “full electric”, a gas (in futuro sempre più rinnovabile) o ibride.
Dobbiamo considerare che nel nostro mondo opera una filiera lunga e complessa all’interno della quale vi sono diverse professionalità – progettista, produttore di tecnologie, grossista, installatore, manutentore – che sono specializzate a individuare e mettere in opera le soluzioni più indicate a seconda delle diverse situazioni. Tale filiera potrà trovare la propria miglior realizzazione in un contesto nel quale vi saranno molteplici opzioni, naturalmente sempre più green e smart a completare un’offerta adeguata alle crescenti esigenze di comfort e di risparmio dell’utente finale.