Non c’è una conversazione oggigiorno che non cominci o finisca – o entrambi i casi – con il virus che ci ha messo sottosopra la vita. Recentemente l’argomento collegato è inevitabilmente quello dei vaccini. E a quel punto mi viene in mente sempre la stessa riflessione, che tengo rigorosamente personale: cioè che per produrre i vaccini serve energia, anzi ne serve tanta visto quanti ne dovranno essere distribuiti.

Così la prossima volta che sarò coinvolto in una discussione su Covid, tamponi e vaccinazioni lo dirò: ma ci pensate cosa sarebbe la pandemia se ci verificasse una carenza di approvvigionamento energetico? Mi si conceda la divagazione, perché lo è solo apparentemente: quello che mi preme sottolineare è che l’energia è sempre una priorità e per questo le politiche collegate debbono essere lungimiranti. Per questo sono inspiegabili le recenti scelte del governo in materia, a cominciare dalla minaccia di bloccare le estrazioni di gas naturale o dall’esclusione dell’impianto di cattura, stoccaggio e riutilizzo di CO2 di Eni a Ravenna dai finanziamenti del Recovery Plan.

La scelta, che non è politica ma ideologica, legata a un ambientalismo che procede dogmaticamente e che rischia di congelare le potenzialità dell’Emilia-Romagna, e di Ravenna, come la piattaforma italiana per la green energy, il riutilizzo di materiali e la chimica verde. Per capirci, stiamo parlando di filiere legate alla sostenibilità ambientale e all’economia circolare, in coerenza con quanto ha scritto l’Unione Europea nel documento programmatico per il Green Deal. E di decarbonizzazione, mix tra le diverse fonti con il ruolo dell’ingegneria e dell’industria dell’energia si occuperà proprio l’edizione 2021, sperando si possa organizzare, dell’Offshore Mediterranean Conference and Exhibition di Ravenna.

La prima richiesta al governo (a qualsiasi governo) è di certificare la propria fede europeista: se il Green Deal dell’UE è il documento che tutti gli stati membri debbono seguire allora lo dobbiamo fare anche noi. E l’UE è stata chiara sul tema dello stoccaggio e riuso di CO2: il vicepresidente della Commissione europea con delega al Green Deal Frans Timmermans ha confermato il sostegno allo sviluppo del carbon capture and storage, per il quale il programma Horizon 2020 stanzia quasi 240 milioni di euro. In questa direzione Snam e le aziende del consorzio Gas for climate hanno chiesto all’Unione Europea un target dell’11% di gas rinnovabili, 8% biometano e 3% idrogeno verde, sul totale della domanda europea di combustibile. E qui, postilla necessaria, tornerebbe molto utile estrarre il gas naturale che si trova nei nostri giacimenti a km zero, come quelli dell’Adriatico.

Lo Stato, insomma, ha per le mani l’occasione di utilizzare risorse che permettano di rilanciare l’economia sotto il segno della sostenibilità e dell’economia circolare. Servirebbe un progetto organico, di respiro nazionale ma che potrebbe comunque già contare sulle infrastrutture e le competenze sviluppate in Emilia-Romagna, per essere protagonista della transizione energetica. Con la consapevolezza che transizione energetica, bioeconomia, economia circolare o green energy sono concetti che esprimono valore solo se affiancati da capacità e conoscenza industriale, finanziaria e culturale. In una frase, da una strategia di sistema paese che sostenga lo sviluppo in direzione Green Deal.

Il porto di Ravenna, grazie al progetto del nuovo hub portuale, possiede aree attrezzabili per le attività dell’economia circolare e altre possono essere ricavate per il decommissioning delle piattaforme a fine vita. L’impianto di stoccaggio e riutilizzo della CO2 sarebbe un hub di valenza europea e creerebbe sinergie con il bacino padano della chimica verde; un altro esempio di attività ‘sostenibile’ è il riciclo di rottami. Quanto alla produzione energetica, l’impulso dell’UE all’utilizzo di biogas e idrogeno potrebbe produrre collaborazioni importanti tra le imprese dei settori agroindustriale e ambientale, a cominciare da Hera spa, che ha già sperimentato soluzioni in questo campo. O come la Rosetti Marino, grande player ravennate del settore offshore, che sta diversificando l’attività nel settore delle rinnovabili.

La riconversione dei distretti industriali in attività di economia circolare, utilizzando innovazioni di processo, avrebbe ovviamente anche un impatto significativo sull’economia dei territori. E questo è un altro concetto essenziale per l’azione della politica in questo momento, che deve decidere come e dove impiegare le risorse messe a disposizione dell’Europa.

In definitiva, il tema centrale per quanto riguarda le prospettive energetiche italiane è appunto l’avere finalmente una strategia coerente di paese, che sia coerente e aderente agli indirizzi dell’Unione Europea. In questo modo rinnoveremmo il volto del settore Oil&Gas made in Italy, che è in grado di essere protagonista grazie alle competenze e alle tecnologie delle proprie imprese e maestranze, che non sono seconde a nessuno nel mondo.

La transizione energetica, che dovrà accompagnare l’Europa verso un futuro dove le rinnovabili saranno le uniche fonti, ha bisogno di pazienza e intelligenza. E anche di sapere utilizzare in questa fase, che non a caso viene definita di transizione, delle risorse a disposizione, puntando anche su quelle fossili più ‘pulite’. È quello che stanno facendo nazioni che non hanno bisogno di dimostrare la propria fede ecologista, come la Norvegia, e altre che pur essendo potenze nell’estrazione di fonti fossili, come Regno Unito e Usa, stanno investendo in questa direzione. E poi ovviamente c’è l’Unione Europea, che ha messo nero su bianco un piano per costruire un futuro sostenibile. Restare indietro è non solo sbagliato dal punto di vista ambientale, ma anche da quello sociale ed economico. È la ‘trappola energetica’ in cui rischia di restare imprigionata l’Italia.