A giugno, la regione del Mediterraneo orientale è stata teatro di eventi molto importanti legati al mondo dell’energia. All’inizio del mese, la compagnia greca Energean ha annunciato l’arrivo della sua unità di produzione, stoccaggio e scarico “Energean Power” presso il giacimento di Karish, nelle acque territoriali di Israele. Lungamente attesa, l’unità è salpata da Singapore e ci si aspetta inizi a produrre gas nei prossimi 3-4 mesi. Quello di Karish sarà il terzo giacimento produttivo in Israele, dopo Tamar e Leviathan. Evidentemente, questo annuncio non ha compiaciuto le autorità del Libano, le quali reclamano per sé i diritti di utilizzo del giacimento sin dall’ottobre 2020, da quando negoziazioni indirette sono state lanciate tra Libano e Israele con la mediazione degli Stati Uniti nel tentativo di risolvere dispute marittime lunghe decenni. Il governo libanese ha quindi chiamato come mediatore l’americano Amos Hochstein con l’intenzione di riesumare le negoziazioni. Arrivato a Beirut, Hochstein ha recepito la risposta delle autorità libanesi all’offerta da lui stesso presentata a marzo scorso. Mentre il mediatore americano era in visita a Beirut, la Presidentessa della Commissione Ursula von der Leyen e la Commissaria all’Energia Kadri Simson sono atterrate rispettivamente in Israele ed Egitto.
Il mediatore americano ha poi concluso la visita recependo la controproposta libanese, da condividere con le autorità israeliane. Mentre l’offerta libanese non include alcuna richiesta riguardante Karish, vi sono voci consistenti di una pressione sul governo per adottare una posizione massimalista e includere Karish nell’area di disputa internazionale; e con essa la richiesta di uno stop completo alle attività nell’area da parte di Israele ed Energean sinché le negoziazioni non saranno terminate. Nel frattempo, in Egitto, il Commissario all’Energia ha siglato un Memorandum d’Intesa che consentirà ad Israele di vendere gas naturale all’Europa attraverso i terminal GNL egiziani al fine di terminare la dipendenza europea al gas russo.
Egitto e Israele hanno collaborato assiduamente nel campo dell’energia negli scorsi due anni e l’Egitto ha iniziato ad importare gas israeliano per consumo locale e re-export già nel 2020. Israele è connesso all’Egitto tramite diversi gasdotti e ultimamente ha aumentato le esportazioni verso l’Egitto tramite la Giordania e attraverso la Arab Gas Pipeline (AGP).
La Guerra russa in Ucraina ha, infatti, aperto opportunità per Egitto e Israele nella vendita di gas all’Europa. La stessa dà nuova linfa all’East Med Gas Forum (EMGF) come una piattaforma internazionale di cooperazione nel settore. L’Egitto avrà un ruolo centrale come transito e hub di gas attraverso le infrastrutture esistenti e il Ministro dell’Energia ha annunciato che il paese studierà la possibilità di incrementare gli investimenti in nuovi terminal, qualora necessari. Allo stesso tempo, il Ministro dell’Energia di Israele ha rilanciato la quarta asta di licenze Oil&Gas, nonostante avesse proclamato lo stop alle attività sino al termine del 2022 per incoraggiare nuovi investimenti nel settore delle rinnovabili.
È quindi probabile che il Memorandum siglato in Egitto si materializzerà in contratti per la vendita di gas israeliano verso il continente europeo e che questo farà accrescere l’importanza di Israele ed Egitto per l’Europa.
A dirla tutta però, la situazione non appare così rosea. Il Libano non potrà beneficiare direttamente del tentativo europeo di diversificare le proprie importazioni, visto che il Paese non ha fatto significative scoperte. Nel 2020 il consorzio che include Total, Eni e Novatek ha trivellato il primo pozzo esplorativo nella storia del paese nel blocco 4, a Nord di Beirut. I risultati sono stati sconfortanti. A causa della pandemia, il consorzio non ha successivamente riiniziato le attività nel Paese, posponendo l’esplorazione del blocco 9, a Sud di Beirut, il quale include un’area disputata con Israele. In maggio, il ministro dell’energia ha invece garantito a Total, Eni e Novatek un’estensione di 3 anni della concessione, sperando che il consorzio continui le esplorazioni, perlomeno nel blocco 9, dove secondo studi delle autorità vi sarebbero potenziali giacimenti di gas. Total, la compagnia operatrice del blocco 9, ha informato le autorità che la compagnia necessita di garanzie da parte delle stesse a causa sia della lentezza delle negoziazioni che della confusione riguardante la strategia libanese nelle negoziazioni con il consorzio.
Ciò che accadrà da questo punto di vista dovrà essere monitorato da vicino. La produzione di Karish aiuterà ad incrementare la capacità di Israele di vendere gas all’Europa e il Libano comprende che, pertanto, potrebbe essere di suo interesse creare un’escalation per rafforzare la propria posizione nelle negoziazioni. Beirut potrebbe minacciare i lavori con l’obiettivo di ottenere un accordo migliore sulle zone disputate con Israele e che includono lo stesso giacimento Karish. In alternativa, potrebbe essere Israele a concedere qualcosa in più al fine di terminare una lunga disputa sulle zone marittime di confine, con l’obiettivo di assicurarsi i confini prestabiliti, limitare la tensione e dare così un segnale inequivocabile alle compagnie che i propri investimenti saranno al sicuro nel futuro.
Stando così le cose, Libano e Israele necessitano, il prima possibile, di un accordo per perseguire i propri interessi. Entrambi vogliono assicurarsi investimenti per le proprie risorse energetiche. Israele nell’ottica di esportarle in Europa. Il Libano per supportare un’economia in caduta libera.