Le risorse europee in arrivo attraverso il Piano Nazionale per la Ripresa e Resilienza (PNRR), pari a circa 209 miliardi (tra prestiti e fondo perduto), rappresentano una seria opportunità per investire in innovazione e mettere la sostenibilità al centro delle scelte per il futuro dell’Italia. Per quanto riguarda mobilità e infrastrutture dobbiamo recuperare ritardi cronici, a partire dagli spostamenti in città, in linea con i piani europei di riduzione dei gas serra al 2030 (-55%), di decarbonizzazione e puntando ad emissioni zero al 2050. Una sfida complessa che richiede intelligenza e risorse, unitamente a scelte politiche coerenti e coraggiose. Un risultato che si raggiunge con idee innovative, senza riproporre i progetti del passato ormai superati (ponte sullo Stretto docet), linee guida stringenti di selezione, stime reale dei costi e priorità individuate in modo coerente (in Italia siamo purtroppo specializzati nelle liste dove c’è tutto…).
Lo scorso 9 settembre, il Comitato Interministeriale per gli Affari Europei (CIAE) ha presentato le “Linee guida” per la definizione del PNRR italiano, indicando 9 obiettivi economico-sociali. Questi obiettivi prevedono investimenti in 7 missioni specifiche, tra cui la “Rivoluzione verde e transizione ecologica” e le “Infrastrutture per la mobilità”. Per quanto i propositi siano buoni e condivisibili, le misure indicate per ciascuna missione sono generiche, non ne è indicato il costo e quindi non vi sono ipotesi di ripartizione delle risorse disponibili.
Inoltre, leggendo la scheda sulla “Rivoluzione verde” si nota l’assenza della elettrificazione come obiettivo per i trasporti (si parla di graduale de-carbonizzazione e una non meglio definita “mobilità di nuova generazione”). Nella scheda “Infrastrutture per la mobilità” si punta ai grandi investimenti per l’Alta velocità, sviluppo della Rete Stradale e Autostradale mentre le reti per la mobilità urbana non sono indicate e si parla genericamente di “mobilità pubblica e privata a impatto ambientale sostenibile”.
Non ci siamo.
Anche leggendo il Documento “Italia Veloce” presentato dalla Ministra dei Trasporti e Infrastrutture De Micheli, allegato al DEF 2020, c’è la stessa distorsione. Il documento fa una disamina apprezzabile dello stato dei trasporti, parla di Italia resiliente e innovativa, inserisce le giuste parole dedicate a città, sharing, elettrificazione, intermodalità, PNIEC, ciclabilità, manutenzione delle reti, smart road. Ma poi la tabella con gli investimenti prioritari prevede una lunga lista di autostrade e potenziamenti stradali, che alimentano nuovo traffico.
Per costruire un Piano coerente di spesa per la mobilità serve una cornice strategica d’insieme, dato che ad oggi non disponiamo di un Piano Generale dei Trasporti e Logistica, aggiornato e sostenibile. Per dare una svolta verso la mobilità sostenibile, si dovrebbe partire da sei ambiti di intervento, scegliendo le azioni conseguenti ed a cascata i progetti su cui puntare, che richiedono risorse pubbliche.
1 - Muoversi in città: serve realizzare nuove reti tramviare e metropolitane, il potenziamento del trasporto collettivo e nuovi autobus elettrici, far crescere la mobilità condivisa. Per la mobilità in bicicletta siamo molto indietro e dobbiamo investire nelle reti ciclabili, interventi di moderazione del traffico e sicurezza stradale. Vanno finanziati i progetti previsti dai PUMS delle grandi città ma anche le reti ciclabili delle città medie e piccole.
2 - Cura del ferro per trasporto locale e aree metropolitane. Abbiamo un deficit di trasporto ferroviario locale: serve il completamento dei nodi ferroviari, nuovi treni per i pendolari, l’incremento dei contratti di servizio per aumentare i servizi sia nelle aree dense con altra frequenza e sia nelle aree a bassa densità per garantire accessibilità. Le stazioni devono diventare hub della mobilità con parcheggi per bici, sharing e auto, percorsi ciclabili e pedonali.
3 - Mobilità elettrica dei veicoli e dei servizi. Puntare sulla elettrificazione è una necessità: per la sharing mobility, il trasporto collettivo, le e-bike, per i motoveicoli e le auto private (che però devono diminuire di numero), per i veicoli commerciali leggeri. Serve investire in nuove infrastrutture di ricarica, in nuovi autobus elettrici, in ricerca e produzione di batterie, nella riconversione dell’industria dell’automotive. Anche nei porti è necessaria l’elettrificazione delle banchine.
4 - Manutenzione delle reti stradali e autostradali. La viabilità esistente ha un enorme deficit di manutenzione, di interventi di messa in sicurezza, di adeguamenti infrastrutturali locali e tecnologici, di servizi digitali e smart road. Una quota di risorse deve essere dedicata a recuperare questo deficit nelle reti pubbliche esistenti, che incrementa incidentalità stradale e degrado delle infrastrutture.
5 - Merci e logistica urbana sostenibile. Per il trasporto delle merci bisogna investire nell’intermodalità gomma/ferro e gomma/mare per ridurre il trasporto su strada, con infrastrutture e sistemi logistici adeguati, incentivi coerenti ed eliminazione progressiva dei Sussidi all’autotrasporto. Il parco mezzi deve essere ammodernato con veicoli puliti. Per la distribuzione in città serve la riorganizzazione del sistema di consegne, veicoli commerciali elettrici e sviluppo della Logistica a Pedali.
6 - Mobilità dolce. Questa estate sono aumentati i viaggiatori e le viaggiatrici a piedi e in bicicletta, lungo i cammini, sentieri, trekking, ciclovie turistiche e strade a basso traffico. Un nuovo turismo dolce vissuto nei piccoli borghi, nella natura, nell’Appennino, che costituisce uno sviluppo di economie locali, di tutela dal dissesto, contro l’abbandono delle aree interne. Questo è il momento di investire per realizzare le dieci grandi Ciclovie turistiche già pensate per l’Italia, di rendere concreta la rete dei Cammini Italiani, di attuare la legge per le ferrovie turistiche del 2017: reti di mobilità dolce da integrare con il trasporto locale e il sistema di accoglienza ai viaggiatori.