Il futuro energetico del Vecchio Continente è destinato sempre di più a essere dominato dal vettore elettrico, in una logica di elettrificazione dei consumi. Considerata anche la sempre maggiore diffusione delle fonti pulite, l’elettricità nei prossimi decenni assicurerà anche una buona parte dei fabbisogni termici europei, nonché sarà protagonista della rivoluzione dei trasporti. Dunque, ancora di più rispetto a oggi, sarà fondamentale contare su una disponibilità di elettricità affidabile al 100%, senza interruzioni o problemi di sorta, oltre che capace di risolvere alla radice i problemi di intermittenza di eolico e fotovoltaico e garantire un’autonomia ottimale alle vetture elettriche.

Una parte importante nella risoluzione di questi problemi spetterà alle batterie di nuova generazione, chiamate a stoccare quanta più energia possibile e rilasciarla a utenti finali e reti di trasmissione, a costi inferiori rispetto a quelli attuali. Per questi motivi le batterie sono tornate al centro dell’attenzione delle politiche industriali italiane ed europee. In particolare, un’espressione che suscita grande attenzione ed entusiasmo è quella di Gigafactory: il nome prende le mosse dalla mega fabbrica di batterie agli ioni di litio realizzata da Tesla in Nevada a partire dal 2014. Proprio l’attenzione globale verso questo progetto ha fatto sì che il termine venisse progressivamente utilizzato per definire qualsiasi progetto di dimensioni monstre dedicato alla costruzione massiva di batterie. Progetti che, ormai, sono incoraggiati direttamente dalle istituzioni continentali e dai principali documenti strategici in materia di energia e ambiente, anche per evitare l’eccessiva dipendenza dell’Europa dalle importazioni asiatiche, al momento preponderanti. Ad esempio, nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima approvato nel 2019 si legge come sia “necessario non solo promuovere la R&S nel campo delle rinnovabili, ma anche sostenere la filiera di produzione dei sistemi di accumulo e architetture digitali e di automazione legati ai servizi di rete, vista la crescente interrelazione con la filiera rinnovabile, rafforzando la cooperazione a livello comunitario in iniziative come la EBA, per valutare progetti di cooperazione industriale tipo Gigafactory per i sistemi di accumulo”.

Ancora più esplicito, se possibile, è il recentissimo PNNR, in cui si evidenzia che “il Governo intende sviluppare una leadership tecnologica e industriale nelle principali filiere della transizione (sistemi fotovoltaici, turbine, idrolizzatori, batterie) che siano competitive a livello internazionale e consentano di ridurre la dipendenza da importazioni di tecnologie e creare occupazione e crescita”.  Il PNNR, tra l’altro, prevede uno stanziamento di circa un miliardo di euro a questo scopo. L’Italia, su questo fronte, sembra volere soprattutto agire di concerto con Bruxelles: a fine gennaio la Commissione europea ha dato il via libera al secondo Importante Progetto di Interesse Comune Europeo (IPCEI) sulle batterie, a cui partecipano oltre al nostro Paese anche Austria, Belgio, Croazia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Polonia, Slovacchia, Spagna e Svezia. L’obiettivo del Progetto è quello di creare una catena del valore sostenibile e innovativa che possa portare l'Europa a produrre materie prime, celle, moduli e sistemi di batterie di nuova generazione, nonché la riconversione e il riciclo delle batterie. Il ministero dello Sviluppo economico ha coinvolto in questo progetto ben 12 imprese italiane (Endurance, Enel X, Engitec, FCA Italy, Fiamm, Fluorsid Alkeemia, FPT Industrial, Green Energy Storage, Italmatch Chemicals, Manz Italia, Midac, Solvay) e 2 centri di ricerca (ENEA e Fondazione Bruno Kessler). In attesa che questa e altre iniziative si concretizzino, in Italia la corsa alle Gigafactory è già partita. Lo scorso febbraio Italvolt ha annunciato un ambizioso progetto per la realizzazione di una Gigafactory nell'area della ex Olivetti di Scarmagno (Ivrea), con un investimento complessivo di circa 4 miliardi di euro. L’impianto avrà una capacità di 300.000 m2 previsti e una capacità iniziale di 45 GWh, che potrà raggiungere i 70 GWh, con una stima di 4.000 lavoratori impiegati.

Un progetto di portata più limitata sarà realizzato da Faam nell'ex fabbrica Indesit di Teverola (Caserta), che prevede una capacità di 3 GWh/annui, potenzialmente scalabili. Indiscrezioni parlano anche di interlocuzioni avviate tra Stellantis e il Governo italiano, che potrebbe portare il gruppo automotive a installare nel territorio nazionale un impianto per la produzione di batterie e componenti per veicoli elettrici.  Ancora in fase di definizione e più concentrato sulla produzione di pannelli fotovoltaici (un’altra tecnologia prevista in forte espansione e su cui l’Europa punta a ricostruire una capacità industriale) è un progetto che dovrebbe essere realizzato da Enel Green Power nell’area industriale di Catania. Il nuovo stabilimento produttivo, con 42.000 m2 coperti e altri 20.000 potenzialmente utilizzabili, potrebbe garantire la produzione di 3 GW annui di pannelli fotovoltaici e richiederà 500 milioni di euro di investimenti.

In definitiva, dopo essersi concentrate per tanti anni, forse troppi, sulle attività a valle della filiera energetica (progettazione, installazione, gestione, ecc), Italia ed Europa si sono accorte dell’importanza di presidiare in forza anche la parte a monte, così da evitare sgradite dipendenze (e relative sorprese) a decarbonizzazione avvenuta.