In Europa, l’Italia è leader nell’economia circolare: questo è il messaggio positivo che emerge dall’ultimo Rapporto sull’Economia circolare realizzato dal Circular Economy Network (CEN) in collaborazione con ENEA. Per arrivare a questa sintesi, il 3° Rapporto del CEN analizza i risultati raggiunti da Italia, Francia, Germania, Spagna e Polonia nelle aree della produzione, del consumo, della gestione circolare dei rifiuti oltre che degli investimenti e dell’occupazione nel riciclo e nella riparazione e riutilizzo.
Per il terzo anno consecutivo l’Italia guadagna la prima posizione con 79 punti, seguita dalla Francia a 68, dalla Germania e Spagna a 65 e dalla Polonia a 54. Questo risultato nasce principalmente dalle buone performance di circolarità raggiunte dal nostro paese nei settori della produzione e nella gestione dei rifiuti.
Dal punto di vista della produzione l’Italia ha, infatti, una produttività delle risorse che determina il maggiore valore economico per unità di consumo di materia: ogni kg di risorsa consumata genera 3,3 € di PIL, contro una media europea di 1,98 €. Relativamente alla gestione circolare dei rifiuti, invece, l’Italia arriva al 68% di riciclo complessivo (dei rifiuti urbani e speciali), contro una media dell’UE27 del 57%, e al 19,3% di utilizzo circolare di materia, al di sopra della media europea ferma all’11,9%.
Si registrano dati positivi anche per altri indicatori: buono l’andamento del consumo interno di materiali che per l’Italia nel 2019 è stato pari a 490 Mt, stabile rispetto all’anno precedente. Nel confronto con le principali economie europee, il nostro Paese rappresenta la realtà con i consumi minori insieme alla Spagna, per un valore di materia consumata pari a oltre metà di quello registrato per la Germania. Anche la produzione pro capite di rifiuti urbani mostra un andamento positivo: in Italia nel 2019 è rimasta costante a 499 kg/abitante, contro una produzione media europea di 502 kg/ab. La produzione dei rifiuti rispetto al PIL evidenzia un disaccoppiamento sempre più marcato a partire dal 2011, fino a raggiungere un significativo divario negli ultimi anni: a fronte di una produzione dei rifiuti sostanzialmente stabile, il PIL è cresciuto del 4,3% nel periodo 2015-2019.
L’Italia però deve migliorare su altri settori. Per esempio, in termini di quota di energia rinnovabile utilizzata rispetto al consumo totale di energia, l’Italia perde il suo primato scendendo al secondo posto, dietro la Spagna, con il 18,2% di energia prodotta da fonti rinnovabili rispetto al consumo finale lordo.
È invece ultima fra le grandi economie europee per numero di brevetti depositati, mentre nell’occupazione nei settori della riparazione, del riutilizzo e del riciclo è al secondo posto, dietro alla Polonia, ma comunque davanti al Francia, Germania e Spagna.
Il 3° Rapporto sull’economia circolare oltre a questa analisi sullo stato dell’economia circolare in Italia, pubblica un approfondimento sul ruolo dell’economia circolare nella transizione alla neutralità climatica dal quale emerge che l’economia circolare potrebbe generare un taglio delle emissioni di CO2 del 39% se il tasso di circolarità delle merci raddoppiasse, passando dall’8,6 al 17%.
L’importanza del ruolo dell’economia circolare per il raggiungimento degli impegni assunti al vertice ONU di Parigi del 2015 è sottolineata anche dalla Commissione europea nel recente secondo Piano d’azione per l’economia circolare, dove si sottolinea come con un modello lineare di economia, basato su un alto consumo di risorse e di energia, non sia possibile raggiungere la neutralità climatica.
Per abbattere le emissioni di gas serra è necessario recuperare i gap di circolarità esistenti in tutte le aree dell’economia attraverso quelli che possono essere definiti i “pilastri della transizione a un’economia circolare”.
Il primo di questi è la riduzione dell’utilizzo delle risorse nella realizzazione di un prodotto o nella fornitura di un servizio attraverso il design circolare, i modelli di condivisione e lo sviluppo della digitalizzazione. In secondo luogo, bisogna allungare l’utilizzo delle risorse, ottimizzandone l'impiego e aumentando la vita del prodotto attraverso un design durevole, il ricorso a materiali e servizi che prolungano la vita dei beni, il riutilizzo, la riparazione e la rigenerazione. Terzo elemento chiave per abbattere i gap di circolarità è l’utilizzo di materie prime rigenerative, sostituendo i combustibili fossili e i materiali non rinnovabili con energie e materiali rinnovabili, mantenendo il capitale naturale e i servizi ecosistemici. Infine bisogna puntare sul riutilizzo delle risorse, con il riciclo dei rifiuti e il reimpiego delle materie prime seconde.
Per ciascuno di questi quattro pilastri vi sono specifici gap di circolarità colmabili a breve e medio termine con tecnologie e modalità operative e gestionali disponibili; altri sono di più lungo termine e richiedono ricerca e sviluppo dell’innnovazione. Recuperando questi gap di circolarità, per esempio riducendo l’uso dei materiali per fornire un servizio, oppure prolungando di un certo numero di anni la vita utile di un prodotto, o ancora aumentando la quota di materiale o di energia rinnovabile per un determinato prodotto, o aumentando la quota di materiale riciclato impiegato in sostituzione di materie vergini in un certo prodotto, si ottengono anche risparmi di energia, riduzioni di impiego di energia fossile e quindi riduzioni di emissioni di gas serra. Risulta quindi chiaro che in assenza di economia circolare, non ci potrà essere transizione ecologica, né sarà possibile onorare gli impegni al 2050 assunti al vertice ONU di Parigi del 2015, evitando una catastrofe climatica.