Autorizzare l’attività di vendita dell’energia alle sole imprese che presentino adeguate caratteristiche di affidabilità verso il sistema a tutela dei clienti finali è la premessa che ha spinto il Legislatore, ormai quasi tre anni fa nel DL 124/17 (Legge concorrenza), a prevedere l’iscrizione ad un elenco venditori di energia elettrica quale futura condizione imprescindibile per lo svolgimento delle attività di vendita di tale commodity ai consumatori. Si assume che a regime tale albo sarà diretto sia alla vendita di energia elettrica che del gas, non giustificandosi diversi approcci e consapevoli che quello esistente oggi per il solo settore del gas abbia funzione essenzialmente anagrafica.
Il copioso dibattito che ha ruotato e tuttora ruota intorno a questa norma ha trovato spesso il richiamo alla eccessiva numerosità dei venditori come una caratteristica negativa, foriera di inaffidabilità e confusione per i clienti finali. Pare opportuno mettere in evidenza due concetti: la tutela del consumatore sotto l’aspetto della trasparenza e quella del sistema in termini di solidità ed adempimento (gergalmente riassumibile nell’assunto/auspicio “non lasciare il buco”). Ora, per la prima, al netto di requisiti di capacità tecnica ed onorabilità all’ingresso sul mercato, valgono meccanismi puntuali di monitoraggio della qualità e condotta commerciale che devono essere chiari per tutti gli operatori. Per la seconda, invece, sono i sistemi di garanzia dei diversi segmenti della filiera a dover tutelare dal rischio del summenzionato “buco”!
Se è vero che non si rinvengono in Europa mercati così intensamente animati da tanti operatori come quello nostrano, è altrettanto vero che in nessun Paese la disciplina dell’albo è stata impostata come una barriera all’ingresso. La numerosità andrebbe pertanto inquadrata non come una patologia derivante dall’assenza dell’albo ma ben più linearmente come lo specchio, anche nel mercato energetico, di una caratteristica distintiva ed unica della cultura imprenditoriale atomistica italiana che si riflette in quasi tutti i settori dell’attività economica. Senza voler dare enfasi allo slogan “piccolo è bello”, si ritiene che l’albo dovrebbe essere parte di un sistema di regole che assicuri sempre e comunque che sul mercato operino soggetti in grado di garantire affidabilità e qualità del servizio.
Ancora di recente, atteso anche l’approssimarsi del superamento dell’attuale sistema basato sull’esistenza di un mercato di maggior tutela, alcuni primari operatori hanno richiamato il danno alla reputazione del mercato che avrebbero generato operatori di piccola dimensione, a loro dire non in grado di offrire un servizio controllato e di qualità al cliente finale.
Di qui la richiesta di requisiti stringenti, richiesta che fondata sui predetti pregiudizi, determinerebbe una impropria barriera all’ingresso nel mercato, limitandone lo sviluppo, senza prevenire o mitigare le criticità risultanti da comportamenti scorretti dei venditori o da una bassa qualità del servizio da loro offerta.
Che tale richiesta sia pregiudizievole è chiaro, specie se si analizzano i casi sanzionati di comportamenti commerciali scorretti perpetuati dai venditori nonché quelli di insolvenza degli stessi esercenti la vendita: tali casi hanno interessato tutte le categorie di operatori, anche di grandi dimensioni. A ciò si aggiunga come gli operatori di dimensioni più contenute, spesso molto conosciuti nei propri territori di riferimento, possano offrire efficaci servizi di prossimità al cliente finale. La loro stessa permanenza sul mercato per anni, in un contesto concorrenziale, è testimonianza di offerta di servizi apprezzati dai consumatori e di conoscenza delle complessità del settore in cui si opera.
Stanti tali premesse, la più volte richiamata necessità di restrizioni all’entrata nel mercato per alcune categoria di operatori (segnatamente piccoli e nuovi entranti) attraverso l’Albo dei venditori, non solo rappresenterebbe un elemento lesivo della concorrenza, ma non costituirebbero nemmeno lo strumento più adeguato a risolvere le criticità fino ad oggi registrate in termini di qualità del servizio.
Occorrerebbero – ed effettivamente sono già presenti, ad esempio il codice di condotta commerciale – misure più specificamente mirate ad un puntuale rispetto della regolazione (raggiungendo comunque un corretto trade off tra regole e conseguente onerosità degli adempimenti per rispettarle).
Criticità relative alle casistiche di fallimento e insolvenza degli esercenti potrebbero viceversa essere attenuate attraverso la creazione dell’elenco venditori, prevedendo già in una fase di accesso all’albo, il rispetto necessario di requisiti che testimonino l’effettiva capacità di un’impresa di operare, tenendo in ogni caso conto in tale valutazione delle caratteristiche, anche dimensionali, proprie di ciascun esercente.
In conclusione, condividendo l’opportunità di creazione di uno strumento che possa essere garanzia della serietà e della affidabilità degli operatori presenti sul mercato, si ritiene auspicabile che questo possa fondarsi su requisiti di accesso e permanenza chiari e rispettati da tutti gli operatori, non prevedendo al contempo criteri che potrebbero determinare barriere all’ingresso nel mercato non utili a garantire gli scopi per cui l’opportunità di creazione di un elenco venditori è da anni richiamata.