L’anno più difficile per l’industria energetica e petrolifera si è concluso, pur in una situazione caratterizzata dalla forte presenza del coronavirus in molti paesi ed in particolare in Europa, che si è trovata nella difficile condizione di dover adottare a gennaio nuove stringenti misure restrittive dell’attività di molti settori e della circolazione delle persone, con prezzi del petrolio in sensibile rialzo.

Il recupero dei prezzi, più che ad una forte ripresa della domanda, limitata alla sola Cina, è indubbiamente legato alla notizia della messa a punto di una serie di efficaci vaccini ed all’inizio delle vaccinazioni di massa negli Stati Uniti ed in Europa.

Questi eventi hanno cambiato lo scenario -almeno in senso prospettico- e questo è stato sufficiente a modificare il clima sui mercati finanziari che hanno cominciato a scommettere sulla ripresa dell’economia mondiale. Questa ondata di ottimismo, secondo un modello ormai consolidato, ha interessato anche i mercati energetici, in particolare quelli dei futuri.

Nel mese di dicembre il prezzo medio del Brent è stato pari a 50,1 doll/bbl con un aumento del 17,4% rispetto al mese precedente, mentre la media da inizio si è collocata a quota 41,8 doll/bbl. Sempre a dicembre il prezzo medio del WTI è stato pari a 48,5 doll/bbl, in aumento del 13,8 % rispetto al mese precedente. Il valore medio annuale 2019 è stato di 39,3 doll/bbl.

Quanto alle altre fonti fossili il prezzo medio del gas scambiato a dicembre all’HUB TTF in Olanda, ampiamente rappresentativo del mercato di questa fonte, che ha tutte le carte in regola per una ripartenza accelerata, è stato pari a 5,7 doll/MMBtu con un aumento del 20% rispetto al mese precedente. L’escalation dei prezzi ha interessato anche il carbone con rialzi delle quotazioni del CIF ARA (benchmark di riferimento europeo) del 20% rispetto a novembre grazie soprattutto alla richiesta cinese spinta da un’economia in forte recupero rispetto ai paesi occidentali, ancora ostacolati dalla resilienza del corona virus.

Il clima sui mercati finanziari nelle prime due settimane del nuovo anno ha continuato ad essere improntato all’ottimismo con le principali borse mondiali che si sono avvicinate o hanno raggiunto i massimi storici scommettendo sul successo delle vaccinazioni di massa, su una forte ripresa dell’economia e su ricchi dividendi dalle imprese più impegnate sui fronti dell’ambiente, delle nuove tecnologie e della digitalizzazione. Un ottimismo che ha infiammato anche le quotazioni dei principali greggi di riferimento, che si sono mosse lungo la strada segnata dai tori di Wall Street.

Pertanto, alla fine della seconda settimana del nuovo anno il prezzo medio del Brent si è portato a 53,4 doll/bbl, in aumento del 4,3% rispetto a quella precedente e con una quotazione in chiusura di settimana di 55,8 doll/bbl, in forte impennata rispetto al prezzo del giorno prima.

Il prezzo medio del WTI è stato pari a 50,4 doll/bbl: in aumento del 4,5% rispetto alla settimana prima e sopra la spoglia psicologica dei 50 doll/bbl, pur in assenza di segnali di sensibile ripresa dalla domanda interna.

A incidere su questi aumenti ha inciso anche la decisione dell’Arabia Saudita di ridurre di 1 milione di bbl/g i propri livelli produttivi a vantaggio dei paesi dell’OPEC allargata alla Russia, ma in realtà anche degli Stati Uniti, proprio alla vigilia dell’insediamento del nuovo Presidente Biden, con il quale il Principe Ben Salman ha tutto l’interesse a rinsaldare lo storico legame che lega Washington e Riyad.

Questa escalation di prezzi, abbastanza plausibile nel medio termine, ha però dovuto fare i conti con i gravi problemi legati alla resilienza del Covid che, anche per effetto dell’aumentata contagiosità, sta spingendo all’adozione di misure sempre più stringenti sino alla imposizione di veri e propri lockdown.

Così, in attesa delle prime mosse operative del Presidente Biden seguite con particolare attenzione da parte dell’industria petrolifera, il mercato, dopo la fase di euforia delle prime due settimane dell’anno, ha assunto un atteggiamento molto più cauto, anche a causa del peggioramento della situazione sul fronte della pandemia e dei ritardi nelle vaccinazioni di massa. Il prezzo medio settimanale del Brent nella terza settimana del mese è stato così pari a 55,2 doll/bbl, in riduzione marginale rispetto alla settimana precedente e con un valore di chiusura di settimana di poco inferiore ai 55 doll/bbl.

Quotazioni giornaliere del Brent e del WTI da settembre 2020 a gennaio 2021

Fonte: elaborazioni su dati stampa specializzata

Il mercato dei prodotti, un po’ la cartina tornasole delle condizioni reali della richiesta dei consumatori finali, ha seguito a distanza l’evoluzione dei prezzi del greggio mostrando aumenti sensibili ma quasi sempre inferiori a quelli della materia prima: ne è derivata una compressione dei già bassi margini di raffinazione sul Mediterraneo, esposti alla concorrenza delle nuove raffinerie del Medio Oriente che hanno continuato la loro espansione.

Anche per i prodotti, la fase di netto recupero iniziata sul finire dell’anno appena trascorso, è continuata nelle prime due settimane del 2021 e si è interrotta nella terza settimana con una stabilizzazione delle quotazioni. La ripresa del trend di recupero dei prezzi di greggio e prodotti rimane condizionata dai tempi della ripresa economica, a sua volta dipendente dall’andamento delle vaccinazioni di massa, unico strumento disponibile per contrastare e contenere i nuovi casi di Covid-19 generati da varianti del virus ancor più aggressive.

Quotazioni di Benzina e Diesel da settembre 2020 a gennaio 2021

Fonte: elaborazioni su dati stampa specializzata

Dopo una crisi senza precedenti, il 2021 sarà comunque un anno di grandi cambiamenti per tutta l’economia mondiale ed anche per il settore energetico particolarmente colpito, specialmente nella componente petrolifera.