Il sistema elettrico sta evolvendo in modo irreversibile verso una nuova dimensione policentrica e diffusa sui territori: questo cambiamento di paradigma enfatizza ulteriormente i problemi di trasferimento energetico dai punti di produzione agli utenti finali. Non ci troviamo più di fronte ad un flusso unidirezionale, ma in una situazione di integrazione e interdipendenza. I territori, perciò, dal punto di vista energetico stanno mutando da spazio passivo, attraversato dall’infrastruttura, a campo attivo interconnesso attraverso l’infrastruttura stessa. Da territorio unico esso diviene insieme di territori di produzione‑consumo caratterizzati da propri bilanci energetici.

Proprio in relazione a questi fenomeni, due recenti direttive europee facenti parte del Clean Energy for All Europeans Package, la direttiva Rinnovabili (RED II) e la direttiva Mercato Elettrico (IEM), introducono diverse novità attraverso le quali i cittadini assumono un ruolo sempre più rilevante per il raggiungimento degli obiettivi nazionali ed europei: innanzitutto come consumatori consapevoli, ma soprattutto rispetto al coinvolgimento attivo nello sviluppo di progetti per lo sfruttamento delle fonti rinnovabili. A tal fine le direttive invitano gli Stati Membri a normare e promuovere soluzioni di complessità crescente: autoconsumo individuale, autoconsumo collettivo e comunità energetiche.

L’introduzione di questi nuovi soggetti comporta la ricerca di un’integrazione tra la direttrice top down, che deve soddisfare le esigenze complessive del sistema in termini di sicurezza della fornitura, e la dimensione locale energetica, che deve essere improntata al rispetto delle valenze ambientali, sociali e territoriali di ogni singolo luogo. Importante è anche la necessità, sottolineata dalla direttiva RED II, di promuovere iniziative in grado di incrementare ulteriormente l’accettabilità delle fonti energetiche rinnovabili (FER). Altro elemento di particolare interesse, sottolineato dalla definizione che il Parlamento e il Consiglio Europeo danno delle Comunità energetiche rinnovabili (CER), è probabilmente il seguente: le comunità operano nel mercato dell’energia senza avere una prevalente finalità di lucro, con l’obiettivo di soddisfare esigenze di tipo ambientale, economico e sociale e, solo in ultima istanza, di profitto. Questo aspetto appare cruciale, nel momento in cui le strategie dell’Europa, ma anche dell’Italia, relativamente al raggiungimento dei propri obiettivi di riduzione delle emissioni e di transizione verso le fonti energetiche rinnovabili si basa sempre più sul coinvolgimento dei cittadini in nuovi modelli di produzione e consumo.

In Italia, per anticipare il completo recepimento della direttiva RED II e per sperimentare le ricadute dei nuovi meccanismi di autoconsumo collettivo e delle Comunità di Energia Rinnovabile, il 28 Febbraio 2020 è stata promulgata la Legge 8 che converte in legge il D.L. n. 162 del 30 dicembre 2019 (noto anche come Decreto Milleproroghe). La legge, successivamente completata dalla deliberazione 318/2020 di ARERA (che definisce il modello di regolazione da applicare) e dal recente Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico (che introduce uno schema di incentivazione ad hoc), permette di attivare schemi di Autoconsumo Collettivo e di costituire Comunità di Energia Rinnovabile in parziale e anticipata attuazione delle disposizioni di cui agli articoli 21 e 22 della Direttiva Rinnovabili. La Legge 8/2020 consente infatti di avviare rapidamente alcune sperimentazioni, realizzando nuovi impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza di modesta entità ma fortemente integrati a livello urbanistico o territoriale. Da queste esperienze il governo trarrà indicazioni utili per il recepimento complessivo di entrambe le direttive, processo che deve essere completato entro il prossimo anno.

Va comunque detto che tale sperimentazione non è un unicum in Europa. Infatti, anche se la Direttiva Rinnovabili dovrà essere recepita da ogni Stato Membro entro giugno 2021, diversi Paesi, tra cui Austria, Francia, Germania, Grecia, Olanda, Portogallo e Spagna, hanno avviato alcune sperimentazioni per stimolare il protagonismo dei cittadini.

Tra i diversi Stati sopra citati, particolarmente interessante risulta il caso della Francia, che nel 2016 è stato uno dei primi Paesi a legiferare in merito ad autoconsumo collettivo e comunità dell’energia. L’articolo 315 del Code de l’Energie definisce l’autoconsumo collettivo come un modello che è possibile attivare nel momento in cui uno o più produttori e uno o più consumatori costituiscono un soggetto giuridico incaricato di gestire le attività legate all’autoconsumo. Il soggetto giuridico può organizzarsi secondo modelli differenti (società di scopo, cooperativa, associazione di abitanti, ecc.), deve essere aperto alla partecipazione (ogni abitante è libero di aderire e di uscire dallo schema) ed è incaricato di gestire le relazioni (anche economiche) tra i consumatori, i produttori e il distributore locale. Il vantaggio principale per i membri che partecipano all’autoconsumo collettivo è quello di vedere scontati alcuni oneri di rete relativamente all’energia che viene consumata localmente. La rivisitazione del Code de l’Energie avvenuta nel novembre dell’anno scorso permette di abilitare schemi di autoconsumo collettivo attraverso la realizzazione di impianti con potenza fino a 3MW e distanti fino a 1km dai consumatori che vi partecipano. I vincoli di potenza e di prossimità dei partecipanti sono stati rivisti rispetto all’impostazione iniziale (che prevedeva che tutti i partecipanti fossero ubicati sotto la medesima cabina secondaria e che gli impianti avessero una potenza massima di 100kW) proprio perché tale configurazione limitava la diffusione di questi modelli.

Non è pertanto da escludere che anche nel caso italiano i vincoli di potenza e di prossimità siano rivisti in vista del pieno recepimento delle direttive.