La diffusione della variante Omicron Covid-19, le interruzioni delle filiere globali, associate al boom dei prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici, stanno rallentando il ritmo della ripresa in corso. Le ultime previsioni del Fondo monetario internazionale pubblicate la scorsa settimana ribassano di 0,4 punti il tasso di crescita 2022 dell’Italia stimato ad ottobre, fermandolo a +3,8%.

Il 17° report congiunturale, che Confartigianato ha presentato nei giorni scorsi, tratteggia i caratteri della turbolenta evoluzione dei prezzi delle commodities che sta coinvolgendo le imprese italiane. Alla escalation dei costi dell’energia si associa una forte spinta dei costi di acquisto delle materie prime non energetiche che nel 2021 hanno segnato un aumento, valutato in dollari, del 32,3% rispetto all’anno precedente, il tasso di crescita più alto degli ultimi 47 anni, il terzo dopo il +56,0% registrato nel 1974 e il +34,7% del 1973, quando l’escalation delle quotazioni delle materie prime anticipò il primo shock petrolifero.

Dinamica dei prezzi delle commodities non energetiche (1961-2021, prezzi in doll, var. % rispetto anno precedente)

Fonte: Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Banca Mondiale

Per 2 piccole imprese su 3 il boom dei prezzi delle materie prime mette a rischio la ripresa. L’elaborazione dei dati della survey appena conclusa, condotta dall’Osservatorio MPI di Confartigianato Lombardia, e a cui hanno partecipato oltre 1.800 micro e piccole imprese (MPI) lombarde indica che le due criticità più aggressive a inizio 2022 e che stanno mettendo a rischio la ripresa sono l’incremento dei prezzi delle commodities non energetiche (indicato dal 64,7% degli imprenditori manifatturieri intervistati 11,2 punti sopra alla media) e quello delle commodities energetiche (64,3% dei casi, 4,1 punti sopra alla media). Oltre un terzo delle MPI manifatturiere lamenta scarsità di materiali e tempi dilatati di consegna (35,7%, 7,5 punti sopra alla media) e difficoltà nel reperire personale (35,5%).

In questo inizio d’anno ricco di incognite - al deragliamento dei prezzi delle materie prime si associano le tensioni geopolitiche e l’ondata invernale dei contagi da Covid-19 - torna a crescere la quota di MPI che esprime incertezza rispetto all’andamento futuro del mercato (51,4%, era 37,0% a settembre 2021). Il dato della survey sulle imprese lombarde conferma il calo della fiducia delle imprese manifatturiere del Nord-Ovest rilevato dall’Istat nella rilevazione pubblicata venerdì scorso.

Numerosi fattori stanno sostenendo la fiammata dei prezzi delle commodities. In parallelo alla ripresa della produzione mondiale, le catene produttive globali non sono riuscite a riorganizzarsi dopo lo shock Covid-19. Le strettoie dell’offerta si intrecciano con difficoltà nella logistica delle merci, aumento dei tempi di consegna, scarsa disponibilità di container e il conseguente relativo aumento dei costi: a gennaio 2022 il costo del noleggio dei container via mare da e verso la Cina risulta ben 5,6 volte il valore pre-pandemia di febbraio 2020. A fine 2021 è ai massimi la quota di imprese esportatrici che è ostacolata da costi più elevati e da lunghi tempi di consegna.

Ostacoli all'esportazione delle imprese manifatturiere 2011-2021 (I trim- 2014-IV trim. 2021, saldi %, dati grezzi)

Fonte: Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat

L’aumento dei prezzi viene sostenuto dalla maggiore domanda di materie prime funzionali alla produzione di beni necessari durante l’emergenza sanitaria: carta e plastica - per mascherine e prodotti di uso sanitario, divisori in plexiglass, siringhe e fiale per vaccini, ecc. -, imballaggi per il packaging dei prodotti alimentari per asporto e dei prodotti venduti tramite e-commerce. La crescita dei prezzi è correlata con l’espansione monetaria che ha accompagnato gli ingenti interventi anticiclici per contrastare la recessione causata dalla pandemia, mentre i bassi tassi di interesse sostengono la domanda speculativa su prodotti finanziari che hanno come sottostante gli indice di prezzo delle commodities.

Si sovrappongono, inoltre, determinanti specifiche per alcune commodities, come l’aumento dei prezzi di ‘minerali critici’ utilizzati nei processi della transizione green, come la produzione di veicoli elettrici e di impianti per il solare e l’eolico. La crescente digitalizzazione dei processi produttivi e l’intensificazione della domanda di apparecchiature elettroniche conseguente alla pandemia hanno determinato una carenza di semiconduttori, causando ritardi nella produzione mondiale di automobili e di macchinari. La ripresa trainata dalla forte crescita dell’attività delle costruzioni - sostenuta dal superbonus del 110% con un limite temporale di utilizzo - rappresenta un ulteriore fattore di spinta sui prezzi dei materiali per l’edilizia.

Le conseguenze

La forte spinta sui costi per materie prime ed energia, insostenibile in alcuni settori, oltre a ridurre i margini delle imprese, determina un rialzo dei prezzi alla produzione che a dicembre 2021, al netto dell’energia, salgono del 9,3%, un tasso di variazione mai rilevato dall'inizio della attuale serie storica nel 2001.

Se utilizziamo queste tendenze per una simulazione controfattuale si evidenzia che nel 2021 le imprese manifatturiere hanno traslato sui prezzi di vendita circa un terzo (37,4%) dello shock dei prezzi delle commodities non energetiche, con una riduzione di margini che comprime la creazione di valore aggiunto, con conseguenze negative su investimenti, domanda di lavoro, innovazione e crescita del PIL.

Le tensioni di prezzo sui mercati internazionali e degli input produttivi, con un fisiologico ritardo, si ripercuotono sull’inflazione di fondo – il tasso di variazione dei prezzi al consumo al netto degli energetici e degli alimentari freschi - che a dicembre 2021 è arrivata all’ 1,5% (dall’1,3% di novembre), un livello che non si vedeva da febbraio 2013.

Le previsioni delle autorità monetarie rimangono orientate ad una temporaneità delle spinte  inflazionistiche: secondo le ultime stime di Banca d’Italia, l’inflazione armonizzata sale dall’1,9% del 2021 al 3,5% del 2022 per poi flettere all’ 1,6% nei 2023. Una spinta persistente sui prezzi potrebbe accelerare il ritorno a politiche monetarie restrittive, con effetti recessivi sulla domanda delle famiglie e ricavi e gli investimenti delle imprese.

 

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Enrico Quintavalle @e_quintavalle   linkedin.com/in/enricoquintavalle

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