La Sardegna è circondata da immensi spazi di mare che offrono maggiore ventosità rispetto alla già buona risorsa eolica sulla terraferma, la cui potenza installata ammonta a 1.055 MW e contribuisce per il 20% del fabbisogno elettrico dell’isola. Quindi, alla luce degli impegni per il clima sottoscritti dall’Italia, e dell’obiettivo di incrementare il contributo delle fonti rinnovabili al fabbisogno energetico, perché non sfruttare il mare della Sardegna installando turbine eoliche offshore?
Purtroppo, questa idea si scontra con un vincolo tecnico: la tecnologia dell’eolico offshore si è sviluppata in Danimarca, Germania e Gran Bretagna per le caratteristiche dei loro mari. Il mare del Nord e il mar Baltico sono mediamente profondi 20-40 metri, per cui le turbine eoliche offshore vengono montate su fondazioni appoggiate sul fondale marino anche lontano dalla costa. Le turbine eoliche installate nei mari del Nord Europa ammontano (dato 2019) a oltre 22.000 MW ed il trend è in forte crescita.
I mari della Sardegna sono invece molto più profondi. Raggiungono 2.000-3.000 metri di profondità già a poche miglia dalla costa, costringendo gli operatori a scegliere siti vicini alle zone costiere che, ovviamente, mal si conciliano con la vocazione paesaggistica e turistica del territorio.
Tuttavia durante il periodo di lockdown per il Covid-19, sono stati presentati due progetti di eolico offshore da posizionare in alto mare: il primo nel Canale di Sicilia prevede l’installazione di 25 turbine eoliche da 10MW (250MW), mentre il secondo prevede 42 turbine da 12MW (504MW), da posizionare al largo della costa sud-occidentale della Sardegna. Ma attenzione: ambedue questi progetti prevedono di montare le turbine su strutture non fisse, bensì galleggianti, da ancorare in alto mare ad oltre 35 km di distanza dalla terraferma. Il che renderebbe i due parchi eolici pressoché invisibili dalla costa.
Ma qual è il livello di maturità della tecnologia galleggiante per l’eolico? Si tratta di una tecnologia derivata dalle piattaforme petrolifere offshore. Un primo prototipo di turbina eolica galleggiante è stato posizionato nel 2009 dalla Statoil al largo della costa norvegese ed è stato subito un successo. La quantità di energia prodotta ha superato ogni aspettativa. L’impianto ha affrontato bene tempeste con onde alte 19 metri e venti da 145 km/h. Il passo successivo è stato quello di realizzare un parco eolico galleggiante al largo della Scozia, composto da 5 turbine da 6 MW, che, operativo dal 2017, si è dimostrato altrettanto di successo. I costi di queste prime realizzazioni sono stati elevati, ma con l’avvio di una filiera industriale – e quindi di una produzione standardizzata in serie - si prevede di raggiungere presto livelli di costo competitivi.
Se realizzati, i due progetti galleggianti presentati in Italia muoveranno investimenti valutabili in oltre due miliardi di Euro, mentre l’occupazione generata in fase realizzativa è stimabile in diverse migliaia di posti di lavoro, di cui una quota consistente in Sicilia e in Sardegna. Il fabbisogno di acciaio per la realizzazione delle turbine e delle strutture galleggianti è stimabile in almeno 200.000 tonnellate. Si tratta di cifre di grande impatto economico per le industrie siderurgiche, metalmeccaniche, la logistica e per la cantieristica di Taranto, Palermo, Cagliari, porti destinati a ospitare i futuri hub di riferimento per l’eolico offshore al centro del Mediterraneo.