Lo scorso 26 aprile, la francese Total ha annunciato la sospensione, per almeno due anni, dei lavori di avanzamento del progetto Mozambique LNG (valore complessivo di 20 miliardi di dollari) a causa del deterioramento del quadro di sicurezza nella regione settentrionale mozambicana di Cabo Delgado. Total sperava di iniziare la produzione e la commercializzazione del gas naturale liquefatto nel 2024, ma presumibilmente dovrà attendere almeno alla fine del 2025, sempre che l’andamento del mercato energetico globale non influenzi le dinamiche dell’investimento in Mozambico e del progetto nel suo insieme. Lo scorso febbraio, il CEO di Total Patrick Pouyanne aveva dichiarato che Mozambique LNG avrebbe prodotto 12,9 milioni di tonnellate di gas all’anno ed era stato completato al 21%.
La decisione di sospendere le attività e ridurre al minimo lo staff presente sul territorio è giunta a circa un mese di distanza dal massiccio attacco condotto da miliziani jihadisti di Ansar al-Sunna contro la città di Palma (24 marzo), durato 10 giorni e costato la vita ad oltre 100 persone (di cui 87 civili, tre dei quali cittadini inglesi). L’assalto di Palma ha costituito uno spartiacque nella conduzione della campagna terroristica e di insorgenza nel nord del Mozambico ed ha evidenziato la definitiva maturazione del gruppo jihadista autoctono. Infatti, i miliziani sono stati capaci di controllare un vasto centro urbano per più di una settimana, contrastando efficacemente i tentativi di riconquista da parte delle Forze Armate mozambicane e dei contractors stranieri (soprattutto sudafricani del Dick Advisory Group), a testimonianza di una non trascurabile crescita logistica e capacitiva. Inoltre, nel corso dell’assedio a Palma, i membri di Ansar al-Sunna hanno sistematicamente preso di mira i lavoratori del settore energetico e, in particolar modo, gli stranieri. Quest’ultimo fattore permette di comprendere come l’organizzazione terroristica mozambicana voglia elevarsi di rango, passando dall’essere una semplice manifestazione della guerriglia locale ad una riconosciuta branca regionale del più ampio fronte jihadista globale. A riguardo, occorre ricordare che Ansar al-Sunna ha usufruito del supporto logistico ed addestrativo della provincia dello Stato Islamico in Africa Centrale (SIAC), una delle emanazioni continentali di Daesh. La sua ambizione è quella di entrare ufficialmente a far parte del network del Califfato. Non a caso, nell’ultimo anno, Ansar al-Sunna ha moltiplicato gli inviti alla popolazione locale ad unirsi alla sua causa per costruire un emirato nel nord del Mozambico.
Ansar al-Sunna è nata nel 2015 come setta caritatevole salafita, salvo poi evolversi in movimento jihadista violento ed avviare la campagna di insorgenza antigovernativa nel 2017. Il gruppo si è dimostrato abile nel cooptare e manipolare il diffuso malcontento popolare dovuto alla povertà e alla mancanza di adeguate politiche di inclusione dei giovani nelle nascenti attività economiche legate allo sfruttamento delle risorse gasiere e minerarie. Infatti, Maputo ha gestito lo sviluppo dei giacimenti nel nord in maniera nepotistica, favorendo le attività di imprese legate all’apparato del partito di potere, il Fronte Nazionale per la Liberazione del Mozambico (FRELIMO) ed al clan del Presidente Filipe Nyusi ed utilizzando manodopera proveniente dal sud. Parallelamente, il governo centrale, nella creazione degli impianti di estrazione del gas e dei minerali, ha danneggiato le locali attività di pesca, pastorizia e agricoltura senza garantire sufficienti compensi alla popolazione. Come se non bastasse, il FRELIMO, nell’amministrazione la provincia di Cabo Delgado, ha tradizionalmente favorito le comunità minoritarie cristiane di etnia Makonde a discapito della maggioranza musulmana dei Mwani. Nel complesso, tutti questi fattori hanno agevolato il proselitismo jihadista ed alimentato i canali di reclutamento e militanza.
Oltre ad usufruire di una base di consenso in costante aumento, nella sua azione Ansar al-Sunna risulta agevolata dalle ridotte capacità di prevenzione e contrasto al terrorismo dell’apparato militare e di sicurezza, come testimoniato peraltro dalla decisione di affidarsi a compagnie militari private (come il Wagner Group russo e il Dick Advisory Group sudafricano) per la neutralizzazione dell’insorgenza e la protezione dei siti sensibili. Più di recente, all’indomani dell’attacco di Palma, la Souther African Devellpment Community (SADC), organizzazione regionale che riunisce i governi dell’estremità meridionale africana allo scopo di promuovere sviluppo e sicurezza, ha disposto l’invio di 3.000 soldati per aumentare la protezione degli impianti energetici e minerari. Alla risposta regionale si è unita quella internazionale, rappresentata prevalentemente da Stati Uniti e Portogallo che hanno inviato consiglieri ed addestratori per supportare l’esercito mozambicano. In ogni caso, nel suo complesso, la strategia di contro-insorgenza e di contro-terrorismo di Maputo appare inadeguata, soprattutto a causa dell’incapacità di affrontare le cause economico-sociali alla base della ribellione jihadista a Cabo Delgado. Ad onore di cronaca, bisogna anche sottolineare come il sorgere della pandemia di Covid-19 ha stravolto l’agenda politica e securitaria del governo mozambicano e di quella dei suoi partner stranieri. Perciò, non è da escludere che, una volta archiviata la fase più pressante dell’emergenza sanitaria, l’azione di Maputo e dei paesi stranieri con interessi nel GNL locale si faccia più intensa e strutturata.
La degenerazione del quadro securitario e la decisione di Total di sospendere il progetto Mozambique LNG potrebbero avere un impatto profondo sullo sviluppo del settore gasiero nel Paese, compromettendo il pilastro principale su cui Maputo voleva costruire la propria crescita economica. Anche se le altre compagnie straniere impegnate nello sfruttamento del gas mozambicano non hanno emulato le decisioni della Total, l’eventuale escalation delle violenze potrebbe condurre a riconsiderare la fattibilità e la convenienza degli investimenti a Cabo Delgado. Se questo avvenisse, il danno sarebbe enorme tanto per Maputo quanto per le società straniere.